Sequestri di dirigenti in Francia e Belgio

Le note che seguono sui sequestri di dirigenti e su forme insolite di lotta, avvenute in questo periodo in Francia e in Belgio, mettono in rilievo - come dice il nostro compagno - gli scricchiolii che l'esplosione della crisi sta producendo in un ambiente sociale già messo a dura prova. Infatti, benché il riformismo nostrano tenda sempre ad abbellire le condizioni dei lavoratori europei, per incolpare dei pessimi livelli salariali italiani non il capitalismo in sé, ma i governi (in particolare di destra), anche i lavoratori francesi, da anni, stanno subendo gli attacchi via via crescenti del padronato e del suo servidorame politico-sindacale. Solo per fare un esempio, la parte salariale sul reddito nazionale è passata dal 74% circa dei primi anni 1980 a poco più del 65% nel 2005, il che significa miliardi di euro intascati dai padroni.

La stessa “miracolosa” ricetta di Sarkosy per contrastare la caduta dei salari, vale a dire “lavorare di più per guadagnare di più” (prontamente importata dal “nostro” premier operaio-ferroviere- pompiere), cioè la detassazione degli straordinari, mentre ha fatto guadagnare qualche centinaio di euro in più a una minoranza di lavoratori, allo stesso tempo ha impedito - secondo diversi economisti borghesi - la creazione di decine di migliaia di posti di lavoro. Cosa, del resto ampiamente scontata. Insomma, se i lavoratori italiani si devono accontentare della gazzosa, non è che i loro compagni di classe francesi pasteggino a champagne, anzi. La crisi sta appunto peggiorando le cose, tanto che persino pezzi grossi del politicantume fanno i comprensivi nei confronti dei “sequestratori”: dalla Royal a Bayrou (ex candidati alla presidenza della repubblica) per finire a de Villepin (ex primo ministro). Ovviamente, è solo una squallida manovra volta ad ammansire gli arrabiatissimi operai che, in mancanza di alternative, si danno a queste lotte “creative”.

In questo quadro, risalta in maniera quanto mai drammatica la mancanza del partito, di un organismo, cioè, che unificando le variegate spinte provenienti dalla classe, le diriga sulla strada del più coerente anticapitalismo per un vero altro mondo possibile: in assenza dell'avanguardia rivoluzionaria organizzata, gli sforzi e i sacrifici più generosi del proletariato sono inevitabilmente destinati o a essere o sconfitti, senza sedimentare alcunché di politicamente significativo per la classe, o ad essere in un modo o nell'altro riassorbiti dal sistema.

La rabbia dei lavoratori in Francia sta montando, mentre le conseguenze della crisi economica cominciano a farsi sentire. Ma questa rabbia è diretta anche contro le precedenti misure “liberali” e radicali del governo volte ad abbassare il costo del lavoro.

Uno dei direttori della fabbrica Continental nella regione dell’Oise (una fabbrica di pneumatici che impiega 1200 lavoratori) è stato bombardato con uova; i manager della Sony nelle Landes e quelli degli impianti farmaceutici 3M a Pithiviers, vicino ad Orléans, sono stati trattenuti in un ufficio contro la loro volontà. Il forte scontento dei lavoratori si dirige contro la perdita di posti di lavoro e la chiusura delle fabbriche.

Ad Auxerre, il lavoratori della Fulmen, che producono batterie per auto e camion, hanno obbligato i manager ad andare con loro in manifestazione.

È lunga la lista di lotte di nuovo tipo, come l’invasione dell’ufficio centrale della Caterpillar a Grenoble. Poi c’è stata l’occupazione della Rencast (fabbrica di componenti per auto) a Chateauroux dove lo sciopero è cominciato il 12 marzo quando era stata annunciata la chiusura legale del gruppo. Alla fine, un'assemblea di massa dei lavoratori ha deciso all’unanimità di scioperare ed occupare gli impianti. Nuovo sequestro di quattro “quadri” della fabbrica Scapa nell'Ain. La novità è che i salariati hanno potuto ottenere il raddoppio dell'indennità di licenziamento.

Se l'azione paga, perché nella borghesia serpeggia la paura della radicalizzazione, la situazione sociale rischia di evolvere rapidamente.

Altra cosa da prendere in considerazione è che queste lotte spuntano su tutto il territorio nazionale, persino nelle piccole città; questo dimostra come lo scontento sia diffuso e si generalizzi in profondità

Per ora la violenza è limitata. Ma qualcosa sta cambiando, i lavoratori stanno prendendo la strada della lotta, perché non hanno più niente da perdere. Si rendono conto di essere stati presi in giro, e che le misure per abbassare i salari accettate in precedenza non hanno risolto niente. Alla fine, sono licenziati lo stesso. E soprattutto stanno prendendo un po' di più la lotta nelle proprie mani, senza ascoltare i sindacati che predicano la calma nell’attesa di un momento “più favorevole” per condurre una lotta. Secondo i media, i lavoratori stanno effettuando azioni molto più “violente”. Che prodezza! Infatti i borghesi cominciano a spaventarsi perché prendono coscienza che questo non è che l'inizio e che le lotte si generalizzeranno con l'approfondirsi della crisi.

È chiaro che queste lotte sono il segno della loro impotenza e disperazione, ma hanno il merito di esistere. Sono il segno di un risveglio della combattività che non potrà che svilupparsi in misura più rilevante, quando tutte le manifestazioni della crisi capitalista si faranno sentire ancora più massicciamente.

Bilan & Perspectives, 5 aprile 2009

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.