La questione di Stalin

Circa vent'anni fa un rivoluzionario marxista - mi pare fosse un compagno spagnuolo che aveva partecipato alla guerra di Spagna ed era stato un protagonista dei fatti di Barcellona - fece una previsione: disse che quando Stalin fosse morto ed il suo mito crollato, per reazione dialettica tutti i comunisti sarebbero diventati trotskisti, e - facendo ciò - da un errore sarebbero caduti in un altro.

La previsione, come spesso succede, si è dimostrata allo stesso tempo vera e falsa; caduto Stalin son tutti diventati «cinesi» e così dal social-nazionalismo invece che alla rivoluzione permanente siamo arrivati al populismo. Per fortuna questo sbandamento ideologico ha i piedi di argilla e dovrebbe durare poco.

La critica di Stalin, dopo la sfuriata di Krusciov si è assopita, mentre la sua «rivalutazione» da parte dei cinesi non trova una replica ferma nel movimento operaio. Ho voluto perciò rifare un certo lavoro di ridimensionamento della figura di Stalin in modo da dare ai compagni più che un giudizio a se stante, un sistema di giudizio per valutare le figure storiche in base ai principi del materialismo dialettico.

Per svolgere bene questo lavoro partiremo da alcune enunciazioni dei fondatori del marxismo che costituiscono i metri fondamentali di misura per queste questioni, e poi analizzeremo i vari giudizi emessi su Stalin da alcuni gruppi politici di maggior rilievo.

Partiamo da «Rivoluzione e Controrivoluzione in Germania» edizione Rinascita 1948, di Carlo Marx e di Federico Engels, testo ohe deve assolutamente trovarsi nella biblioteca di ogni militante. Quanto diciamo della sconfitta dell'insurrezione del proletariato a Parigi, si applica benissimo alla sconfitta della politica della Terza Internazionale; badate che io dico «sconfitta della Terza Internazionale» e non sconfitta della Russia o dello Stato Sovietico. È importante essere chiari in simili affermazioni affinché i concetti definitivi risultino semplici ed assimilabili dal lettore.

Scrivevano Marx ed Engels:

«Il primo atto del dramma rivoluzionario sul continente europeo è finito. È difficile immaginarsi una disfatta più decisiva di quella subita su tutti i punti del fronte dal partito rivoluzionario sul continente... Sono passati da un pezzo i tempi in cui la superstizione attribuiva le rivoluzioni alla cattiva volontà di un pugno dì agitatori. Tutti sanno oggi che dappertutto dove si produce una convulsione rivoluzionaria, deve esistere alla base di essa qualche bisogno sociale che le istituzioni invecchiate impediscono di soddisfare. Questo bisogno può non farsi ancora sentire così fortemente, cosi generalmente, com'è necessario per assicurare un successo immediato, ma ogni tentativo di reprimerlo con la violenza può soltanto farlo rinascere sempre più forte, sino a che esso spezza le sue catene. Se dunque siamo stati battuti non ci resta altro da fare che ricominciare daccapo. E fortunatamente l'intervallo di calma, probabilmente molto breve, che ci è concesso tra la fine del primo e l'inizio del secondo atto del movimento, ci lascia il tempo di fare un lavoro assolutamente necessario: lo studio delle cause che resero inevitabile tanto il recente scoppio quanto la sua sconfitta, cause che non debbono essere cercate negli sforzi, nei talenti, nei difetti, negli errori o nei tradimenti occasionali di alcuni dei capi, ma nello stato sociale generale e nelle condizioni di esistenza di ognuna delle nazioni toccate da questi sconvolgimenti.»

