Sull'esperienza argentina - Una discussione con gli operai della Zanon occupata

Nel mese di novembre è stata tenuta una serie di assemblee sulla situazione argentina con la presenza di due operai della Zanon, una fabbrica di ceramica con capitale italiano, occupata e autogestita dai lavoratori. Nelle città in cui siamo presenti, i compagni hanno potuto partecipare e intervenire su questa realtà e ascoltare il resoconto della situazione fatto dai due rappresentanti dei lavoratori. Qui di seguito, ci riferiamo all'assemblea di Parma.

Questa occupazione si inserisce in un contesto di circa 150 fabbriche, in cui lavorano politicamente diverse correnti della sinistra extra istituzionale (ma non solo); e le indicazioni politiche che venivano date nelle relazioni erano quelle della nazionalizzazione e del controllo operaio. Vi è da dire che il movimento delle occupazioni non è omogeneo, per ammissione degli stessi lavoratori; oltre alle richieste sopra esposte, vi è infatti una tendenza (maggioritaria) che richiede la formazione di cooperative operaie.

Emblematici del livello espresso dall'area organizzatrice di queste assemblee (da Rifondazione Comunista agli anarchici, passando da verdi, pacifisti ed ex Autonomia) sono stati gli "interventi" e le domande del pubblico, che vertevano innanzitutto sulla capacità di questa esperienza di occupazione di essere competitiva sul mercato. Altri chiedevano della presenza nelle lotte della componente contadina, così cara al movimento socialpacifista, rimanendo delusi dalla mancanza sostanziale di questa.

Gli unici interventi che si caratterizzavano politicamente erano quello di un rappresentante di Falce e Martello che esaltava, e non poteva essere altrimenti, le posizioni espresse dai relatori, e quello di un nostro compagno, che indicava la necessità della presenza del partito rivoluzionario in una prospettiva di avanzamento delle lotte proletarie.

A fine assemblea, abbiamo intavolato una discussione con gli operai argentini per approfondire la conoscenza della loro esperienza. Abbiamo così appurato che i relatori erano militanti del P.T.S. (Partido de Trabajadores por el Socialismo) cioè una delle tante schegge del trotskysmo.

Alle nostre domande ed osservazioni in merito al sindacato da essi "riconquistato", quei compagni evidenziavano una concezione della forma sindacale non propriamente classica. Per quello che ci è dato di aver capito, è molto più simile ad un concezione consiliare che sindacale, anche se permaneva l'illusione (tutta trotzkysta) di conquistare la dirigenza dei sindacati, cosa peraltro mai storicamente avvenuta. Un elemento importante era dato dall'analisi che uno di quei compagni faceva della situazione argentina, vista non come una situazione pre-rivoluzionaria, ma con elementi di similitudine con le lotte dei minatori galiziani in Spagna nel 31, che aprirono una lunga fase di conflittualità che perdurò fino al '36, cioè fino allo scoppio della guerra civile.

Alcune considerazioni debbono essere fatte sul ruolo che queste posizioni assumono in Argentina e, in prospettiva, a scala internazionale.

La storia ha tracciato un solco profondo tra noi e coloro che, richiamando le vecchie questioni del 3° e 4° congresso dell'Internazionale Comunista, si ripresentano ogni qual volta la lotta di classe si manifesta con la forza e la virulenza di un vento liberatorio dalle catene di sfruttamento, della dittatura borghese. In sostanza, nel trotskysmo, dentro e fuori Rifondazione, è tenacemente radicata "L'illusione di disarmare la classe borghese, di armare il proletariato, di far pesare sulle fasce di reddito più alte il peso delle imposte, di instaurare il controllo operaio, attraverso uno stato che pur avendo una presenza democratica garantita dalla presenza di forze rivoluzionarie è e rimane uno stato borghese...che rimane, nonostante gli aggettivi, strumento politico della borghesia [ma tutto questo è]... è pura follia." (Vedi, il nostro libro I nodi irrisolti dello stalinismo..., pag.31)..

