Prosegue coraggiosa la lotta Ast, prosegue la squallida farsa sindacale

Quale il nostro indirizzo ai lavoratori? Quale il compito delle avanguardie di classe?

Mentre prosegue compatta la lotta degli operai delle acciaierie AST di Terni, prosegue la vergognosa farsa di un'azione sindacale (capitanata da Fiom-Cgil) che, dopo il selvaggio pestaggio a manganellate, non solo tenta di ricondurre i lavoratori nei ranghi ben recintati delle consultazioni e delle concertazioni ai tavoli di trattativa - e dunque dell'illusione che lo Stato dei padroni (ancora una volta spacciato per entità neutrale) possa giungere in loro soccorso - ma in più si inginocchia al ricatto padronale sul pagamento degli stipendi, "concesso" dall'azienda (come se di concessione si trattasse) solo in caso di rientro dello sciopero ad oltranza che prosegue dal 22 ottobre bloccando l'intera produzione (senza che i lavoratori intendano riprendere a produrre senza ottenere garanzie).

Il tutto decretando, per bocca di Landini e tra le contestazioni di tanti, il rientro, parrebbe temporaneo, di 150 lavoratori amministrativi perchè svolgano le procedure necessarie allo sblocco dei pagamenti dei salari dovuti. Un vergognoso piegarsi (l'ennesimo!) al ricatto padronale!

Vergognoso - ma la cosa non ci sorprende - tanto quanto indire uno sciopero generale "di categoria" (solo il reparto metalmeccanico), e per di più frantumato su due appuntamenti separati di mobilitazione (14 novembre a Milano, 21 novembre a Napoli), dopo tanto urlare e blaterare addirittura di ... occupazione delle fabbriche.

Il tutto avviene mentre ai lavoratori Ast, compatti in protesta a Roma il 6 novembre davanti al MISE (Ministero dello sviluppo Economico) ancora speranzosi di poter ottenere "concrete risposte" (?!) circa la messa in mobilità di 537 di loro, si uniscono i lavoratori dell'indotto. Si tratta degli operai dell'HARSCO (ILSERV), più di 200 lavoratori che rischiano il licenziamento perche' l'Ast, che ha deciso di ridurre la produzione nonostante le commesse, ha minacciato la revoca dell'appalto, il che comporterà per essi il conseguente ridimensionamento di molti reparti produttivi. Altre le aziende dell'indotto che sono a rischio licenziamenti: Pallotta SpA, la TCMC, la MMC srl e molte altre ditte che gestiscono attività essenziali per l’Ast, alle quali è stata imposta una decurtazione del costo degli appalti del 20%. Migliaia di lavoratori e di loro famiglie si affacciano ormai sul baratro della non sopravvivenza.

E così, di rimando in rimando, i famigerati "tavoli di trattativa" si susseguono e si rinviano - nel disperato tentativo di prender tempo per fiaccare la resistenza dei lavoratori e mantenerli divisi e ancor più ricattabili - senza alcun riscontro nè esito per il destino di centinaia e centinaia di lavoratori (1).

La compattezza e determinazione finora tenute dal fronte dei lavoratori – malgrado l’enorme pressione del ricatto subìto da padronato e sindacati - e la solidarietà ricevuta sono un buon inizio e un incoraggiante segnale di determinazione nella lotta. Ma da sole non bastano: le illusioni sono ancora tante e il rischio è che, come i loro colleghi tranvieri di Genova all'inizio di quest'anno, le briglie sindacali possano ancora una volta continuare a stringere i lavoratori nella morsa degli angusti, quanto inconsistenti e illusori, recinti della contrattazione; fra l'altro "delegata" alle loro false e ipocrite 'rappresentanze sindacali', e non condotta in prima persona. Concertazione sindacale che, oltre che indebolirli, non ha loro più nulla da offrire o concedere, se non le misere e temporanee briciole di una cassa integrazione o, al più, di “contratti di solidarietà”: lavorare tutti, a turnazione, a salario ridotto, ovvero lavorare meno per guadagnare meno! Oggi è questo il contentino per tenerli buoni, ubbidienti e schiavi, in attesa domani di un bel licenziamento in tronco, magari per delocalizzazione.

