La lotta degli addetti alla pulizia dei treni

È dal novembre 2001 che i circa 13.000 lavoratori addetti alle pulizie di treni e stazioni ferroviarie sono in lotta con scioperi spontanei e blocchi dei binari, dimostrando una determinazione e compattezza degne di ammirazione. Azioni coraggiose di protesta in contrapposizione alle mediazioni portate avanti dai sindacati attraverso le solite logoranti trattative e le pastoie delle varie regolamentazioni.

Dopo le gare d'appalto indette dalle ferrovie, sulla base del massimo ribasso (fino al 30 e 40%), le imprese eliminate hanno deciso il licenziamento del loro personale, mentre le altre imprese hanno dichiarano circa 3.500 esuberi e prospettano salari ridotti fino al 30%. Durante lo sciopero dello scorso 4 febbraio furono bloccate le stazioni di Roma, Milano, Palermo e Bologna. Successivamente gli scioperi sono continuati a scala nazionale con binari occupati, treni fermati e manifestazioni in quasi tutte le maggiori città. Il rischio di paralisi del traffico ferroviario ha portato alla momentanea sospensione dei licenziamenti, prolungando i contratti fino al 6 maggio, in attesa di proposte di ammortizzatori per la gestione degli esuberi. Mentre scriviamo, il 23 e il 25 aprile sono stati effettuati altri due scioperi di 24 ore (dichiarati dai sindacati su pressione dei lavoratori), con presidi e occupazionei dei binari in molte stazioni della penisola. E alla scadenza del 6 maggio, con l'arrivo delle nuove imprese, scatteranno i 13.000 licenziamenti...

Senza licenziamenti non si possono ridurre i costi degli appalti, mentre le Ferrovie a loro volta tagliano e sopprimono infischiandosi di qualità, efficienza e sicurezza dei servizi. Occorrono "riorganizzazioni delle risorse umane", cioè eliminazione di manodopera, contratti part-time, riduzioni salariali, aumento dei ritmi di lavoro. Questa è la legge del capitalismo nella sua attuale fase di crisi generalizzata, di fronte alla quale qualunque trattativa, qualunque mediazione sindacale non può avere sbocchi all'infuori di quello - dichiarato come principio dell'esistenza stessa del sindacato - di conservare comunque il modo di produzione e di distribuzione capitalistico e quindi la compra-vendita della merce forza-lavoro.

Di fronte a questa legge che il capitalismo deve imporre a tutti i costi - e che i sindacati non possono contrastare se non abbandonando il loro ruolo e le loro funzioni - soltanto l'azione decisa dei lavoratori e la loro solidarietà potranno avviare una ripresa unitaria della lotta di classe. Soltanto allora, su questo terreno concreto, si potrà costruire una prima e valida barriera contro i licenziamenti e in difesa del salario. Ma non lo può fare né il sindacato né qualsiasi altra forma di sindacalismo. È la classe autonomamente che dovrà scendere in lotta per i propri esclusivi interessi, darsi adeguati strumenti organizzativi di base e infine agganciarsi ad una salda strategia comunista, che solo l'organizzazione politica può fornirle.

Siamo certi che altri episodi di lotta come quello citato non mancheranno in un prossimo futuro; l'isolamento che oggi purtroppo rende difficile a questi coraggiosi lavoratori la possibilità di una lunga resistenza, potrà essere presto superato con il moltiplicarsi di simili risposte agli attacchi del capitale. I successivi, indispensabili passi in avanti dovranno essere quelli della generalizzazione delle lotte e della solidarietà non formale ma concreta di tutti i lavoratori, di fronte al crescente peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita.

dc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.