C'è da domandarsi innanzitutto dove sarà nel frattempo la borghesia, non certo al balcone ad osservare, e con quale intelligenza politica si impone al proletariato - la cui coscienza e forza sono riusciti a costringere la borghesia ad accettare il controllo della produzione, della distribuzione ed il suo disarmo - di fermarsi ad obiettivi intermedi, quando sono mature le condizioni della dittatura proletaria.

Dobbiamo purtroppo ancora una volta verificare come le posizioni ideologiche del social-riformismo attraversino, e non potrebbe essere altrimenti, tutto l'arco storico in cui si presenta il modo di produzione capitalistico.

Quelle espresse dai compagni argentini e da una parte del pubblico ne sono l'espressione ultima, nonostante la loro buona volontà soggettiva, la sincerità ed anche, purtroppo, l'evidente istinto di classe di chi, (come in questo caso) le sostiene.

Noi non amiamo citare spesso i "sacri testi", ma basterebbe ricordare loro che, oltre un secolo fa, già Engels, a proposito della nazionalizzazione delle ferrovie fatta da Bismarck, sottolineò che la nazionalizzazione non è sinonimo di socialismo; oppure che nell'Anti-During prevedeva che "ad un certo grado dello sviluppo, in un modo o nell'altro, con trust o senza, una cosa è certa: che il rappresentante ufficiale della società capitalistica, lo stato, (borghese) deve alla fine assumerne la direzione." (F. Engels. Anti-During. Ed. Riuniti op comp. Vol.25°, pag.267).

In realtà questi percorsi "tattici" si inseriscono nella pratica e nella teoria - tanto care ai socialdemocratici di sempre - dei piccoli passi, che hanno portato il proletariato tra le braccia soffocanti del suo nemico storico, cioè la borghesia.

Non solo, ma a chiunque si definisca comunista, e per di più militante, dovrebbe essere noto che nella Critica al programma di Gotha (1875!), scritta contro le nebbie ideologiche del partito socialdemocratico tedesco, che cianciava di organismi produttivi con finanziamento statale sotto controllo operaio, Marx ricordasse che lo "stato" del proletariato rivoluzionario non possa essere altro che "la dittatura rivoluzionaria".

Con Marx noi diciamo che solo degli opportunisti controrivoluzionari possono pensare che la tattica del proletariato possa consistere nell'alleanza con una parte della classe avversa. Simili "tattiche" altro non sono che l'asservimento del proletariato in una dinamica di conservazione del modo di produzione.

Tutta negativa, allora, l'esperienza dei proletari argentini? Al contrario! L'Argentina è il primo esempio, dopo decenni, che lotta di classe di parte proletaria non è stata annullata, poiché non sono venute a mancare le condizioni materiali della sua esistenza. Ma è anche l'esempio che il proletariato, per quanto generoso e combattivo, di per sé non può riuscire a superare lo scoglio del riformismo. Ma c'è un altro aspetto importante da rilevare: l'impressione ricevuta dalla relazione dei due compagni argentini e dalla discussione con essi è che, nel paese sudamericano, le vere avanguardie delle lotte del proletariato siano i disoccupati organizzati nelle associazioni piquetere. Queste ultime, esistenti da circa sei anni, sono nate - a nostra conoscenza - per impulso degli operai licenziati, spesso per motivi politici, dei quali è possibile ipotizzare che abbiano così messo al servizio del proletariato "territoriale" la loro esperienza politica e la loro combattività.. Il grosso della classe operaia occupata, invece, rimane ancora sostanzialmente sotto il controllo delle grandi centrali sindacali, in cui populismo, demagogia, corruzione e il riformismo più bieco la fanno da padroni.

Più che mai urgente si impone quindi la necessità per tutto il proletariato dello sviluppo del partito rivoluzionario internazionale, che sappia legare la spontaneità delle lotte all'aspetto programmatico, che sappia cioè generalizzare le lotte e le rivendicazioni in un quadro strategico, in una visione di insieme di superamento del capitalismo.

Un altro mondo è possibile, certo, ma non un altro capitalismo.

mc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.