Tagli alle pensioni ed evasione fiscale

Anno nuovo... musica vecchia e sempre più irritante per chi vive del proprio lavoro

Crisi, crisi ed ancora crisi. Non sentiamo parlare altro che di come “uscirne”, dato l'assunto generale che siamo “tutti sulla stessa barca”, cosa a cui ovviamente non crediamo affatto.

Un paio di notizie spiegano bene quali siano le dinamiche con cui la classe dominante tutela i propri interessi.

Pensioni: dal 1 gennaio sono stati rivisti - al ribasso ovviamente - i coefficienti pensionistici, astrusi meccanismi da ragionieri che però hanno pesantissime ripercussioni sulla vita di tutti proletari. Cioè il governo ha introdotto una riduzione di quei numeretti che moltiplicati per i contributi effettivamente versati dal singolo ridurranno nettamente il valore dei futuri importi pensionistici. La perdita per gli attuali quarantenni è al'incirca di un 3-4.000 euro annui e per i nuovi assunti di oltre 5.000 euro. Con il passar degli anni, le perdite saranno ancora più consistenti. Eppure in passato ci avevano parlato di tali riforme come di una necessità per salvaguardare il futuro previdenziale delle giovani generazioni.

Dal 2015, inoltre, scatterà un ulteriore incremento dell'età pensionabile legato all' aumento medio statistico della vita media (che comunque per i proletari, e gli operai in particolare, è sempre più corta degli altri strati sociali).

  • La storia parte già nel 1992, con la riforma del governo tecnico di Amato, vicino al centro sinistra, che sganciava le pensioni dalle dinamiche salariali. A questa seguiranno:
  • La Riforma Dini del 1995, che ha introdotto il metodo di calcolo contributivo in base al quale la pensione non è più calcolata sulla media degli ultimi anni di salario, bensì viene calcolata sulla base dei contributi versati moltiplicati per un coefficiente di trasformazione (quelli ora rivisti al ribasso per intenderci).
  • La Riforma di Prodi del 2007 che incrementava l'età pensionabile tramite l'introduzione delle quote calcolate dalla somma dell’età anagrafica + gli anni di servizio. Attualmente la quota utile per andare in pensione è 95, cioè, per esempio, 60 anni d'età anagrafica + 35 di lavoro; nel 2011 la quota sarà 96. Dal 2013 sarà 97 e via dicendo.

Dal lavoro direttamente alla tomba. Tralasciamo, per il momento, il non secondario problema di chi muore direttamente, prima di andarci in pensione e di chi lavorando in nero e/o in modo discontinuo sarà di fatto escluso da tale meccanismo e perciò costretto alla pena diabolica del lavoro perpetuo per integrare pensioni di importo pari alla soglia di povertà.

Fisco: il centro studi della Cgil ci informa che l'evasione fiscale - fenomeno di classe su cui la borghesia italiana ha fondato il proprio consenso sociale all'interno e le sue aspirazioni di potenza verso l'esterno - costa ad ogni lavoratore dipendente più di 3 mila euro l'anno, 250 euro al mese cioè; il calcolo è presto fatto: si dividono i 110 miliardi di euro di mancato gettito stimati (per difetto?) dalla Guardia di Finanza per i 38 milioni di contribuenti “onesti”, ossia di coloro che non possono evadere alcunchè in quanto il prelievo avviene a priori sulla loro busta paga (come le trattenute sindacali potremmo aggiungere...).

Siamo ancora più precisi: la tassazione del lavoro dipendente si compone di due voci, quella tributaria e quella contributiva.

La prima, quella tributaria cioè, rappresenta la quota di salario differito che ogni lavoratore accantona (pensione, malattia, disoccupazione ecc. - ragion per cui risulta evidente, tra l'altro, che la Cassa Integrazione ce la paghiamo con i nostri soldi!) ed è rimasta sostanzialmente costante al 17% dal 1980 ad oggi.

La seconda, quella contributiva, rappresenta la quota versata alla fiscalità generale ed è aumentata dal 17,8% del 1980 al 30% del 2008. Con l'imposizione fiscale del 1980 cioè oggi - ci viene beffardamente detto - avremmo in tasca quei 250 euro mensili in più.

Lo stesso centro studi si dimentica ovviamente di dire che la struttura cui appartiene - il principale sindacato confederale - è stata parte integrante di questo processo, avendo da sempre diretto ed incanalato tutte le lotte operaie dentro le compatibilità del sistema ed avendo firmato ogni accordo in tal senso coi differenti governi succedutisi. Di più: non si è fatta scrupolo fatti scrupolo, neppure nelle sue frange apparentemente più combattive come la Fiom, a sponsorizzare i famigerati Fondi Pensione, trappola per i lavoratori, boccata d'ossigeno “finanziario” per il capitalismo in crisi da saggi di profitto in caduta libera.

L'alternativa - dirà - non si è mostrata poi tanto migliore: chi saggiamente [aggiungiamo noi, ndr] non si è fidato dei “venditori di pentole” sindacali ha lasciato il proprio tfr in azienda, la quale lo ha trasferito in custodia all'Inps, [che, per inciso - siamo sempre noi ad aggiungerlo, ndr - dichiara un attivo di oltre sette miliardi di euro]. Ora il Governo propone di di usare - giuridicamente lo potrebbero chiamare “scippo” o “furto con destrezza” - quell'enorme massa di capitale “dormiente” per finanziare le cosiddette grandi opere e domani, perché no, anche le spese belliche (aggiungiamo noi) sempre nell'ottica di dare ossigeno ad un capitalismo malato terminale.

Eravamo stati fin troppo facili profeti quando lo avevamo denunciato nella nostra stampa, nelle assemblee e nelle piazze; nel capitalismo non esiste una via d'uscita, un meno peggio praticabile cui tendere.

Per noi comunisti non si tratta affatto di aspirare ad un capitalismo migliore, riformato, impossibile ed illusorio se lo intendiamo migliore per noi proletari.

Il “marcio” è nel sistema stesso, nelle sue leggi di funzionamento, prima e più che nel fatto che ci sono “furbetti” che se ne approfittano e che sono perciò additati come radice di ogni male da tutti i difensori “di sinistra” di questa società; dove, è bene ricordarlo, a livello mondiale oltre 27 milioni di uomini, donne e bambini lavorano in condizioni di aperta schiavitù, mentre altre enormi moltitudini guadagnano appena 2 dollari al giorno.

La soluzione non consiste nel guardare indietro, ad inesistenti “bei tempi” bensì al futuro, ad una società diversa, dove la produzione di beni e servizi sia al servizio dell'uomo e non viceversa, oggi possibile e necessaria come mai prima forse nella storia dell'umanità.

DS, 2010-01-04

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.