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Home ›Considerazioni a margine del corteo antifascista del 28 febbraio
L'antifascismo unico contenuto e collante di un movimento senza prospettiva.
Bella festa in piazza. Tanta gente di tutte l'età e colori. E' bello che ci sia tutta questa gioia ai cortei, ma allo stesso tempo ci chiediamo cosa ci sia da festeggiare quando, da un lato, abbiamo le conseguenze devastanti di una crisi economica mai vista, che si trasformano in politiche nazionali (in questo caso del PD di Renzi) e internazionali di attacco al salario nelle sue varie componenti (diretto indiretto e differito), rendendo la precarietà unica forma del rapporto di lavoro, per agevolare i licenziamenti e abbassare i livelli salariali, il tutto aumentando la disoccupazione. Dall'altro lato, come conseguenza diretta di tale situazione economica e sociale, abbiamo il diffondersi del peggior veleno ideologico tra le nostre fila, le fila dei lavoratori, ovvero quello del razzismo e del nazionalismo, con cui i fascio-leghisti di Salvini (Lega- Fratelli d'Italia-Casapound) intossicano i disgraziati, fomentando la guerra tra gli ultimi, i diseredati e gli sfruttati, a vantaggio dei primi, gli sfruttatori.
Assolutamente giusto il tentativo di arginare chi questa monnezza ideologica vuole diffondere, cavalcando le conseguenze sociali della crisi del sistema non per superarlo, ma, al contrario, per difenderlo, minando l'unità di quell'unica forza che può rovesciarlo: l'unità di classe degli sfruttati, a prescindere dalle differenze nazionali, linguistiche di sesso ecc..
Qui sta un primo punto politico: non evidenziare il ruolo di classe del fascismo e dei movimenti affini (la Lega, appunto) significa non comprenderne il ruolo e la pericolosità. E ancora più gravemente significa non capire quali forze siano in campo e di conseguenza non avere la capacità di proporre un progetto politico all’altezza dei tempi.
Non a caso, l'unico contenuto politico espresso dalla piazza è stato l'antifascismo, un antifascismo declinato in senso democratico, con richiami alla Roma medaglia d'oro della Resistenza, al moto partigiano, con un evidente retrogusto stalinista. A questo proposito, non è un caso che l'antifascismo sia stato dagli anni '30 il cavallo di battaglia del'imperialismo sovietico e dei partiti ad esso legati. Infatti, in Russia, dopo la rivoluzione del 1917, dal 1921, a causa dell'accerchiamento politico e dell'arretratezza economica, si sviluppa il capitalismo di stato - non il socialismo - effetto e causa allo stesso tempo della sconfitta del processo rivoluzionario e della degenerazione del partito bolscevico. Si tratta, quindi, di un antifascismo espressione politica del processo controrivoluzionario che investì il paese che vide la rivoluzione proletaria, la Russia, per ricadere a cascata sull'Internazionale Comunista e i suoi partiti. Non si doveva più propagandare l'alternativa rivoluzionaria per il comunismo, ma portare avanti la politica del fronte unico con le forze riformiste, persino dichiaratamente borghesi, per costituire governi democratici che non fossero ostili al governo di Mosca, e la parola d'ordine dell'antifascismo era ideale per questo scopo.
Alla luce di ciò, risulta evidente di come queste posizioni politiche siano diretta espressione della controrivoluzione e dell'opportunismo. Quello stesso opportunismo che affermava, e afferma tutt'ora, la prioritaria necessità di difendere la democrazia (borghese) prima di lottare per il socialismo.
Noi Internazionalisti la pensiamo diversamente. Riteniamo che fascismo e democrazia siano due facce della stessa medaglia, certamente diverse, per quanto riguarda le possibilità concrete di agibilità politica e organizzazione legale (più o meno larghe, in regime democratico borghese), ma pur sempre espressioni della dittatura di classe dei padroni sui lavoratori.
Questa riflessione/analisi non emerge dai contenuti del corteo, anzi.