Ogni giorno tocca a qualcuno, ma ancora si ha paura di prendere atto, da parte dei lavoratori, che solo la loro unione, solidarietà ed intransigenza nella lotta e nell'organizzazione autonoma e protagonista delle loro decisioni di lotta (fuori e contro le maglie sindacali) è il fondamento di una loro reale forza d'urto. Ciò non significa “vittoria” certa - non vogliamo diffondere anche noi illusioni - ma significa almeno percorrere la strada della lotta vera e aperta contro i padroni, significa mettere in campo una arma non spuntata dalle solite dinamiche sindacali.

Alla loro direzione, tra qualche plauso e qualche ancora sparuta contestazione, restano ancora, purtroppo, i sindacati che da e per decenni hanno sottoscritto col padronato - e con lo Stato che ne rappresenta e difende gli interessi - i peggiori accordi nazionali e aziendali al ribasso, avallato le leggi sulla precarizzazione e i tagli a welfare e pensioni, svuotato di fatto anche le già limitate tutele dello Statuto dei lavoratori. Il tutto farseggiando ridicole proteste, indicendo sciopericchi di qualche ora, proclamati mesi prima, o manifestazioni-passeggiata nei fine settimana (l'ultimo il 25 ottobre scorso), che ben sapevano essere assolutamente incapaci non solo di fermare questo massacro sociale, ma anche di minimamente intaccare l'andamento di buoni affari dei padroni (nessun serio e continuativo blocco della produzione).

In più mantenendo sempre divise le varie categorie di lavoratori (divide et impera!) nelle iniziative di mobilitazione, accettando anche che la contrattazione di secondo livello sopprimesse quella nazionale, costringendo così centinaia e centinaia di vertenze dentro i cancelli delle singole aziende, così che il rapporto di forza tra lavoratori e padroni ne risultasse maggiormente indebolito a tutto vantaggio dei secondi.

Il tutto invece di chiamare i lavoratori ad una reale mobilitazione unitaria per fermare la produzione e la distribuzione per costringere il padronato a cedere, magari fra qualche tremore, anche fosse l'ennesima briciola sempre – peraltro - facilmente neutralizzabile.

Tutto questo è avvenuto e avviene da decenni e decenni* (2). E oggi quegli stessi "paladini" che per anni hanno avallato e consentito tutto questo - cosa che rientra appieno nel loro stesso ruolo di stampelle del sistema e dei padroni coi quali contrattano e si accordano su tutto alle nostre spalle - vengono ipocritamente a piagnucolarci di … articolo 18, che mai da solo ha garantito completamente i lavoratori dai licenziamenti, dall'arroganza padronale e dai ripetuti attacchi ai loro salari, alle pensioni, alle loro condizioni di vita e di lavoro; che mai li ha tutelati dalla precarizzazione, dalla disoccupazione, dal ricatto occupazionale con cui li si è costretti ad accettare di tutto: dal blocco delle rivalutazioni salariali per anzianità e inflazione (fine della scala mobile) fino a ritmi di lavoro sempre più massacranti in nome della famigerata 'sacra produttività', andata tutta a vantaggio dei profitti dei padroni.

