La montagna ha partorito il topolino - Ancora sul salario minimo di Obama

Nel numero scorso di Battaglia comunista, avevamo qualificato la politica sociale di Obama come un riformismo a tempo scaduto, con particolare riferimento all'annunciato aumento del salario minimo. Invece, potrebbe rinfacciarci un inguaribile riformista, il presidente americano ha mantenuto le sue promesse e, scavalcando d'autorità l'opposizione repubblicana del Congresso, con un “executive order” ha innalzato la soglia salariale minima da 7,25 a 10,10 dollari (all'ora, naturalmente). Tutto secondo i piani, dunque, il riformismo, benché un po' timido, si è imposto sul liberismo compassionevole (quattro spiccioli di elemosina, al posto del welfare) dei Bush, padre e figlio, a dimostrazione che con un po' di buona volontà è possibile intraprendere politiche che tengano conto anche del “popolo lavoratore” e non solo delle banche. Verrebbe inoltre dimostrato che le nostre critiche sarebbero frutto del solito pregiudizio – frutto di schemi superati – di ideologi che preferirebbero vedere andare a picco (o ancora più a picco) la povera gente, pur di parlare male del capitalismo e di chi, “concretamente”, si tira su le maniche per fare quello che, in questo sistema sociale, è possibile fare. Questa rappresentazione di noi comunisti è macchiettistica, certo, ma non si discosta troppo da quello che molti pensano realmente degli internazionalisti e per verificare se siamo noi ad esserci sbagliati, andiamo a controllare, concretamente, il contenuto dell'«order» obamiano, perché, giustamente, le parole, senza riscontri, stanno a zero. Diradato il polverone, del “terremoto” provocato dal presidente rimane ben poco.

Prima di tutto, non per importanza, il provvedimento entrerà in vigore dal primo gennaio dell'anno prossimo ed funzionerà a pieno regime, come si usa dire, nell'arco di tre anni. In secondo luogo, riguarderà i neoassunti e, forse (o probabilmente: le fonti consultate non sembrano unanimi) i rinnovi contrattuali. Terzo, ma primo per rilevanza, l'innalzamento del minimo salariale riguarderà solo le aziende appaltatrici delle agenzie federali (il governo), che svolgono servizi di ogni genere. Non è finita qui: dei circa due milioni di lavoratori potenzialmente coinvolti, solamente una piccola parte – c'è chi dice minima – potrà godere dell'aumento. Per dirla terra terra, il cuoco Obama di fumo ne ha fatto molto, per coprire un arrosto davvero striminzito, che di certo non congestionerà l'apparato digerente dei lavoratori “beneficiati”. Allora, per ritornare ai nostri eventuali critici riformisti, non siamo noi comunisti a sperare in un peggioramento delle condizioni di vita proletarie (le nostre comprese, va da sé), quale preludio automatico alla rivoluzione – un meccanicismo stupido che non ci appartiene – è il capitale, sono i meccanismi del processo di accumulazione che causano inevitabilmente un progressivo degrado nell'esistenza del proletariato e di altri settori sociali ad esso vicini (ricordiamo, a titolo d'esempio, che in USA ci sono quasi cinquanta milioni di poveri ufficiali). Noi ci limitiamo – per così dire – a prendere atto dell'inevitabilità del processo, che è indipendente dalle più o meno buone intenzioni dei “riformatori” (come di chiunque altro, a dire il vero) e a rilevare che la crisi è sì la condizione necessaria, ma non sufficiente, perché la classe proletaria si possa mobilitare in massa sul fronte anticapitalistico. Se Obama avesse voluto davvero rinverdire i fasti del riformismo, avrebbe dovuto estendere la sua “ordinanza” a quei trentacinque milioni (almeno) del settore privato il cui salario oscilla intorno al minimo, il che, per ovvi e diversi motivi, si è ben guardato dal fare; tra l'altro, anche le altre riforme annunciate, come quella sanitaria, sono rimaste quasi sulla carta. Oggi, cioè da decenni, il salario basso - il suo abbassamento al di sotto del valore della forza-lavoro – è uno presupposti base del processo di accumulazione capitalistico, a cui il capitale non può rinunciare, almeno fino a quando non si ristabiliranno le condizioni per il rilancio generalizzato dell'accumulazione medesima (guerra, innovazioni tecnologiche rivoluzionarie, gigantesca svalutazione degli elementi costituenti del capitale, magari combinate assieme). Giusto un accenno veloce, per non ripeterci troppo, ma la cosiddetta “reindustrializzazione” americana si basa su paghe operaie dimezzate e zero “diritti” sindacali (1); la gran parte della nuova occupazione è generata nel settore dei servizi, dove, per l'appunto, dominano salari da sopravvivenza, per non dire da fame, dove, insomma, il salario minimo, e persino più basso, è la regola. Basta vedere com'è cambiata, nei decenni, la composizione anagrafica (e non solo) dei percettori di “low-wages”, cioè di bassi salari e/o paga minima. Nel 1979 il 26% di essi era dato da giovanissimi (16 – 19 anni), nel 2011 questi sono calati al 12%. Nello stesso arco di tempo, tutte le altre classi di età, e in particolare quella dai 35 ai 64 ani, sono aumentate: quest'ultima, dal 30,8% al 38,1%. In breve, il salario basso riguarda sempre meno “lavoretti” per teenagers, ma lavori veri e propri svolti da chi deve mantenere se stesso e una famiglia.