Che i movimenti improvvisi del febbraio e marzo del 1848 non furono l'opera di individui singoli, ma furono manifestazioni spontanee, irresistibili di bisogni e di necessità nazionali più o meno chiaramente compresi, ma sentiti molto distintamente da numerose classi di ogni paese, tutti lo riconoscono; ma se cercate quali sono le cause dei successi della controrivoluzione ricevete da ogni parte la comoda risposta che è stato il cittadino tale o il cittadino tal'altro che ha «tradito» il popolo. La quale risposta può essere a seconda delle circostanze più o meno vera, ma non spiega assolutamente nulla ed a ogni modo non spiega nemmeno come è potuto accadere che il «popolo» si sia lasciato tradire in quel modo. E come sono misere le prospettive politiche di un partito politico il cui bagaglio si riduce alla conoscenza del solo fatto che il cittadino tale o tal'altro non è degno di fiducia.

L'esame e l'esposizione delle cause tanto della convulsione rivoluzionaria quanto della sua repressione sono inoltre estremamente importanti per la storia. Che interesse possono presentare tutte queste meschine controversie e recriminazioni personali - tutte queste affermazioni contraddittorie, che è stato Stalin o Trotzsky, o Zinoviev o qualche altro membro del Partito bolscevico, o che sono stati tutti loro assieme, che hanno pilotato la rivoluzione tra gli scogli ove essa ha fatto naufragio - quale luce possono esse portare ad un italiano o ad un americano che ha osservato tutti questi diversi movimenti da una distanza troppo grande per poter distinguere qualcuno dei particolari delle operazioni? Nessun uomo sensato crociera mai che undici individui, per lo più di capacità molto diverse tanto nel bene quanto nel male, abbiano potuto rovinare in tre mesi una nazione di trentasei milioni di abitanti, a meno che questi trentasei milioni non comprendessero molto più degli undici il loro cammino. Ma come è potuto accadere che questi trentasei milioni siano stati chiamati di colpo a decidere essi stessi del cammino da seguire, benché una parte di essi avanzasse a tastoni nel buio; e come poi si siano ,perduti ed i loro vecchi governanti abbiano potuto temporaneamente ritornare ai loro posti direttivi - ecco il problema che si deve spiegare».

Mi accorgo che invece di Marrast, Ledru-Rollin e Luis Blanc ho scritto i nomi di Stalin, Trotzsky e Zinoviev. Ma fa poi tanta differenza? Per quello che l'articolo vuole dire mi sembra che ciò che venne scritto nel 1851 si adatta benissimo al 1968.

Passiamo ora al «Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte» stesso libro, pagina 252:

«Victor Hugo si limita ad un'invettiva amara e piena di sarcasmo contro l'autore responsabile del colpo di stato. L'avvenimento in sé gli appare come un fulmine a ciel sereno. Egli non vede in esso altra che l'atto di violenza di un individuo. Non si accorge che ingrandisce questo individuo invece di rimpicciolirlo, in quanto gli attribuisce una potenza di iniziativa personale che non avrebbe esempi nella storia del mondo. Proudhon, dal canto suo, cerca di rappresentare il colpo di stato come il risultato di una precedente evoluzione storica; ma la ricostruzione storica del colpo di stato si trasforma in lui in un'apologia storica del colpo di stato. Egli cade così nell'errore dei nostri cosiddetti storici «oggettivi». Io mostro, invece, come in Francia la LOTTA DI CLASSE creò delle circostanze ed una situazione che rendono possibili ad un personaggio mediocre e grottesco di far la parte dell'eroe.»

E passiamo ora a Plekhanov che fu il protagonista della prima manifestazione politica pubblica in Russia ed il fondatore del primo gruppo marxista russo. Di lui Lenin scrisse che sui suoi libri si «educò» un'intera generazione di marxisti russi e fino al 1905 Lenin lo considerò suo maestro. Il suo libro più importante che ha superato i tempi e costituisce patrimonio di ogni marxista è «La funzione della personalità nella storia e e da un altro suo libro «Questioni fondamentali del marxismo» edizione I.E.I. 1945 stralciamo da pag. 95:

