Veloci considerazioni sui recenti fatti di Berlino

Attraverso l'agenzia Amaq l'ISIS ha rivendicato l'attentato di Berlino. La polizia è ancora alla ricerca del (dei) responsabili [oggi, 24-12-'16, diciamo dell'eventuale rete di complicità]. Comunque siano andate le cose resta lo scenario di guerra e di terrore che da anni attraversa, devastandola, la società capitalistica in crisi di profitti e di identità politica.

Raddoppiate i vostri sforzi, colpite i crociati: americani, europei, traditori turchi, comunisti russi, tiranni arabi.

Questo è quanto dichiara l'ultimo messaggio trasmesso da Radio Mossul circa due settimane fa, prima che Aleppo, com'era nelle previsioni, cadesse nelle mani delle milizie di Assad, sotto i colpi dei bombardamenti russi. E' stata una sorta di ultima, disperata “chiamata alle armi” alle cellule dormienti in Occidente come ultimo sacrificio in favore del Califfato. Il portavoce dell'Isis aveva anche indicato le modalità con cui organizzare gli attacchi, minacciando: “Vi ricorderete di queste parole”, e così è stato.

La prima domanda è: ma quanto male ha fatto l'imperialismo occidentale ai nazionalismi arabi per sollevare un odio così intenso? Tanto. Solo dal 2003 - 2011, per non andare eccessivamente a ritroso, Usa, Inghilterra e Francia hanno martoriato la Libia, la Siria, l'Iraq. Con la scusa di esportare la democrazia hanno tentato di scardinare i vecchi equilibri dittatoriali per esercitare il potere irrinunciabile dei loro interessi economici ed energetici, sconvolgendo intere popolazioni, favorendo sanguinose guerre civili, creando centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi che, nella disperazione più totale, tentano di fuggire per trovare riparo nei paesi che sono stati la causa della loro disperazione.

La seconda è: da dove nasce l'ISIS e che cosa rappresenta nello scenario Medio orientale? L'ISIS nasce come risposta all'invasione americana dell'Iraq nel 2003. E' la risposta sunnita nazionalista ai governi filo occidentali di stampo sciita. Lo stesso imperialismo che involontariamente l'ha fatta nascere l'ha poi usata, finanziata e armata all'interno di uno scontro imperialistico in Siria (Usa- Russia, ma non solo) per poi abbandonarla e combatterla quando la sua presenza è stata ritenuta strumentalmente inopportuna, politicamente ingombrante e strategicamente negativa.

La terza: perché così tanti attacchi contro l'occidente proprio adesso, come ad Ankara - l'uccisione del console russo - a Berlino, a Zurigo e pochi giorni fa in Giordania? La risposta è negli eventi bellici. L'asse russo-turco-iraniano, proprio oggi a consulto, sembra aver in mano la situazione contro l'asse Usa - A. Saudita & Company (non tragga in inganno la stranezza e contraddittorietà delle due coalizioni, perché entrambe rispondono ad alleanze strumentali, a tempo determinato, e possono cambiare ad ogni momento, come peraltro già successo). La Russia combatte l'ISIS per avere la scusa di annientare tutti gli oppositori del suo alleato Assad; la Turchia, dopo una serie infinita di capriole, si sta mettendo d'accordo con la Russia per il ripristino del lucroso progetto del Turkish Stream e per entrare in possesso (controllo) dell'area curda-siriana ai suoi confini di sud-est. L'Iran coglie l'opportunità di esercitare la sua influenza religiosa, in realtà politica e quindi economico-petrolifera, nell'area che va dai confini con l'Iraq alle sponde del Mediterraneo, usufruendo di una spalla sciita che è quella degli Hezbollah libanesi. Tutti contro l'ISIS, ma ognuno per i propri interessi che per essere realizzati devono per forza di cose togliere di mezzo l'incomodo ostacolo che molti di essi hanno contribuito a creare. E siamo agli sgoccioli: il progetto di Al Baghdadi di creare il nuovo Califfato sta naufragando, in questo ultimo anno ha perso i tre quarti dei territori conquistati, delle sue città roccaforte è rimasta solo Raqqa che, peraltro, sta per essere riconquistata. In questo quadro di sconfitta si collocano gli episodi di terrorismo di questi giorni. In Giordania per punire la monarchia degli Hussein che si è schierata a favore della Coalizione voluta dagli Usa. A Zurigo, sempre che l'episodio in questione venga confermato come terroristico a matrice islamista, saremmo in presenza di un atto contro una delle centrali del capitale finanziario occidentale. L'uccisione ad Ankara dell'ambasciatore russo suona come la vendetta di un “personaggio” isolato, islamista e “lupo solitario” o mandato da Gulen (presunto organizzatore del fallito golpe in Turchia), ipotesi che non hanno grande importanza; la rilevanza sta nel fatto che ad essere colpiti sono i nemici dell'ISIS, la Russia in particolare, colpevole di aver bombardato l'opposizione jihadista in Siria e di aver conquistato la roccaforte di Aleppo in favore dello sciita Assad, nemico giurato di al Baghdadi. I fatti di Berlino si potrebbero configurare come l'ennesima punizione a una nazione europea, appartenente al blocco occidentale che, pur non in prima linea nella lotta al jihadismo, fa parte della Coalizione voluta dagli Usa e si è “aperta” alla politica dell'accoglienza dei profughi che, nella mentalità dei seguaci del Califfo nero, si configura come l'aiuto a chi scappa dalle responsabilità del buon musulmano che deve combattere per la realizzazione del Califfato. In altri termini, saremmo in presenza di una recrudescenza degli attentati come rivalsa alla sconfitta militare e politica in atto, l'estremo tentativo di riproporsi all'attenzione internazionale, e a quella musulmano-sunnita, per dire “nonostante tutto siamo ancora vivi e in grado di continuare a combattere”.