Naturalmente, anche la composizione etnica è mutata: i bianchi sono calati dal 77,5 al 56,9% (2), i neri aumentati dal 13,4 al 14,3%, e i “latinos” dal 6,7 al 23,2%. La forte immigrazione dall'America Latina ha ovviamente inciso sulla composizione del proletariato statunitense, il che non sfugge all'occhio smagato di Obama; per due motivi. Primo, tra il 2012 e il 2013, i lavoratori delle catene di ristorazione veloce (fast-food) hanno dato vita a grandi scioperi per un aumento significativo del salario, collocato, in genere, attorno al livello minimo; ad essi si sono aggiunti i lavoratori delle ditte appaltatrici dello stato (inservienti nelle basi militari, confezionatori delle divise ecc.), con lo stesso obiettivo. Va da sé che gran parte di questi segmenti di classe sono costituiti da proletari immigrati latinos.

Secondo, alla fine dell'anno ci saranno le elezioni di mid-term (medio termine) con le quali verrà rinnovato una parte del Congresso: quale migliore specchietto per le allodole verso una quota crescente di elettorato (i latinoamericani, appunto), di un provvedimento “sociale” che strizza l'occhio alle lotte degli ultimi mesi, ai suoi protagonisti in gran parte “latini”? Se il giochetto riuscisse, il presidente, al posto di alati discorsi, potrebbe limitarsi a un più concreto motto: tanta resa, poca spesa (ma non per il proletariato, naturalmente).

CB

(1) Nella sostanza, è ciò che fecero i fascismi storici, ma stavolta viene fatto con gli strumenti della democrazia borghese e, a volte, col consenso, diciamo così, dei lavoratori. Ci riferiamo, a titolo d'esempio, ai “democratici” referendum tenuti negli stabilimenti Fiat o a quello indetto nella fabbrica Volkswagen di Chattanooga, Tennessee, col quale gli operai, in seguito a una terroristica campagna mediatica diretta dai repubblicani, hanno respinto l'adesione al sindacato dell'auto UWA. Non che l'UWA sia un cavaliere intrepido della lotta di classe, com'è noto, ma ai padroni persino questo sembra troppo estremista...

(2) Non sapremmo dire, però, si si tratti di un calo assoluto o relativo all'aumento di altri settori di popolazione. Contemporaneamente, è aumentata anche la scolarizzazione dei “low-wagers” (più diplomati ecc.) così come il numero dei maschi rispetto alle femmine. I dati sono tratti da una tabella collegata all''articolo di Martino Mazzonis pubblicato su pagina99.it , del 28 gennaio 2014, Obama aumenta il salario minimo per i dipendenti pubblici.

Giovedì, February 27, 2014