«Costituisce un grave errore credere che la teoria di Marx ed Engels non abbia lasciato nessun posto alla personalità del filosofo e, in genere, a quella di ogni uomo che lascia le traccie della sua attività nella storia. Certo che gliene ha lasciato! Ma tale teoria ha saputo, al tempo stesso, evitare l'inammissibile opposizione dell'attività della personalità col corso degli avvenimenti, determinato - questo corso - dalla necessita economica. Fare ricorso a tale opposizione, significa provare con ciò che non si è compreso molto della spiegazione materialistica della storia. La tesi iniziale del materialismo, come abbiamo ripetuto diverse volte, afferma che la storia è fatta dagli uomini. E se è fatta dagli uomini è chiaro che è fatta, tra gli altri, anche dai "grandi uomini". Non resta che Tendersi conto da che cosa è precisamente determinata la loro attività. Engles, in una delle lettere che abbiamo citato prima, dice a questo proposito:
«Che un tal uomo, proprio quello, si innalzi in una determinata epoca ed in dato paese, è, naturalmente, un puro caso. Ma se noi lo eliminassimo, occorrerebbe cercargli un sostituto, che bene o male si arriverebbe finalmente a trovare»
È al caso che bisogna attribuire il fatto che il dittatore militare - di cui la Repubblica Francese, sfinita dalle proprie guerre, aveva reso necessario l'avvento - sia stato precisamente il corso Napoleone. Ma che, in mancanza di Napoleone, un altro avrebbe preso il sua posto, è provato dal fatto che l'uomo necessario - Cesare, Augusto, Cromwell o altro - si è trovato ogni volta che occorreva. Se Marx ha scoperto la concezione materialistica della storia, l'esempio di Thierry, di Mignet, di Guizot e di tutti gli storici inglesi fino al 1850, dimostra che si tendeva a questo risultato, e la scoperta della stessa concezione fatta da Morgan prova che era arrivato il tempo di farla e che essa era una necessità. E così di tutti i casi o di tutto quello che ci sembra un caso, nella storia. Più il campo che esploriamo si allontana dall'economia e riveste un carattere ideologico astratto, più troviamo il "casa" nel suo sviluppo, più la sua curva è tracciata a zig-zag. Ma se si traccia l'asse medio della curva, si trova che più il periodo da esaminare e lungo ed il campo trattato vasto, più quest'asse tende a diventare parallelo a quello dello sviluppo puramente economico.
La personalità di ogni uomo eminente nel campo intellettuale e sociale appartiene a questi casi la cui comparsa non impedisce allatto alla linea media dello sviluppo intellettuale dell'umanità di seguire un corso parallelo a quello del suo sviluppo economico.»

Riassumiamo ora alcuni principi che derivano dalla lettura precedente:

  • dove si verifica una convulsione rivoluzionaria o controrivoluzionaria, la esiste un bisogno sociale che la sovrastruttura impedisce di soddisfare;
  • le cause dei rivolgimenti sociali non vanno cercate negli errori o nei tradimenti dei capi, ma nello stato sociale generale;
  • è solo lo studio della lotta di classe che può spiegare ,perché un uomo mediocre assume la figura dell'eroe, o l'eroe viene ridotto a polvere (Danton, Robespierre, Trotzsky);
  • l'uomo necessario si trova ogni volta che occorre ed esemplificando, si avrà così in Lenin l'uomo della rivoluzione e in Stalin l'uomo della controrivoluzione.

A questo punto pensiamo di essere d'accordo tutti su questi punti fondamentali del materialismo storico, perché se non lo fossimo, sarebbe inutile continuare la lettura di questo articolo.


I giudizi sul conto di Stalin possono essere raggruppati in cinque gruppi principali:

  1. le opinioni dei suoi compagni prima della morte di Lenin;
  2. il giudizio di Trotsky;
  3. la posizione di tutti i dirigenti comunisti della Terza Internazionale (ossia la posizione ufficiale della Russia);
  4. il giudizio di Kruscev e la variazione post-kruscioviana;
  5. il giudizio del P.C. Cinese.

