Una due o più Ucraine? Un paese nella morsa dello scontro interimperialista

Un profondo conoscitore della realtà ucraina osservava tempo addietro, a proposito delle imminenti elezioni presidenziali, come più del futuro presidente avrebbe contato in che modo sarebbe stato eletto. Evidentemente il nostro esperto sapeva di cosa parlava in quanto l'attuale guazzabuglio politico istituzionale autorizza a pensare che ciò che sta accadendo non poteva non accadere. Ambedue gli schieramenti sostengono di aver vinto, sia quello filo-occidentale di Yuschenko che quello filo-russo di Yanukovich e di rimbalzo i loro proclami sono stati fatti propri dai loro più che interessati sponsor: gli USA e la UE, da un lato, pronti a denunciare maneggi elettorali sorvolando allegramente su quelli verificatisi in Afghanistan o negli Stati Uniti dove, si dice, il candidato democratico avrebbe rinunciato a contestare l'esito in quanto spaventato dall'enormità e sistematicità dei brogli, dall'altro la Russia lesta a salutare la vittoria di Yanukovich e a denunciare le pesanti interferenze occidentali.

È la classica partita a tre giocata su un fronte di notevole significato strategico laddove si tenga conto cosa rappresenta questo paese con i suoi 50 milioni di abitanti e le sue immense riserve di materie prime. Ma è soprattutto cosa può rappresentare per l'Europa di domani, un nodo cruciale, che fa dellUcraina qualcosa che è ferocemente conteso fra est e ovest. Vero che dal 1992 al 2000 il reddito pro-capite è sceso del 42%, che la speranza di vita si è ridotta di due anni e mezzo, che la stessa popolazione è diminuita ma altrettanto vero è che negli ultimi anni il tasso di sviluppo si è attestato su un significativo 13%.

Si sta giocando pertanto una partita che va ben al di là della scelta del nuovo premier per attingere complesse connotazioni geopolitiche. Appare innegabile come, dopo la implosione dell'URSS e la dissoluzione del patto di Varsavia, la Nato ha dato inizio ad una politica di avanzamento verso est con lo scopo, mai dichiarato ma evidente, di esercitare una crescente pressione politico-militare sulla federazione russa con l'obiettivo di destabilizzarla ulteriormente. Una ben articolata manovra a tenaglia ha consentito da un lato l'inglobamento della Polonia, Cechia, Slovacchia e altri ancora per finire alle ex-repubbliche sovietiche del Baltico. Sul versante sud-orientale l'operazione di accerchiamento si è concretizzata con l'installazione di basi militari Usa nelle repubbliche del centro Asia ed in parte dell'area del Caucaso. La stessa guerra in Iraq costituisce, tra le altre cose, un tassello significativo di questa strategia.

L'Ucraina, legata alla Russia nell'ambito della Comunità degli Stati Indipendenti, non fa parte della Nato anche se ha aderito ad un programma di cooperazione con essa con lo scopo di potenziare la capacità delle forze armate ucraine. È stato insomma predisposto tutto affinchè l'Ucraina entri nella Nato. Manca solo il suggello politico e questo può essere assicurato da un governo presieduto da Yaschenko, dichiaratamente filo-americano.

Il giochetto Nato/USA è fin troppo chiaro: penetrare ancor più in profondità nel territorio dell'ex URSS per poterlo controllare ma, soprattutto, per controllare, gestendole direttamente, le sue ricchezze energetiche. Con una posta in gioco così alta si spiega con chiarezza l'intromissione per tanti versi aggressiva di americani, russi ed europei i quali, sebbene attestati, almeno formalmente, su un piano di intransigenza verso l'esito elettorale, hanno cercato, in ordine ovviamente sparso, di attenuare i toni.

Il governo tedesco e quello polacco, ad esempio, d'intesa tra loro, stanno cercando di mediare tra le parti contrapposte e per ragioni molto prosaiche: la Polonia, arrivata tempestivamente sul posto col suo presidente Kwasniewski e con il discusso Walesa, aspira da tempo a far ricadere l'Ucraina sotto la propria orbita, come già in passato, per poter costituire all'interno della UE allargata un blocco centro-orientale di un certo peso e capace di bilanciare quello franco-tedesco mentre la Germania non può irrigidirsi più che tanto con l'Ucraina russofona e quindi con la Russia le cui forniture di gas e di petrolio saranno decisive per l'economia tedesca.

Di contro la Russia, per contrastare l'espansione della UE e della Nato ha cercato di creare un blocco di paesi, un tempo appartenenti all'URSS, sotto il suo controllo e l'Ucraina rappresenta il perno di tale politica. Nel 2003, infatti, la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia e il Kazakistan hanno firmato un accordo di cooperazione economica e deciso la costituzione di uno spazio comune. Si inquadrano sotto tale logica i cospicui investimenti fatti dalla Russia in Ucraina in infrastrutture energetiche, nell'industria e nei media sebbene il governo di Kiev abbia privilegiato, nel tempo, il commercio con l'Europa anziché con la Russia (nel 1994 il commercio con la Russia rappresentava il 47,5% del commercio con l'estero; il 32% nel 2001 ed il 30% nel 2002).

Tutto ciò ha caratterizzato abbastanza bene la politica estera ucraina non per niente definita "a più vettori" e come tale oscillante tra Russia, da una parte, e la Nato e la UE dall'altra. Ci si appoggiava a Mosca quando si voleva blandire la popolazione russofona delle province sud-orientali e si aderiva al GUUAM (patto di sicurezza firmato con la Georgia, l'Azerbajan e altri paesi dell'area), sancito, sotto l'egida americana, con lo scopo di limitare l'influenza russa.

Evidentemente gli spazi di agibilità entro cui venivano condotte tali manovre si sono ristretti al punto che le potenze imperialistiche qualora non dovessero riuscire, col mezzo elettorale, nella conquista dell'intero paese potrebbero ripiegare anche sulla spaccatura dell'Ucraina. Alla Russia di Putin una soluzione del genere potrebbe stare bene in quanto è proprio nelle province russofone di Donetsk o di Crimea che si concentra il grosso dell'apparato produttivo e gli stessi USA potrebbero assecondare per intanto una soluzione siffatta prendendosi il dovuto tempo.

Il lato paradossale in questa vicenda è che non sono gli ucraini, siano essi occidentali od orientali, cattolici oppure ortodossi, agricoltori o minatori, a volere la spaccatura, a voler dividere il paese. Sono altri, rappresentati in loco da squallidi e petulanti personaggi i cui programmi politici si differenziano quasi in niente, a condurre questo gioco in cui purtroppo la classe operaia non è presente.

È lo stesso gioco che ha portato allo smembramento della Jugoslavia col suo corollario di orrori, che potrebbe condurre allo stesso risultato in Iraq e che qualcuno avanza con un certo interesse anche per la nostra Italietta.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.