Sono italiani brava gente - I mercenari diventano eroi

Sono trascorsi ormai 20 giorni dal rapimento degli ostaggi italiani e la situazione resta ingarbugliata e suscettibile di aprirsi a scenari sempre più inediti. Èdi queste ore la richiesta dei rapitori che vengano liberati degli iracheni tenuti prigionieri in Kurdistan e che fa seguito a quella con cui si chiedeva di manifestare contro la guerra. A scendere in campo sono stati un po' tutti dal Papa alla Croce Rossa fino a personaggi e organizzazioni che hanno tenuto un profilo un po' più basso. Che dire del tutto? Si ha la sensazione di avere a che fare con maschere balorde e sanguinarie che volteggiano tra il truculento e l'ammiccare discreto. La sceneggiatura è complessa e presenta lati oscuri in quanto parrebbe che i rapitori sarebbero diversi poiché il nucleo originario li avrebbe passati di mano ad un altro gruppo che fa riferimento al movimento baathista. E coi primi la possibilità di intavolare trattative in danaro esisteva tant'è che è stata di fatto esperita nonostante le idiozie ammannite dai portavoce di turno della serie "linea di fermezza da cui non deflettere" o "mai venire a patti con bande di assassini"e si è continuato anche quando risultava chiaro che dall'altra parte era subentrata un'organizzazione che poneva condizioni politiche e che nella gestione degli ostaggi di nazionalità varie ha voluto fare le distinzioni del caso, infatti ostaggi giapponesi, francesi e cechi sono stati rilasciati senza che, almeno così pare, sia stato pagato alcun riscatto. Gli ostaggi italiani, al contrario, per gli iracheni, appartengono ad un paese che, al di là delle solite melensaggini propagandistiche tipo "italiani brava gente", è presente in Iraq e partecipa alle operazioni belliche quindi la posta in gioco è un'altra in quanto diversa è la nazionalità degli ostaggi e diverse sono soprattutto le ragioni della loro presenza in Iraq. Chi li definisce vigilantes, chi body guard, chi, senza tanti giri di parole, mercenari. Comunque sia appartengono a un esercito che conta circa 30.000 effettivi con il compito di proteggere persone e proprietà, scortare convogli e prender parte anche ad operazioni belliche. Gli inglesi li definiscono "dogs of war" seppure si sia cercato ultimamente di ingentilire il termine con un più rassicurante "civili armati". Ebbene, questi civili armati sono lì per soldi ed è conveniente ricorrere ai loro servigi in quanto le società private che li ingaggiano costano meno degli eserciti nazionali. C'è poi il grosso vantaggio che la società primaria, quella che cura i rapporti col Pentagono, da poi l'appalto ad un'altra compagnia e così di seguito, poggiando su questa articolazione di subappalti, tutte queste attività ed i relativi "contrattisti individuali" finiscono per volatilizzarsi, per non essere più controllabili. Il costo di queste organizzazioni "benemerite" si aggira attualmente sui 5 miliardi di dollari e le loro regole di ingaggio contemplano anche l'uso della forza letale sotto la supervisione del Pentagono, il che equivale a dire che a questi gentlemen è di fatto data carta bianca, tortura compresa. Non è la guerra a scandalizzarci. Il capitalismo ci ha ormai abituato a queste piacevolezze; tuttavia è capitato anche che l'adesione alla stessa sia avvenuta su un piano ideale, vedi il caso degli Arditi che vedevano nella prima guerra mondiale, a torto, la continuazione dell'ideale risorgimentale e necessaria premessa per uno sconvolgimento rivoluzionario rigeneratore. Sbagliavano però, quantomeno, erano pervasi da aspirazioni esistenziali per le quali parecchi di loro hanno poi sacrificato la vita. Oggi no! Si ha a che fare con persone che vanno in Iraq come per partecipare ad un safari o alla caccia alla volpe. Costa veramente fatica in casi del genere sentire empiti di solidarietà umana per questi avventurieri, per questa tipologia umana che persegue il guadagno ad ogni costo anche uccidendo persone che hanno il solo torto di esistere, di costituire insieme ai loro problemi mai risolti delle brutture da cui liberare il mondo. Razzismo, classismo, una miscela di intolleranza e di un mal riposto senso estetico che tanto ha a che vedere con talune teorizzazioni naziste. E poi trovi anche chi, tra il discutibile e il ridicolo, scomodando termini come "eroi", dà fondo a quel trito armamentario patriottardo del tutto non consono alla circostanza. Con gli eroi non abbiamo molta dimestichezza: se però dovessimo fare un'eccezione questa riguarderebbe i morti e gli incidentati sul lavoro, quelli che sfangano per il classico tozzo di pane, quelli che la sofferenza la vivono quotidianamente sulla propria pelle. Quelli che subiscono in prima persona il cinismo e l'opportunismo di un governo e di una opposizione che stanno utilizzando questa triste vicenda in termini prettamente elettorali. Da un lato abbiamo il "cavaliere senza macchia e senza paura" completamente appiattito sulle posizioni USA e che ha talmente a cuore le sorti degli ostaggi che definisce "delinquenti" i rapitori ribadendo, al contempo, che l'Italietta resterà in Iraq anche dopo il 30 giugno. Quale rappresentante del capitalismo nostrano in salsa atlantica continua a vedere, beato lui, opportunità per quanto riguarda la fase della ricostruzione e per quanto attiene alcune concessioni date all'ENI nei pressi di Bassora. L'altra parte è tutta protesa a chiedere un intervento dell'ONU che, attraverso una forza multinazionale, possa consentire la stabilizzazione dell'Iraq e la creazione di condizioni di sicurezza, soli presupposti per la ricostruzione del paese. Il fine evidente è quello di ribadire il no alla guerra ed il sì alla permanenza del contingente italiano. Dove stia la coerenza in tutto questo non è dato sapere. Ciò che vien fatto passare è che in Iraq si debba combattere il terrorismo, che bisogna ripristinare la legalità e scemenze varie a seguire. Nessuno che faccia riferimento al motivo vero e unico per cui là ci sono ostaggi, guerriglia, guerra con i suoi corollari di sangue e di distruzione: il petrolio e la rendita petrolifera. Una sola considerazione per dare un po' l'idea del tutto: secondo la cosiddetta "curva di Hubbard" di qui a circa dieci anni l'estrazione mondiale di greggio dovrebbe toccare il suo culmine per poi cominciare a scendere per cui posizionarsi in talune areee strategiche potrebbe essere di importanza capitale. Che poi possa costare distruzione generalizzata, migliaia di morti, mutilati, orfani ed anche ostaggi... eh beh, non si può aver tutto dalla vita.

gg

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.