Le opinioni dei compagni

Le testimonianze al riguardo sono molto scarse; per quanto riguarda Lenin sappiamo che ha considerata Stalin sempre con molta benevolenza, che lo ha aiutato a comporre lo studio «Sulle nazionalità» che resta un testo classico del marxismo-leninismo, che lo ha stimato nel corso di tutta la guerra civile. Il primo screzio si è avuta al rientro di Lenin dalla Svizzera, nell'aprile del 1917, quando Lenin mise sotto accusa la direzione della Pravda per la politica di collaborazione con il Governo Provvisorio (episodio alla Stazione di Finlandia), il secondo molto più grave durante la malattia di Lenin nel 1922, quando Stalin ed Ordgionikidze attaccarono la repubblica di Georgia contro le prescrizioni del Comitato Centrale del Partito. Subito dopo si verificò l'incidente con la Krupskaia dopo il quale Lenin decise di interrompere i rapporti amichevoli con Stalin e scrisse a questo proposito una lettera a Trotsky. Comunque, tino alla morte Lenin considerò Stalin, un buon comunista bolscevico e sollevò eccezioni soltanto sul suo carattere astioso e prepotente. Leniti fu sempre tollerante con i compagni e non ammetteva una linea di condotta diversa.

Nella lettera testamento, con estrema acutezza di giudizio afferma che le due figure chiave del Partito Bolscevico sono appunto Stalin e Trotsky, e non Kamenev, Zmoviev, Bucharin o Radek che avevano più presa sulle masse.

Gli scontri tra Stallo e Trotsky furono frequenti nel corso della guerra civile, ma mai Trotsky considerò Stalin come controrivoluzionario o indegno di appartenere al partito bolscevico. Criticò i suoi metodi, ma mai la sua fede politica.

Degli altri bolscevichi non ho testimonianze, il che fa presumere che lo consideravano tutti uno dei loro in piena fiducia e tranquillità.

Il giudizio di Trotsky

I primi duri attacchi di Trotsky cominciano con il maturare della Rivoluzione Cinese, ossia Trotsky non si rende conto della trasformazione che ha luogo nella direzione della vita politica della Russia, trasformazione di cui è punta di diamante Stalin, ma percepisce chiaramente il pericolo della collaborazione con la borghesia cinese rappresentata da Ciang-Kai Shek. Da questo periodo comincia la critica della politica dì Stalin, critica che lo porta a disprezzarlo completamente sul piano teorico attraverso le esperienze dell'appoggio al nazismo e della guerra di Spagna. Tra il 1932 ed il 1935 Trozky arriva a dire che quando Stalin parla del marxismo si sentono i ragli dell'asino, e riesamina tutto il passato del dittatore per trovare conferma al suo giudizio. r processi di Mosca trasformano Stalin da asino ragliante in un assassino, in un falsario ma ancora a questo punto il passato rivoluzionario di Stalin non viene criticato. Per quanto riguarda il presente, Trotsky lo vede come strumento di forze oggettive più forti di lui. Sconfitto dai fatti Trotsky si eleva con la teoria al disopra del suo avversario, ma questa elevazione e un fatto soggettivo; Stalin a sua volta rinuncia al dibattito teorico e porta a fondo la lotta contro il suo avversario con la critica delle armi fino a che riesce ad eliminarlo.

Trotsky arriverà ad affermare ed a provare che Stalin ha usato la Gestapo ed i documenti falsi creati da questa per eliminare i suoi compagni di lotta, ma non dirà mai che Stalin sia stato al servizio della Gestapo o dell'Okrana o di qualsiasi altra polizia.

L'opera di Trotsky ha avuto il merito di mettere in evidenza nello Stalin rivoluzionario e nel combattente della guerra civile i suoi sbandamenti teorici tipici del menscevismo e la sua astuzia manovriera ed opportunistica che avrebbe finita per assoggettarlo a sé. Il moto oggettivo della crescita delle forze borghesi in Russia ed il ritiro delle masse dalla vita politica è stato accettato da Stalin e teorizzata con lo stesso sistema con cui Mussolini parlava di «Italia proletaria e fascista». La nuova classe si è scelto il suo uomo, e questi ha servito fedelmente i nuovi padroni. È certo che - come mi scrisse Damen - non si può dividere drasticamente in due periodi l'attività umana di Stalin, perché non si diventa controrivoluzionari sola per ragioni obbiettive, ma perché il protagonista porta già in sé, latente, la tendenza a spostarsi dal piano rivoluzionario a quella della controrivoluzione.

