La Russia a una nuova svolta - Alle elezioni per la Duma Putin segna un punto a suo favore

Le elezioni alla Duma dei primi di dicembre hanno sancito al momento la vittoria del gruppo di Putin sui cosiddetti "oligarchi" considerati i più filoamericani e che dalle vicende della "perestroika" in avanti avevano assunto una presenza assai preponderante nelle vicende economiche e politiche russe. Avevano preso a costituire uno stato nello stato e, facendosi forti della comune appartenenza alla famiglia di Eltsin, potuto sfruttare al meglio e con criteri assai discutibili il programma di dismissioni statali con annesse privatizzazioni che avevano riguardato imprese militari e civili, miniere, fabbriche e pozzi petroliferi. Sintetizzando al meglio le istanze della nuova borghesia privata, avevano saputo approfittare delle vendite a prezzo di saldi effettuate dalla banda eltsiana e dalle quali lo Stato aveva realizzato ricavi così ridicolmente irrisori da far dire che tutto ciò aveva rappresentato la più grande rapina mai perpetrata nella storia. A giovarsene erano state le organizzazioni malavitose, le uniche a possedere cospicui capitali e questi gruppi di oligarchi che avevano goduto, a vario titolo, di un accesso privilegiato alle imprese pubbliche e che, in virtù di meccanismi truffaldini, erano divenuti miliardari nel volgere di pochissimo tempo. Lo stato aveva gestito il tutto in prima persona e adottato criteri molto discrezionali per cui è certamente ascrivibile ad esso la genesi di questi potenti gruppi che nella loro irresistibile ascesa avevano potuto giovarsi di cospicui apporti di investitori stranieri che miravano ad impadronirsi delle immense ricchezze di cui dispone la Russia. Tutto ciò ha interessato il periodo 1992-95 e si venuto materializzando con la creazione di joint-ventures alla creazione delle quali il FMI aveva subordinato la concessione di prestiti. Gli oligarchi sono così diventati i veri padroni della Russia. Dietro la loro fregola occidentalizzante si celava la lunga mano americana che mirava allo smantellamento di tutto ciò che restava dell'apparato industriale dell'ex nemico oramai in disarmo ma pur sempre temibile. Dall'altra parte c'erano gli ex manager di stato, i burocrati, la nomenklatura militare, vale a dire tutti quei settori penalizzati dalla politica di Eltsin e come tali decisi a opporre una certa resistenza nonché, facendo leva, tra l'altro, su un revanchismo nazionalista assai diffuso, privilegiare, quasi per reazione, una strategia filoeuropea in chiave nettamente antiamericana. L'impero era, sì, crollato ma la Russia rimaneva uno sterminato paese con risorse naturali quasi intatte, con un suo apparato militare e industriale e soprattutto con un suo arsenale nucleare.

Gli USA vivono con preoccupazione l'eventuale saldatura tra la UE e la Russia specie alla luce di alcuni inquietanti segnali quali la disponibilità russa a soppiantare il dollaro con l'euro nelle transazioni commerciali. Tutto ciò ha come conseguenza uno scontro sistematico con lo scopo di irretire, asfissiare, levare spazi di manovra all'avversario. Rientra in quest'ottica ad esempio la guerra del 1999 in Kosovo che ha impedito la realizzazione di un oleodotto in grado di collegare il mar Nero all'Adriatico oppure la presenza yankee dietro le vicende cecene o georgiane o meglio ancora il tentativo, finora riuscito, di frapporre una sorta di cordone sanitario, costituito da paesi come la Polonia, l'Ungheria, la Bulgaria e la Romania, tra la UE e la Russia. In tutto questo ribollire di eventi se gli oligarchi avessero avuto la meglio, a prevalere sarebbe stata soprattutto una concezione in chiave privatistica della gestione della macchina statale come sta già avvenendo negli USA o nella nostra Italietta. Erano dediti alla corruzione ed alla compravendita di tutto e dappertutto. Il magnate Mikhail Khodorkovskij, a capo del colosso energetico Yukos e punta di diamante di questo gruppo affaristico-malavitoso, poteva comprarsi l'università di studi umanistici e nominarne rettore Leonid Nevzlin, suo sodale. Ancora: ritenendo più opportuno non costituire ex-novo un proprio partito inseriva suoi fedelissimi tra i liberali del raggruppamento Jabloko, nell'Unione delle forze di destra e, paradossale ma non tanto, nel partito stalinista di Ziuganov. En passant si comprava il giornale di estrema sinistra, Zafra, e, per non far torto a nessuno, anche il Moskovskie Novisti, foglio diretto da un noto esponente di estrema destra, con l'intento di precostituirsi le condizioni per una vittoria alle presidenziali del 2008 se non addirittura a quelle del 2004. Intesseva proficue relazioni oltre Atlantico finanziando istituzioni neoconservatrici americane, si appoggiava a personaggi squalificati come Kissinger o Perle, avviava trattative con la Exxon Mobil per la vendita del 50% delle azioni della Yukos, all'insaputa delle autorità statali. Quest'ultime hanno pensato che la misura fosse colma e che era il caso di intervenire ripristinando quanto meno una parvenza di legalità. Il gruppo di Putin che poggia in prevalenza su personale dei servizi segreti, i Siloviki, e su uno stuolo di giovani giuristi ha voluto far intendere che talune operazioni potevano essere concluse solo col beneplacito dello stato. Non che gli statalisti fossero contrari alle privatizzazioni però queste non avrebbero mai potuto riguardare settori chiave come gli oleodotti o i gasodotti. E la ragione era più che evidente laddove si pensi che Putin e con esso lo stato russo, avendo bisogno di attrarre capitali e tecnologie, deve poter contare su risorse di una certa importanza. La sua azione verso l'esterno è ad ampio spettro con un occhio particolare verso la UE che considera il mercato russo fra i più importanti e con la quale ha di recente concluso dei significativi accordi come quello tra la Snecma moteurs francese e la Saturn russa che prevede la fabbricazione di motori per aerei militari di ultima generazione o l'altro che dovrà dare inizio alla costruzione di una base militare aerea a Bishkek, in Kirghisia, che si trova a meno di 100 km di distanza da una analoga base americana. Venti di guerra? Forse ancora no. Ci sono da ridefinire ancora rapporti di forza e strategie ad essi connesse che, se riferiti all'attuale congiuntura economica, prefigurano degli scenari a dir poco inquietanti a meno che il proletariato non sappia dare una sua risposta, come quella dell'ottobre 1917.

gianfranco

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.