La quarta domanda attiene alle prospettive a breve e a lungo termine. Quali saranno le conseguenze di questi attentati? La risposta è che, probabilmente, ce ne saranno degli altri in questa tragica coda di una sorta di guerra asimmetrica. Come si riportava all'inizio dell'articolo, l'indicazione del portavoce dell'ISIS è quella di colpire con tutti i mezzi i nemici interni e quelli esterni perché anche loro cadano nell'inferno che si è creato. Non importa se a rimetterci sono i civili, vanno colpiti “i simboli dell'occidente cristiano, il suo modo di vivere e i simboli della sua decadenza”. Anatemi che lasciano sull'asfalto vittime civili che in qualche modo dovrebbero “compensare” quelle arabe, sempre civili, che in numero enormemente superiore sono rimasti sotto le bombe e le macerie di Aleppo. Ma gli anatemi che aggiungono vittime a vittime, come le ansiose preoccupazioni delle popolazioni europee colpite dagli attentati, non tengono conto del fatto che lo scontro è quello tutto interimperialistico tra due blocchi variegati politicamente, con obiettivi economici e strategici differenti, ma entrambi spinti alla guerra e ai massacri (effetti collaterali!) senza esclusione di colpi. E' la crisi del sistema capitalistico che muove le fila di questo scontro. E' il perdurare delle conseguenze della devastante crisi che mantiene vivo l'immane massacro di intere popolazioni e di ignari civili, con o senza il fantasma dell'ISIS e dei suoi mortali colpi di coda. Il che, come se non bastasse, consentirà alle destre di ogni risma, e non solo, di giocare le rispettive partite elettorali in chiave xenofoba, razzista e reazionaria, volutamente confondendo la disperata migrazione di milioni di diseredati, che loro stesse hanno contribuito a creare, con il terrorismo. Mentre sui campi di battaglia della Siria, dell'Iraq - ma potremmo aggiungere nello Yemen, in Libia e nell'Africa sub sahariana, giusto per rimanere all'interno di un'area geo-politica vicina - centinaia di migliaia di proletari, di diseredati, sono vittime dell'imperialismo occidentale e sono anche vittime delle ambizioni delle rispettive borghesie, carne da schiavo salariato in tempo di pace, carne da macello in tempo di guerra e sempre succubi agli interessi del capitale, delle sue feroci leggi, delle sue deflagranti contraddizioni, sotto qualunque amministrazione, privata o statale, laica o religiosa. Gli attentati sono la conseguenza perversa delle guerre in altri ambiti combattute, le guerre sono il frutto avvelenato delle crisi economiche, la crisi sono la “naturale” conseguenza di come si produce e si distribuisce la ricchezza all'interno di una singola nazione, tra le aree geo-economiche del mondo. Il tutto è figlio del capitalismo. E' dalla lotta a quest'ultimo che bisogna partire per tentare di rimettere in piedi un disastro sociale la cui cattiveria e ferocia non lasciano scampo, altrimenti le guerre, l'imperialismo, le crisi economiche, le “bibliche” migrazioni e gli attentati saranno destinati a moltiplicarsi e a dilatarsi nel tempo e negli spazi politici che ancora rimangono.

FD
Martedì, December 20, 2016