Ma è anche certo che fino al 1922 l'azione di Stalin è stata sempre a favore del proletariato, mentre dal 1924 in poi è stata opposta ai suoi interessi storici.

Perciò il giudizio di Trotsky che un buon rivoluzionario è diventato - con l'assunzione del potere - un «organizzatore di sconfitte» trova conferma nei fatti.

La posizione della Terza Intenazionale

La posizione di tutti i dirigenti della Terza Internazionale e di conseguenza di tutti i dirigenti dei Partiti Comunisti Ufficiali fino allo scisma di Tito ossia dal 1927 al 1948 e stata di pura piaggeria del livella più repellente. La propaganda ufficiale non si differenziava dalla propaganda fascista in Italia o nazista in Germania per non parlare del giornalismo sudamericano nei confronti dei rispettivi «caudillos», «jefes», «padri della patria» e di questo passo.

Le frasi «sotto la guida illuminata di Stalin», e Stalin sei il sole che ci illumina», «Stalin ha sempre ragione» sono le stesse di quelle del «Duce che ha sempre ragione» e del «se avanzo seguitemi». Dove vado io, andate bene tutti, anche se poi io finisco nel bunker della Cancelleria di Berlino oppure a Dongo con l'amante e con l'oro della nazione.

Quando poi i fatti dimostravano che lo sbaglio c'era stato, a questa si ovviava con la «purga»; il Capo aveva ragione, ma i suoi aiutanti lo avevano tradito o mal capito e quindi dovevano essere puniti: e venivano puniti. In Russia con le fucilazioni, in Italia con il cambio della guardia.

Siccome il Capo non e eterno, arriva anche per lui l'ora di stendere le gambe. Ed allora - visto che per forza di cose c'è un nuovo capo - il nuovo capo ha ragione, e le contraddizioni storiche si possono giustificare dando la colpa al morta.

Pertanto i giudizi dei capi della Terza Internazionale prima, del Cominform poi, dei Togliatti, Thorez ecc. si possono condensare in piaggeria fintanto che il Capo è in vita, in vigliaccheria quando è morto.

Storicamente è quindi roba da spazzatura della storia, e difatti tutti i testi relativi sono già finiti nella spazzatura a cominciare dal «Breve corso di Storia del Partito Bolscevico».

Il giudizio di Krusciov

Hegel, citato da Marx, disse che la storia si ripete due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. E così dopo Stalin, ricordato come un Gengis Khan o come un Ivan il Terribile, troviamo Nikita Krusciov, di cui i posteri si ricorderanno per la buffonata della scarpa sbattuta sul tavolo delle Nazioni Unite. Dopo il tiranno abbiamo avuto il pagliaccio, e dopo questa altalena, il gioco è fatto e si arriva al Manager Kossighin, che abbandona le facce del passato per assumere l'aspetto corretto degli Agnelli, dei Krupp, dei Kennedy.

Secondo Krusciov la colpa di tutto quello che non è andato bene in Russia è stata solo di Stalin; e lui dov'era? Al servizio di Stalin. E come mai di tutta la montagna di errori si è accorto solo dopo la morte di quest'ultimo? Semplicissimo, appunto perché era morto. Stalin ha mandato alla morte dei comunisti innocenti; anche Krusciov l'ha fatto. Ha sbagliato a fare il patto di non aggressione con Hitler; ma il patto l'ha firmato Molotov. Ha fatto errori su errori nella difesa di Mosca; ed i generali dov'erano? La legalità socialista è stata ripristinata; ma Daniel e Siniavsky sono in galera e Nagy e Paul Maleter sono stati impiccati senza processo. Se questa si chiama legalità socialista, in cosa è diversa dal periodo staliniano? Stalin non ha avuto il coraggio di attaccare la Jugoslavia nel 1.948, ma i post-kruscioviani lo hanno fatto in Cecoslovacchia, e se Stalin ha assassinato Markos ed i rivoluzionari greci, cosa di diverso ha fatto il Governo russo con gli indonesiani e magari anche con il Viet-nam?