Tutto ciò assieme a colossali incentivi d'ogni tipo per miliardi di euro (dalla rottamazione al resto), e ancora: finanziamenti a tasso perduto o agevolati, sgravi e agevolazioni fiscali, contributi e sovvenzioni per miliardi erogati dallo Stato per quelle ristrutturazioni e automazioni dei processi produttivi che hanno reso superfluo per il capitale il lavoro di migliaia di noi. Oltre ai miliardi erogati per la cassa integrazione (anticamera del licenziamento) e per la presa in carico da parte dello Stato (ossia di tutti noi proletari che paghiamo le tasse) di parte dei nostri contributi previdenziali, di cui i padroni sono stati così sgravati. Insomma: tutto ciò che lo Stato ha trasferito ai padroni ingigantendo nei decenni quel colossale debito pubblico i cui interessi oggi siamo noi lavoratori ad essere chiamati a pagare. Adesso che 'soldi non ce ne sono più' (ma solo per noi, s'intende...) a pagare - con tagli ai servizi essenziali e tasse su tasse, con precarizzazione e ipersfruttamento per chi lavora e disoccupazione dilagante per gli altri - siamo sempre noi lavoratori.

Il nostro indirizzo ai lavoratori

Non possiamo dunque che indirizzare i lavoratori nel senso della lotta intransigente, ma soprattutto dell'autonomia organizzativa rispetto a partiti istituzionali e sindacati, dell'unione e del coordinamento delle loro iniziative di lotta, oltre che dell'intransigenza verso i padroni, le loro 'compatibilità' e i loro ricatti e piagnucolii sul 'bene comune', coscienti come siamo che i rispettivi interessi (di classe contro classe) non sono affatto "conciliabili" come vogliono farci credere.

I lavoratori diano vita a propri organismi assembleari autonomi di lotta e, soprattutto, si liberino delle illusioni e dei loro bugiardi e ipocriti rappresentanti sindacali di categoria, per ritrovare la loro unità e solidarietà di classe al di là dei ristretti confini della loro azienda, e per prendere nelle loro mani il proprio destino e le proprie decisioni e iniziative di lotta. Perchè solo l'unione, il protagonismo e l'intransigenza di lottare per cercare di non piegarsi ad un ricatto che prelude comunque al peggioramento delle proprie condizioni di vita e di lavoro, solo essi fanno la forza. Una intransigenza che significa prima di tutto assumere iniziative che realmente danneggino i padroni nel loro bene più caro, il loro profitto. Come? Bloccando la produzione e la distribuzione delle merci, bloccando i servizi, occupando e presidiando i luoghi di lavoro e non semplicemente “le piazze”.

Perché il problema non è affatto “lavorare” a qualunque costo pur di salvare il proprio posto di lavoro (anche gli schiavi lavoravano…), magari sacrificando qualche collega in meno, ma: come lavorare, in che condizioni, per quale salario.

Quale il compito delle avanguardie di classe?

Riguardo al ruolo delle avanguardie politiche la questione chiave, per noi, non è soltanto l’intervenire (dato scontato) ma come intervenire: accodarsi alle lotte oppure cercare di indirizzarle politicamente. Ossia: fermarsi all’appoggio delle lotte su un piano contingente e puramente difensivo-rivendicativo o condurre i lavoratori a collocarsi su un piano politico, iniziando dalle soggettività più combattive?

Alle avanguardie che queste lotte sono, oggi, chiamate a supportare e, domani, a dirigere, spetta intanto e prioritariamente – a nostro avviso - il compito di sciogliere quei nodi politici indispensabili per riuscire a legare, in un'ottica classista e non corporativa, le parziali lotte economiche di difesa dei lavoratori ad una prospettiva di alternativa possibile a questo sistema e, dunque, ad una strategia politica complessiva: quella del necessario superamento del sistema (capitalistico) del lavoro salariato. Superamento in forza del quale soltanto è possibile eliminare una volta per tutte l'altrimenti insanabile contrasto di interessi tra chi lavora e produce e chi si appropria della ricchezza prodotta trasformandola in merce da rivendere, ma solo in cambio di un guadagno per sé.

Non si tratta quindi solo di sostenere, coordinare, “spingere” e di "alimentare" le lotte a diffondersi e compattarsi sul piano della mera radicalizzazione rivendicativa. Questo non basta, pur restando importante. Le lotte sono infatti importanti occasioni nelle quali veicolare tra i lavoratori la coscienza del loro ruolo e il senso dell’alternativa di cui sopra, che è solo nel loro potere rendere concreta.

