Restaurazione sociale borghese in marcia

Fascismo e antifascismo due facce dello stesso dominio del capitale

Da molti anni due ‘vulgate’ si aggirano per l’Italia, quella antifascista e quella nazional-liberal-fascista. Contro la prima c’è l’accusa di ideologismo agli storici di ‘sinistra’, mentre contro la seconda quella che il fascismo sia un movimento profondamente antidemocratico. L’argomento è stato ampiamente scandagliato, ma il nodo della legittimazione democratica del fascismo è stato definitivamente sciolto dal governo Berlusconi, il quale vi ha sovrapposto una campagna di delegittimazione del cosiddetto comunismo (Ds-Rifondazione). Di cosa preoccuparsi? Abbiamo nella carta costituzionale le garanzie democratiche. E la contesa è già sul suo aggiornamento. Ma...

la contraddizione che investe tutta questa costituzione, sta nel fatto che le classi la cui schiavitù sociale essa deve eternare, proletariato, contadini, piccoli borghesi, sono messe, mediante il suffragio universale, nel possesso della forza politica, mentre alla classe il cui vecchio potere sociale essa sanziona, alla borghesia, sottrae le garanzie politiche di questo potere. Ne costringe il dominio politico entro condizioni democratiche [...]. Dalle une esige che non avanzino dall’emancipazione politica all’emancipazione sociale, dall’altra che non retroceda dalla restaurazione sociale alla restaurazione politica. (1)

Vediamo, seppur per sommi capi, come questa contraddizione venne risolta in Italia dal primo dopoguerra quando il proletariato nel “biennio rosso”, per l’unica volta, mise in pericolo il potere borghese. La guerra e le sue privazioni, la rivoluzione bolscevica, la propaganda socialista di emancipazione si fusero spingendo il proletariato industriale ed agricolo alla lotta: gli scioperi si moltiplicano, il movimento socialista si espande, le file del Partito socialista e della CGL si ingrossano e fanno paura. Le lotte operaie sboccano nell’occupazione delle fabbriche del settembre 1920 che si chiude con un decreto legge sul controllo operaio. Sconfitta sì, ma l’ordine e la gerarchia di fabbrica sono minati. Le campagne, e parliamo della zona più ricca, la Val Padana, sono caratterizzate dalla miseria e dal servilismo del proletariato agricolo. La conquista delle 8 ore di lavoro, gli aumenti salariali, ma soprattutto il controllo e l’imponibile della manodopera per garantire il lavoro ed il rispetto dei contratti vengono in larga parte realizzati. Alle elezioni politiche del novembre 1919, svoltesi a suffragio universale maschile e con sistema proporzionale, i socialisti ottengono il 32,4% dei voti mandando alla Camera 156 deputati su 508. Alle successive elezioni amministrative dell’ottobre-novembre 1920 conquistano 2022 comuni su 8346 e 26 consigli provinciali su 69. L’affacciarsi del popolo alla vita politica e civile, l’uscita del proletariato da condizioni di miseria e servilismo, è questo che scatena l’odio di classe borghese. Si alimenta così la reazione fascista, illegale, violenta e criminale: con le sovvenzioni di agrari ed industriali, il sostegno attivo delle forze dell’ordine che forniscono mezzi ed armi, delle prefetture, della magistratura e con la passività del governo liberale. Camere del lavoro, circoli, cooperative, giornali e tipografie socialiste, nulla viene risparmiato dalla distruzione o dall’incendio. Nei primi mesi del 1922 nelle campagne riprende lo ‘schiavismo agrario’ ed ora tocca alle città. Dopo Bologna, nel luglio vengono espugnate Cremona, Viterbo, Novara, Rimini, Ravenna, in agosto Milano, Ancona, Bari, Terni, ecc. Stessa sorte alle persone. Eccidi durante gli assalti alle camere del lavoro o alle città; manganellate ai socialisti ed a qualsiasi oppositore; olio di ricino per tutti, e nei casi più ostinati olio lubrificante; capi lega assassinati nella notte o prelevati da casa, torturati ed abbandonati nudi in mezzo alla campagna.(2)

Il socialismo era avanzato nella società fino a dove l’emancipazione politica poneva il problema dell’emancipazione sociale: della rivoluzione. La scelta della borghesia contiene già, con la restaurazione sociale, la retrocessione alla restaurazione politica: le violenze fasciste e la seguente dittatura ne sono lo strumento. In gioco vi era l’essenza stessa del capitalismo che è prima di tutto libertà di appropriazione della soggettività o forza lavorativa del proletariato. Nel secondo dopoguerra la borghesia italiana riaffrontò il problema della democrazia risolvendolo con la costituzione di un partito interclassista di massa (Dc) e gettando il proletariato all’opposizione. Mentre il comunismo era divenuto una questione di sfere di influenza imperialista, il Pci elaborò la politica della ‘democrazia progressiva’. Il nuovo riformismo proponeva, in luogo di una lentissima ed ideale evoluzione verso il socialismo, il progredire della democrazia; il riferimento non è più l’emancipazione sociale della classe proletaria ma la lotta per la democrazia, l’antifascismo: l’opposizione alla restaurazione politica. Il recinto nel quale il dominio borghese può esplicarsi entro condizioni democratiche è piantato. Il proletariato non avanzerà oltre l’emancipazione politica cioè i diritti politici e civili. Qualora le contraddizioni sociali tracimassero, oltre alla forza pubblica, sono pronti i neofascisti per dirottare la lotta politica in scontro fisico, riducendola a questione di ordine pubblico.

Negli anni 1970-‘80 la democrazia ne uscì vittoriosa, insuperabile: dogma e feticcio assieme. Il suffragio universale chiamando il proletariato alla vita politica presuppone un interesse comune, ma questo interesse è formale, essendo reale solo l’interesse della borghesia. La democrazia che sembra comporre i contrasti di classe ci riesce fino a che i lavoratori subiscono le condizioni sociali imposte dalla borghesia. Condizioni che oggi oltre alla precarietà del rapporto di dipendenza che lega il lavoro al capitale stanno spostando sul fronte del consumo l’unica forma di redistribuzione di reddito.

Al contrario, la democrazia, è il terreno dove i contrasti fondamentali possono dispiegarsi perché evidenzia come l’emancipazione politica non abolisce la condizione di dipendenza e di sfruttamento del lavoro salariato. Ecco allora che, dopo le ‘vulgate’ e per meglio assecondare le esigenze borghesi, anche la costituzione deve essere aggiornata.

Cosi concordi ‘sinistra’ e ‘destra’, mentre l’emancipazione politica segna il passo, la restaurazione sociale borghese marcia solerte e democraticamente per via parlamentare-legislativa.

mr

(1) K. Marx “Le lotte di classe in Francia” cap. II, Dal giugno 1848 al 13 giugno 1849.

(2) Per chi voglia farsi un’idea “Fascismo. Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia” Ed. Avanti! e M. Franzinelli “Squadristi” Ed. Mondadori

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.