Anche il giudizio di Krusciov è pertanto contraddittorio e senza valore.

Il giudizio del P.C. cinese

La difesa di Stalin è stata fatta dal PCC nel 1963 e pubblicata in Italia dalle Edizioni Oriente; il titolo dell'opuscolo è «La questione di Stalin».

I cinesi dicono:

«Prendendo la difesa di Stalin, il partito comunista cinese difende ciò che in Stalin vi è stato di giusto, difende la gloriosa storia della lotta del primo stato della dittatura del proletariato instaurato nel mondo dalla Rivoluzione di Ottobre, difende la fama del movimento comunista internazionale di fronte ai popoli lavoratori del mondo intero, difende sia la teoria che la pratica del marxismo leninismo.
Quando noi ci assumiamo la difesa di Stalin non difendiamo i suoi errori. Tuttavia, siccome alcuni punti di vista preconizzati da Stalin erano stati accettati e messi in pratica da compagni cinesi, noi cinesi ce ne assumiamo la responsabilità.
Come si è comportato invece Krusciov? Invece di fare un'analisi completa, storica e scientifica dell'opera compiuta da Stalin durante tutta la sua vita, l'ha ripudiata in blocco senza distinguere il vero dal falso. Invece di trattare Stalin come un compagno, l'ha trattato come un nemica.
Krusciov ha coperto Stalin di ingiurie, dicendo che fu «un assassino», «un criminale», «un bandito», «un despota», «un imbecille», «un idiota», «un giocatore» ecc.
In che posizione si mette Krusciov quando gonfia il patta, martella di pugni la tavola e grida a piena gola insulti contro Stalin? Lui, che al tempo di Stalin partecipava alla direzione del partito e dello Stato, si mette nella posizione di «complice di un assassino e di un bandito»? O in quella di «imbecille ed idiota»?»

Con queste citazioni abbiamo riassunto la posizione di accusa e di difesa del PCC; i cinesi affermano di fare analisi marxiste, contrariamente a quanto ha fatta Krusciov. Ma come si comportano? Prendono le affermazioni di Krusciov, le demoliscono con il sarcasmo (e qui hanno ragione) ed avendo dimostrato che la testimonianza di Krusciov non ha valore ne concludono che Stalin è assolto. E no, così sarebbe facile. L'analisi marxista su Stalin si fa facendo astrazione da quello che dice Krusciov appunto parche testimone bugiardo, si fa esaminando il comportamento di Stalin alla luce del programma bolscevico precede: te alla morte di Lenin.

Se ne deduce che se il giudizio di Krusciov non ha valore perché è un giudizio metafisico, altrettanto lo è quello del partito Cinese che fa forza sulla negazione delle affermazioni di Krusciov.

Il nostro giudizio

Noi affermiamo:

  1. Il comunismo è la dottrina del proletariato internazionale. Stalin riducendolo a teoria nazionale lo ha svuotato del suo contenuto di classe e l'ha riportato a livello borghese.
  2. Il Partito Comunista Russo è una sezione della Terza Internazionale; le decisioni della Terza Internazionale avrebbero dovuto essere vincolanti anche per lui. Invece il PC russo si è impadronito della direzione della Terza Internazionale con la teoria staliniana dello Stato Guida e perciò ha portato avanti una politica imperialistica grande-russa.
  3. Invece di predicare la fratellanza e l'uguaglianza e di sforzarsi di eliminare o di diminuire i privilegi di classe, lo stalinismo ha allargato queste differenze attraverso cottimi, premi, benefici, ville, ecc. ed ha perciò fatto una politica borghese nell'interno del proprio paese.
  4. Invece di aiutare le sollevazioni proletarie e di indirizzare le sollevazioni contadine dietro il proletariato in Cina ed in Spagna, ha obbligato i comunisti a mettersi al servizio della borghesia (in Cina al servizio di Ciang-Kai Shek ed in Spagna al servizio del governo repubblicano di Madrid) effettuando così una politica controrivoluzionaria.
  5. Lo stesso è stato fatto con gli accordi di Yalta, mettendo il movimento par. tigiana agli ordini di Badoglio e Togliatti al servizio di Vittorio Emanuele III, mentre in Francia i comunisti venivano messi alla ruota di De Gaulle.
  6. Per eseguire la politica dei punti 4 e 5 la classe al potere in Russia è stata costretta a camminare sopra i cadaveri dei bolscevichi (processi di Mosca del 1936 e del 1938).
  7. Per effettuare una politica di collaborazione con la Germania di Hitler Stalin è stato costretta a far fu cilare tutto lo Stato Maggiore dell'Armata Rossa (processo di Tukacevsky).
  8. Per quanto sopra detto la Russia di Stalin ha eseguito dal 1927 in avanti una politica di nazione borghese e Stalin è stato lo strumento dell'accumulazione primitiva in Russia, ossia lo strumento della creazione di un potente stato borghese. Egli Stalin ha fatto per la Russia quello che Cavour e Napoleone hanno fatto per l'Italia e per la Francia. Ossia ha consolidato le conquiste della rivoluzione borghese spazzando via definitivamente la sovrastruttura feudale della Russia, ed ha aiutato la crescita di una classe di intellettuali e dirigenti borghesi in un paese di analfabeti e semiasiatico.

Stalin è stato, è vero, lo strumento oggettivo dello sviluppo industriale della Russia. Ma è anche vero che in questo suo ruolo ha operato come lo strangolatore e l'affossatore della rivoluzione socialista russa e mondiale coprendosi dietro la nube fumogena della facile e falsa teoria della costruzione del socialismo in un solo paese.

La borghesia inglese ha fatto la sua rivoluzione in nome dei sacri principi della Bibbia; quella francese in nome degli ideali di Roma antica; la russa in nome del socialismo. Ma, raggiunti i loro scopi, le rispettive borghesie hanno buttato via Abacuc per Beldam, Roma antica per gli usurai della Banca di Francia e Marx ed Engels per Krupp ed Agnelli.

Ma se la borghesia russa ha scelto bene nel prendere un rivoluzionario bolscevico per raggiungere i suoi fini storici, ciò non cambia il fatto che Stalin - per adattarsi a questo ruolo - ha dovuto tradire i principi del comunismo internazionalista e mettere la sua firma sotto le sentenze di morte dei suoi ex-compagni di lotta. La carriera di Stalin è seminata di cadaveri di comunisti, russi, cinesi, spagnoli, tedeschi, iugoslavi, polacchi ed anche italiani. E sono questi morti, caduti sul giusto fronte della lotta di classe, che mettono Stalin tra i carnefici del proletariato, assieme a Cavaignac ed a Thiers.

Durante la guerra di indipendenza americana, quando la sorte delle armi sembrava completamente cambiata a favore degli inglesi, il generale Arnold, americano, vincitore di una famosa battaglia a Saratoga, dove aveva perduto una gamba, passò agli inglesi nella speranza di ottenere un buon trattato di pace per il suo paese. Le sorti della guerra cambiarono, le colonie americane conquistarono l'indipendenza ed il generale Arnold dovette restare in Inghilterra come traditore della propria patria. Fu chiesto ad un americano cosa avrebbero fatto ad Arnold se fosse ritornato in patria.

«Ah lui lo impiccheremo come traditore, poi costruiremo un monumento alla sua gamba a Saratoga.»

Un giorno i comunisti russi rimetteranno la tomba di Stalin accanto a quella di Lenin e vi scriveranno sopra «artefice della Rivoluzione di Ottobre»; ed accanto alla sua metteranno quella di Trotsky sulla quale sarà, scritto «assassinato da Stalin». Il tempo passa e le emozioni ed i sentimenti si attenuano man mano che spariscono i protagonisti diretti di questi avvenimenti. Ciò vale anche per Stalin amato/odiato con estrema violenza.

Gigante

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.