Questo - e non l' accodarsi passivo alle lotte o persino il farcirle di "radicali" rivendicazioni economiche impossibili e illusorie entro l'orizzonte di questo sistema - è il reale compito delle avanguardie politiche di classe.

Il resto è solo vuoto attivismo, un "fare per il fare e pur di fare", un muoversi senza strategia politica, senza un programma; un tatticismo e un volontarismo privi di sbocco politico destinati per ciò stesso a prossime cocenti delusioni, da un lato, e che si traduce, dall'altro lato e nei fatti, nell'ennesimo freno e ostacolo al protagonismo dei lavoratori e al loro avanzare sul piano di una efficace e combattiva coscienza politica di classe nella direzione del superamento del capitalismo e della sua concretissima alternativa comunista. Un volontarismo sterile e codista insomma, che spesso - non sappiamo quanto ingenuamente - addirittura quasi pretende, tante troppe volte, di poter surrogare l'assenza o la debolezza del movimento "di classe" semplicemente amplificando - talvolta all'inverosimile - la portata e il significato di iniziative di mobilitazione prevalentemente 'd'apparato' (cioè a prevalente presenza di funzionari sindacali e loro seguito, nonché di anche consistenti frange "antagoniste", il più delle volte però del tutto slegate dai timidi e reali primi movimenti reattivi di porzioni della classe sul piano difensivo), ingigantendo nei numeri e nei contenuti la reale consistenza di una mobilitazione ahinoi ancora troppo debole e priva di connotati chiaramente di classe.

Tale tipo di intervento si limita, ancora una volta, ad agire sul mero piano dell’appoggio "pragmatico" delle lotte in sé, il più delle volte limitandosi a semplicemente farcirle di rivendicazioni economiche 'radicali' quanto artificiose, velleitarie e impossibili nel quadro capitalistico. Ciò sarà di certo, per tanti, fonte di un “gasante” ottimismo il quale però, da un lato non serve ai lavoratori, dall’altro resta incapace di dare una precisa direzione politica a quei primi, ancora timidi e scoordinati, risvegli o rigurgiti di porzioni ancora molto ristrette della classe. Quasi che la lotta di classe fosse tale e “combattiva” solo per il fatto che i lavoratori inizino ad “agitarsi” o magari si ritrovino compatti a sfilare in piazza, incatenati alle peggiori illusioni, o magari ad assistere anche ai “gesti eroici” di qualche spezzone di corteo dall’energia, diciamo così… più prorompente.

Ecco perchè da sempre sosteniamo che compito prioritario delle avanguardie dovrebbe essere piuttosto – accanto al sostegno delle lotte e all’intervento in esse con le finalità politiche di cui sopra - l'impegno costante nella costruzione, nel rafforzamento e nel radicamento del partito internazionale rivoluzionario di classe, unico capace domani di contribuire ad operare e far compiere alla lotta quell'indispensabile "salto di qualità": da meramente difensiva e rivendicativa a politica! E dunque aiutare gli stessi lavoratori, o almeno la loro parte più cosciente e combattiva, ad acquisire coscienza di questa necessità.

Ovvio però che per far questo, occorre che siano per prime tali aspiranti avanguardie a dover acquisire consapevolezza di questa imprescindibile e improrogabile necessità. A noi il compito prioritario di contribuire a che questo avvenga, stimolando i lavoratori più combattivi e i giovani compagni verso la maturazione della coscienza rivoluzionaria.

Una risposta al nostro presunto astrattismo

E per chi ci rimprovera pregiudizialmente di essere 'eccessivamente astratti', rispondiamo volentieri alla domanda: in cosa, nel concreto, si traduce cio' che intendiamo per intervento "politico"?

