La falsa opposizione della sinistra parlamentare e del sindacato

Essendo già trascorse le manifestazioni del 16 aprile, del 25 aprile e del primo maggio, si può iniziare a tracciare un primo bilancio, non settario ma obiettivamente basato, della politica della sinistra istituzionale. Il tentativo sempre più evidente è quello di costruire un percorso di lotta mirato a canalizzare al suo interno la protesta del proletariato e di più ampi strati sociali sempre più tartassati dalle politiche dei passati governi e, oggi, dell'arrogante governo Berlusconi. Ma procediamo per gradi. Le mobilitazioni regionali del 16 aprile per lo sciopero generale indetto dai sindacati confederali su iniziativa della CGIL è stato organizzato a difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori minacciato dalle politiche della flessibilità e dell'abbattimento dello stato sociale o salario indiretto. Proprio dall'impostazione delle lotte, condotte per limitare misure antiproletarie di tale evidenza che non indire lo sciopero generale avrebbe significato una perdita secca di credibilità, emerge che il problema del sindacato di "sinistra" è quello di non perdere il consenso dei lavoratori per assumere posizioni di forza che consentano di sedersi al tavolo delle trattative e della concertazione, non certo per incrementare le forme di lotta operaia, le quali tra l'altro, per avere un valore di autonomia di classe, dovrebbero certamente muoversi al di fuori delle logiche sindacali in maniera autorganizzata. Questo indirizzo del sindacato si è venuto rafforzando in senso politico istituzionale, vale a dire non in difesa dei lavoratori contro la politica di tutti i governi borghesi ma solo contro questo governo di destra. Dunque la mobilitazione si è sviluppata in reciproco aiuto con la sinistra istituzionale, estromessa, fino alle prossime elezioni, dal governo del paese.

Si aggiunga poi che la sinistra e il sindacato non sono affatto contro l'affermazione dei famigerati criteri della flessibilità, che significano maggiore carico di lavoro, aumento degli straordinari poco pagati, differenziazioni salariali territoriali e, più in generale, precarizzazione della vita del proletariato e di strati di piccola borghesia ormai proletarizzati, soltanto vogliono usare metodi più morbidi per raggiungere il pareggio del bilancio pubblico, l'innalzamento del PIL con sgravi fiscali a vantaggio dell'impresa. Poi già il precedente governo di centrosinistra, DS in testa, aveva parlato, a più riprese, della modifica dell'articolo 18 e dunque la sua difesa da parte di queste forze politiche appare come una volontà di darsi una immagine di purezza "massimalista" che non hanno mai avuto. Dunque l'operazione, che indubbiamente ha avuto un certo successo nell'ottenere una ripresa di immagine per la "sinistra" e il sindacato, risulta essere una palese strumentalizzazione per un probabile futuro ritorno al governo, una tattica elettorale, non certo un'inversione di rotta, come qualcuno potrebbe pensare, riguardo alle politiche sociali. Tutto questo va detto a chiare lettere perché il vero pericolo consiste nel fatto che tali mobilitazioni senza prospettiva strategica possono far ripiombare la classe operaia nella passività e nella accettazione del minor male possibile, una volta raggiunte le intese economiche e politiche basate, ovviamente, sul nulla.

Il 25 aprile si inserisce pienamente in questo tentativo di accrescere i consensi e, non dimentichiamo, il controllo sociale per la difesa nazional-popolare della resistenza e dell'antifascismo contro le destre che mirano alla riconciliazione nazionale, dunque al superamento della divisione fascismo/antifascismo. Il proletariato viene quindi indirizzato, in un momento nel quale potrebbero riprendere e intensificarsi le lotte contro lo sfruttamento, in difesa del salario e del posto di lavoro minacciato, verso una politica borghese di difesa nazionale, inserita nel quadro dell'Unione europea, contro il nazionalismo becero della destra ultraliberista e razzista, che si definisce anch'essa europeista. Da parte dei comunisti non può essere taciuto e anzi va detto chiaramente che le passioni per gli inni nazionali e la difesa della patria minacciata da forze ostili sono assai pericolose, avallano tendenze imperialistiche, vanno in direzione opposta e inconciliabile nei confronti dell'internazionalismo proletario e della rivoluzione socialista, attraverso la quale soltanto il proletariato può liberarsi e liberare l'intera umanità.

In occasione dei cortei, organizzati in diverse città, per il Primo maggio, festa internazionale dei lavoratori, è stata confermata e consolidata, in vista delle prossime mobilitazioni, questa politica della CGIL e della sinistra, nelle varianti dei DS e di Rifondazione, a difesa dei diritti civili e democratici in una nuova versione interclassista di mistificante collegamento tra diritti dei lavoratori e libertà della persona, dei diritti soggettivi dei ceti medi senza alcuna ipotesi di superamento dell'attuale sistema socio-economico. Per meglio comprendere si può riportare quanto afferma Cofferati nel Il Manifesto del 1° maggio riguardo alla lotta contro il governo: "Questo attacco ha una particolarità: vogliono rompere il fronte sindacale e isolare la CGIL, sta scritto nei documenti del governo. Tra poco si passerà anche all'attacco delle funzioni sindacali, della sua rappresentanza. Se questo attacco passasse, ne risulterebbe indebolito il tessuto democratico. Ma se è di questo che stiamo parlando, deve o non deve muoversi anche la politica? Senza la funzione di rappresentanza e mediazione del sindacato confederale la società sarebbe più diseguale, i più deboli sarebbero più soli e più esposti. La politica ha trascurato per troppo tempo, non solo oggi, l'efficacia della rappresentanza collettiva. Uno degli effetti negativi della sinistra è stato lo scimmiottamento di modelli altrui". Chiarissimo l'appello alle forze della sinistra liberale e riformista, che hanno già a loro modo risposto e ancora di più risponderanno, alla difesa della rappresentanza, cioè all'occupazione di posti di potere nelle istituzioni, e alla funzione di mediazione, tra borghesia e proletariato, del sindacato. Non si capisce infatti come la politica borghese e governativa dei DS possa realmente difendere i lavoratori e così, anche se più orientata socialmente, la politica radical-riformista di Rifondazione, che parla utopicamente di un'altro mondo possibile senza un chiaro indirizzo di classe. Anche i sindacati autorganizzati e antagonisti, che pure hanno organizzato cortei alternativi contro la concertazione dei confederali, proprio per la loro tendenza a costruire un altro sindacato, non escono dalla impostazione di ricerca di migliori posizioni contrattuali. Invece, a maggior ragione in un momento come questo, di acutizzazione della crisi strutturale, si deve dire ai lavoratori animati da intenti riformisti e di difesa dei diritti che il capitalismo non può ridistribuire nulla, ma tende proprio, non per questioni di volontà ma per ragioni oggettive, a rendere flessibile il mercato del lavoro in entrata (assunzioni) e in uscita (licenziamenti) per ottenere maggiori profitti, al di là delle mistificanti fandonie sul buon stato di salute dell'economia propinate quotidianamente dai mezzi di comunicazione di massa.

sb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.