"Mai con i Salvini! Roma è meticcia e antifascista"... Ma il progetto politico dov'è? Qual è la prospettiva delle nostre lotte? Può esaurirsi tutto qui?
Il "movimento" è privo di una prospettiva di ampio respiro; ogni momento politico vive di vita propria, avulso da una progettualità che non sia elettorale o di bottega. Il fatto di non avere un proprio programma politico con proprie finalità riduce il “movimento” a identificarsi non con ciò che ripropone e propone, ma nella contrapposizione a qualcos'altro: in questo caso ai fascisti. Il "movimento" non è per qualcosa, ma contro qualcosa: il movimento è antifascista.
Eppure storicamente quelli "anti" non erano i compagni ma proprio i fascisti. Negli anni '20, quando i moti proletari minacciavano il potere costituito, i borghesi organizzarono il loro braccio armato: le squadracce, una forma organizzata dal contenuto ideologico confuso, tranne che per l'odio antiproletario e per l'uso delle mazze, gruppi di picchiatori che poi successivamente si dettero dei contenuti politici più definiti, ma sempre antiproletari. Storicamente sono i fascisti ad essere "anti". Ma "anti" che? Anticomunisti! Poiché i comunisti sono gli unici a mettere in discussione questo sistema: dalle sue fondamenta economico-sociali, alle sue istituzioni politiche sino alle suoi risvolti "culturali".
I fascisti, oggi, sono prima di tutto un problema di agibilità e successivamente un problema politico. Solo con le armi della critica e della prospettiva rivoluzionaria possiamo combatterli. Solo opponendo la nostra proposta politica rivoluzionaria alla loro politica ultrareazionaria potremo fare chiarezza e costruire un’alternativa, e allo stesso tempo porre un argine alla diffusione tra le masse di certa spazzatura ideologica.
Del resto i fascisti ci saranno finché esisterà un sistema sociale, il capitalismo, che se ne servirà alimentandone l'esistenza.
Solo spazzando via il capitalismo e la sua barbarie potremo liberarci di tutta quella merda ideologica (razzismo, sessismo, omofobia, nazionalismo) che quegli infami diffondono tra noi.
Il punto è questo.
O inseriamo ogni singola battaglia, dalle lotte sul lavoro a quella per la casa, da quelle contro le carceri e i CIE a quelle ambientali, ma anche quella al fascismo, all'interno della battaglia più generale contro questo sistema, per un mondo di liberi e di uguali in armonia con la natura, per il socialismo, quale unica alternativa alla barbarie odierna, oppure non faremo che illuderci e illudere che il capitalismo è migliorabile e che certa merda sia cancellabile anche oggi.
Oggi è più che mai necessario propagandare la necessità del socialismo, una società senza classi né frontiere, né guerre né carceri, né fascisti né polizia, ed è all'interno di questa prospettiva, ma solo al suo interno, che si deve lottare contro tutte le manifestazioni, da quelle politiche a quelle "fisico-muscolari", della barbarie capitalista. Giusto opporci alle limitazioni alle nostre possibilità di propaganda e diffusione: che vengano da parte democratico-borghese o fascista non cambia. Ma queste forze che tentano di limitarci vanno intese non come il nemico da abbattere, bensì come mezzi di cui il nemico si serve per frenarci. Conoscere il nemico è indispensabile al fine di sconfiggerlo. I fascisti non sono il nemico, ma strumento del nemico! e come tali vanno trattati.
Propagandare la possibilità della rivoluzione e la necessità del socialismo: ecco il compito dei rivoluzionari, in qualsiasi occasione e frangente, per alimentare l'alternativa rivoluzionaria e allo stesso tempo opporci alla reazione fascista, comunque essa si presenti, compresa la variante legaiola-nazionalista. Ma per metterlo in pratica urge costruire e rafforzare quell'organizzazione che di quel programma per il comunismo si fa portatrice: il partito di classe, ancora tutto da costruire, ma di cui crediamo di poter essere delle ottime fondamenta per la sua edificazione.
JBBattaglia Comunista #04
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