Invasione del Kurdistan siriano

Crisi capitalista globale, povertà, guerra: c’è bisogno di un nuovo anticapitalismo internazionalista e di classe

Volantino

L’invasione del Kurdistan siriano da parte del macellaio Erdogan, condotta con una violenza tale da far pensare ad un genocidio, è l’enne- sima dimostrazione di come gli scontri interimperialistici vengano fatti pagare innanzitutto ai proletari delle differenti aree coinvolte.

La guerra all’ISIS – in realtà finanziato dagli USA prima, come hanno appoggiato i Kurdi dopo – non è mai realmente interessata. In Siria si giocava il macro scon- tro interimperialista tra USA e Russia, con il coinvolgi- mento delle concorrenti potenze d’area Turchia, Iran, Arabia Saudita, ognuno perseguendo i propri autono- mi interessi imperialistici.

L’interesse del macellaio Erdogan è sempre stato quello di proporsi come punto di snodo per il commer- cio delle materie prime (petrolio in primis) tra Asia e Mediterraneo, appoggiandosi una volta agli USA, una volta alla Russia, in base alle convenienze del momento.

In parallelo, il pericolo interno maggiore che Erdogan ha sempre combattuto è la possibilità di una progressi- va indipendenza e rafforzamento dei curdi (PKK) che, automaticamente, rappresenterebbe un indebolimen- to della forza e dell’integrità territoriale Turca.

Così i curdi sono dapprima stati utilizzati dagli USA poi quando, dopo anni di guerra, Trump ha deciso di dislocare altrove le truppe, i curdi hanno perso il loro interesse venendo abbandonati al loro destino. Gli accordi tra Erdogan e Putin segnano il tentativo di stabi- lizzazione delle relazioni tra Russia e Turchia (Turkish Stream), mentre il via libera USA all’invasione turca aveva l’obiettivo opposto di stabilizzare la posizione della Turchia in area NATO. Nulla di risolto e tanto sangue proletario, non solo curdo, ancora da versare.

Alcune considerazioni

  1. Il motore del continuo inasprirsi delle tensioni interimperialiste e della Guerra Permanente è il medesimo che porta i governi ad attaccare il proletariato mondiale, infiammando le piazze dal Cile a Honk Hong, dall’Iraq al Sudan, dall'Argentina ad Haiti etc. ed è lo stesso che sta preparando, sotto una massa immensa di crescente debito, una nuova crisi globale. Tale motore è la crisi strutturale del capitalismo, una crisi dalla quale non si potrà uscire se non superando il capitalismo stesso.
  2. Il problema dell’anticapitalismo emerge quindi con forza, come emerge la necessità di una strategia mondiale anticapitalista che possa portare le rivolte mondiali di questi mesi dal piano della spontaneità e delle sirene nazionalistiche borghesi sempre presenti, al piano dell’attacco al capitalismo mondiale per il suo superamento, per una società comunista.
  3. Da questo punto di vista il federalismo democratico/libertario dei curdi non rappresenta un passo avanti: nessun riferimento di classe al proletariato mondiale, nessuna denuncia dei nazionalismi, nessun riferimento alla necessità di superare il capitalismo ma... il tentativo di creare uno Stato in proprio, magari con una Costituzione più avanzata: un programma assolutamente non adeguato a combattere il capitalismo, che è il vero punto all’ordine del giorno.
  4. Combattere la guerra in Kurdistan, come ovunque, deve significare denunciare prima e combattere poi il capitalismo che la origina; deve significare parlare di lotta e di identità di classe internazionale e internazionalista; deve significare lottare per la costru- zione di un partito mondiale del proletariato che possa guidare le lotte proletarie su un programma autenticamente anticapitalista, di classe, comunista. Su questi aspetti, purtroppo, l'esperienza nazionalista curda non ha molto da insegnarci.

Contro ogni massacro di civili, contro la guerra imperialista, per l’unita’ di classe internazionale, per il vero comunismo.

Venerdì, November 1, 2019

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.