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Home ›Prova generale per le future elezioni in Iraq - Le elezioni in Afghanistan
Il nove d'ottobre si sono tenute in Afghanistan le prime elezioni dopo la caduta del governo dei Talebani. Dopo una serie infinita di rinvii, il governo americano ha ritenuto che, nonostante non ci fossero le condizioni per un evento a così alto rischio, la consultazione elettorale dovesse avvenire ugualmente. Le ragioni di una simile determinazione stanno più nelle vicende elettorali americane e nella proiezione di quelle irachene, che in quelle interne. Per il momento si sono scrutinati il novanta per cento dei voti espressi, il candidato americano, Karzai, ha ottenuto una buona maggioranza ma ben al di sotto dello sbandierato plebiscito annunciato. Le opposizioni hanno denunciato immediatamente brogli, pressioni e minacce nei seggi più importanti, al punto da ritirarsi dalla consultazione e di invocare l'intervento di un organismo internazionale che funga da garante per le forze d'opposizione all'attuale governo filo americano e futuro governo liberamente eletto.
Che non ci fossero le condizioni per libere elezioni lo si deduce dalla realtà dei fatti. L'Afghanistan è una terra di nessuno dove tutti combattono contro tutti. Il governo di Karzai non gode di nessuna autorità e lo stesso presidente vive nel suo palazzo protetto e sorvegliato dalle truppe americane. Ne può uscire solo se scortato da centinaia d'uomini armati sino ai denti. Il territorio del paese è diviso in decine di feudi amministrati dai cosiddetti signori della guerra. Personaggi come Dostum, Eckmatyar e Ibrahim Khan sono all'opposizione armi in pugno e rivendicano la più assoluta autonomia, non soltanto rispetto al governo di Karzai, ma anche nei confronti della presenza americana. Tra loro sono in perenne conflitto per il controllo del proprio territorio e delle zone di commercializzazione della droga. I vari cap tribù, all'interno delle più importanti etnie, o fanno capo ai vari signori della guerra o agiscono in proprio. Molte sono anche le organizzazioni banditesche che operano in tutto il territorio e in modo particolare nella zona meridionale al confine con il Pakistan. I talebani, sconfitti nel corso della guerra del 2001 si sono riorganizzati e si sommano alle altre fazioni in lotta contro il governo e i suoi patrocinatori, gli Usa.
Ciò nonostante il governo Bush, dopo una serie di rinvii, ha deciso di organizzare in ogni caso la consultazione elettorale. L'obiettivo primario sarebbe quello di dimostrare come l'intervento americano sia stato promotore d'istanze democratiche, e non, come pensano i cattivi maestri, per interessi economici legati al petrolio, e strategici attinenti ad un'area compresa tra l'ex impero sovietico e il nuovo antagonista cinese. Nell'attuale campagna presidenziale americana, Bush ha un enorme bisogno di mostrare all'elettorato che le sue campagne di guerra sono state improntate alla lotta contro il terrorismo per la democrazia, nel tentativo di trasformare due, per il momento, insuccessi politici, peraltro infamanti per l'enorme corollario di bugie che li hanno accompagnati, in vittorie da proporre sulla scena politica interna americana.
Un secondo obiettivo sarebbe quello di sperimentare in Afghanistan quanto, in termini di elezioni, sarà riproposto, forse, a gennaio 2005 in Iraq. Se le cose dovessero andare bene nel primo scenario, cosa molto difficile, se non impossibile, data l'attuale situazione di sfascio e di disgregazione economico - politica, l'esperimento potrebbe essere ripetuto nel secondo. In Iraq le cose oltretutto stanno andando peggio. Come in Afghanistan, intere città e vasti territori sono sotto il controllo delle forze della resistenza. Il governo Allawi sopravvive grazie alla tutela delle milizie americane, il resto del paese è nel più assoluto caos, attraversato da un'infinità di gruppi armati, criminali organizzati e forze politiche che escono da qualsiasi controllo. In più la virulenza delle opposizioni è così forte che, all'interno dell'amministrazione Bush, si sta facendo strada l'ipotesi di abbandonare il paese, non prima di giocare tutte le carte in suo possesso. La prima è quella della soluzione finale, ovvero, di scatenare un'offensiva militare devastante che faccia piazza pulita di tutte le forze d'opposizione, o che le renda così deboli da essere più facilmente amministrabili. La seconda, che dalla prima dipende e di cui ha assoluto bisogno per essere praticata, è quella delle elezioni. Ovviamente si tratterebbe d'elezioni guidate, per inscenare la nascita di un governo democratico e liberamente eletto, che abbia il compito di comportarsi e di fungere da cinghia di trasmissione degli interessi americani, esattamente come i due precedenti. In questa prospettiva le elezioni in Afghanistan possono rappresentare un valido banco di prova, un esperimento che se riuscisse dovrebbe risolvere, almeno in parte, i problemi americani in loco, e spianare la strada alla rielezione del presidente Bush. L'imperialismo però, se è criminalmente in grado di perseguire i propri interessi, inscenando episodi di barbarie belliche, eliminando fisicamente decine di migliaia di civili, di passare come un rullo compressore sopra i più elementari diritti umani, ricorrendo, quando è il caso, all'uso di armi non convenzionali come l'uranio impoverito e le bombe trancianti, non sempre riesce a completare l'opera. Karzai come Allawi potranno essere riproposti nelle loro rispettive funzioni attraverso la farsa delle elezioni, ma nessun cambiamento istituzionale potrà modificare il senso di due realtà nazionali occupate, le spinte resistenziali, così come, qualunque sia l'esito della consultazione elettorale presidenziale negli Usa, andrà a modificare la strategia imperiale americana. In entrambi i casi i problemi restano, così come continueranno ad operare le cause che li hanno posti in essere.
fdBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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