  • Sosteniamo le lotte dei lavoratori ma indichiamo, con le giuste forme, il limite della stessa lotta rivendicativa. Evidenziando sempre, in ogni occasione, l'insanabilità delle contraddizioni capitalistiche e la loro irrisolvibilità se si rimane all'interno dei suoi confini e l'incompatibilità tra i contrapposti interessi di classe, e dunque ribadendo l'impossibilità di raggiungere e mantenere, nel capitalismo, condizioni di miglioramento definitivo, ossia consolidato e duraturo, per i lavoratori proprio in virtù del suoi stessi meccanismi di funzionamento (dunque ogni conquista o concessione anche raggiunta nell'immediato viene sempre vanificata nel medio-lungo periodo).
  • Ancora: denunciamo costantemente i limiti invalicabili del capitalismo, i caratteri del suo perenne e sempre più feroce sfruttamento e tutti gli aspetti della sua bestiale violenza, e dunque l'illusorietà di qualsivoglia soluzione riformistica (anche quando tinteggiata di rosso "radicalismo" o di demagogico populismo grillino) o genericamente contrattualistica sulla base dell'esperienza secolare sin qui avuta (e non di nostre mere supposizioni).
  • Riproponiamo a chiare lettere una visione classista del conflitto sociale e denunciamo la reale natura e funzione dello Stato come garante massimo degli interessi della classe dominante; non perdendo occasione per demolire la persistente idolatria dello Stato "neutrale" o "super partes" che tante illusioni alimenta ancora nella classe, e ribadendo l'impossibilità di servirsene in alcun modo e semplicemente conquistandone la direzione per via "democratica" e graduale.
  • Denunciamo il ruolo dei sindacati come parte integrante del sistema e suoi tutori (nessuna prospettiva di superamento del sistema ha mai fatto parte del loro bagaglio politico, teorico e pratico), insistendo sempre proprio sulla necessità del superamento del sistema e rilanciando l'indicazione della possibilità concretissima di sua unica radicale alternativa nel vero socialismo; storicità e non "inevitabilità" del capitalismo, cui rassegnarsi impotenti, così come delle precedenti forme di produzione e distribuzione succedutesi nella storia.
  • Rilanciamo con forza la necessità, per i lavoratori, di darsi un'organizzazione e uno strumento di lotta politica nel partito rivoluzionario di classe, concepito come "avanguardia della classe stessa nella classe", ovvero la sua parte cosciente circa gli obiettivi storici di liberazione dallo sfruttamento della società di classe.

Ci pare tutto tranne che ... "astrattismo".

PF

(1) Apprendiamo in corso di stesura del presente brano che, ancora una volta, la neanche più sorprendente “scelta” sindacale Fiom è stata - nel caso della vertenza in corso alla TITAN di Bologna - quella di giungere a patti col padronato dell’azienda per la riduzione del numero dei licenziamenti, la chiusura di uno dei due stabilimenti e la sottoposizione ai lavoratori dell’accordo già firmato – dunque a giochi ormai fatti! – tramite l’ennesima farsa di una consultazione referendaria ex post, appena conclusasi con l’approvazione-ratifica “sotto ricatto” del tutto da parte dei lavoratori stessi (111 voti favorevoli, 58 contrari). Analoga "sorte" sarà riservata dal sindacato ai lavoratori AST di Terni?! In attesa di visionare l’accordo raggiunto, ci riserviamo di valutare più nel dettaglio e di commentare, in un successivo articolo, l’esito ancora una volta disastroso dell’intera vicenda e della sua gestione da parte del sindacato.

(2) Rimandiamo a "Resoconto dei pluri-decennali “successi” del sindacalismo: una lunga, lunghissima, vecchia storia",

A quei "nodi politici da sciogliere", per noi centralissimi, abbiamo dedicato qualche ulteriore breve riflessione.

leftcom.org

Rinviamo anche a:

  • Riflessioni sulle lotte attuali e l’intervento politico - leftcom.org
  • Quale alternativa al sindacalismo? - leftcom.org
  • Lavoratori di tutto il mondo: unitevi! (il nostro volantino per il 25 ottobre 2014) - leftcom.org
Venerdì, November 21, 2014