1921: l'inizio della controrivoluzione?

In occasione del centenario della “Risoluzione d’ottobre” riproponiamo il seguente articolo, tratto da Prometeo giu. 2002. Seguite la sezione del sito dedicata al centenario della Rivoluzione d’Ottobre dove potete trovare tanto altro materiale che inseriremo nel corso del 2017… Buona lettura!

Oggi assistiamo alla tragedia di una rivoluzione sociale che, a causa della passività degli operai europei nei confronti delle forze reazionarie, intelligenti e ben armate, è mantenuta all'interno delle frontiere nazionali. Essa viene infatti soffocata e ci si è ridotti da tempo a combattere contro il nemico, esterno come interno.
Abbiamo visto compiere molti errori, molti sono stati rivelati, e dal punto di vista libertario molte preziose verità sono state confermate.

Così scriveva Victor Serge nel giugno del 1921, nella prefazione del suo saggio Gli anarchici e l'esperienza della Rivoluzione Russa. Il saggio (1) era un appello rivolto agli anarchici affinché riconoscessero gli aspetti proletari e positivi della Rivoluzione d'Ottobre. Se quello fu scritto prima dell'insurrezione contro i Bolscevichi a Kronstadt nel marzo 1921, Serge non riportò alcun riferimento a quella tragedia neppure nell'introduzione che scrisse qualche mese più tardi. Si limita ad affermare che le sue conclusioni sono "più vere ora di quanto lo fossero un anno fa".

Ciò che la citazione mette in evidenza è il fatto che l'isolamento della rivoluzione sociale all'interno di un singolo territorio stava diventando un fardello insostenibile. Non solo Kronstadt gettò "un fascio di luce che illuminò la realtà", come sostenne Lenin, ma gli eventi del Decimo Congresso del Partito (adozione della NEP, messa al bando delle correnti), il fallimento dell'Azione di Marzo in Germania e l'adozione della politica del fronte unico al Terzo Congresso del Comintern, resero il 1921 un anno particolarmente significativo nella degenerazione della Rivoluzione Russa e internazionale.

Questo articolo mira a soppesare la rilevanza di quel declino di ottanta anni fa.

Centotrenta anni fa la Comune di Parigi del 1871 fornì un esempio brillante delle potenzialità della classe operaia e di come questa potesse condurre autonomamente la società. Ma dopo 74 giorni la Comune fu stroncata dal governo borghese di Thiers sostenuto dal potere internazionale della classe capitalista. Confinata ad una sola città, fu isolata e sconfitta con il massacro di 20.000 operai parigini in una sola settimana, nel maggio del 1871. In risposta i Comunardi spararono ai loro ostaggi borghesi. Il numero di vittime della classe dominante fu 84. Come sempre il terrore bianco della classe dominante eccede in numero e in orrori il terrore rosso della classe operaia. Marx osservò che il problema della Comune fu il suo isolamento in una singola città.

Il problema del proletariato russo fu di essere isolato in un unico Paese. La Rivoluzione d'Ottobre del 1917 rimane l'unica occasione della storia in cui un settore della classe operaia mondiale riuscì a rovesciare il potere dello stato capitalistico su un intero territorio. Per questa ragione continuiamo ad esaminarla e a cercare di comprenderla. La questione fondamentale su cui far luce è come da una rivoluzione che cominciò offrendo la più grande liberazione alla classe operaia e quindi all'umanità intera, si possa essere passati, nel 1928, ad una delle maggiori tirannie del XX secolo.

Guardando agli eventi di ottanta anni fa, a posteriori possiamo comprendere che il 1921 rappresentò un punto di svolta determinante per la sconfitta della rivoluzione. Allora le cose non apparvero in questo modo alla maggior parte dei protagonisti, ma poterono osservare che il 1921 fu un anno di crisi. Più di un milione di morti a causa della carestia, molti di più per il tifo e altre malattie, lo scoppio degli scioperi contro il Consiglio dei Commissari del Popolo (Sovnarkom) e la rivolta di Kronstadt resero evidente la problematicità della situazione. Inoltre, la rivoluzione internazionale non solo non si verificò come si aspettavano i leader bolscevichi, ma accusò un forte colpo con la sconfitta dell'Azione di Marzo in Germania.

Il nostro obiettivo in questa sede non è solo quello di riportare ciò che avvenne, bensì, innanzi tutto, quello di spiegare quali sono le implicazioni per il nostro presente. Siamo consapevoli che non ci sarà mai più nessuna rivoluzione che uguagli l'esperienza russa. Non stiamo neppure usufruendo della "compiacenza del presente", come E.P. Thompson la definì. Qualunque rivoluzionario che cerchi meramente di ripetere ciò che avvenne in Russia non merita che derisione (come quei trotzkisti che considerano la questione della leadership in termini di persone giuste in posizioni strategiche). Dobbiamo evitare la trappola in cui tanti cosiddetti Marxisti e rivoluzionari cadono volendo riconoscere nel passato una traccia per il futuro. Comunque; solo imparando da ciò che realmente accadde possiamo armarci per gli scontri futuri. E il primo passo in questo processo di apprendimento è il dibattito sulla rilevanza del passato.

1918-1921

Alcuni "Marxisti libertari" (2) e anarchici proclameranno che la rivoluzione era perduta molto prima del 1921. Noi non neghiamo che il potere sovietico nel territorio della Repubblica Federale Socialista Sovietica Russa (il nome URRS non venne adottato prima del 1923) fosse già una scatola vuota per la fine del 1920 (nonostante nel 1919 ci fossero zone sane) (3). Né intendiamo negare gli eccessi della Ceka durante la Guerra Civile in cui essa diventò uno stato nello stato. Ma il Terrore Rosso scaturì dalla guerra civile. Nel novembre 1917 i Bolscevichi lasciarono liberi i generali zaristi in cambio della promessa di non armarsi contro di loro. Pochi mesi dopo quei generali non solo guidavano le invasioni in Russia, armati dall'imperialismo inglese e francese, ma crocifiggevano letteralmente qualunque operaio sospetto simpatizzante bolscevico. Nonostante entrambe le fazioni si fossero date al terrore in quella guerra di classe, esso non fu allo stesso livello. A questo proposito possiamo portare a testimonianza il resoconto del Comandante USA in Siberia, il Generale William S. Graves:

Sono ormai al sicuro quando dichiaro che nella Siberia Orientale gli anti-Bolscevichi uccisero un centinaio di persone per ognuno ucciso dai Bolscevichi. (4)

Non sosteniamo neppure che la rivoluzione abbia abolito i rapporti capitalistici di produzione, anche se si è registrato un totale collasso economico appena i Bolscevichi presero il potere. Poiché almeno il 60% dell'industria era dedita alla guerra, il raggiungimento della pace significò disoccupazione. Come osservò Edward Acton:

dopo l'Ottobre, il Paese subì una crisi economica del tipo di una moderna pestilenza... La capitale non perse meno di un milione di abitanti nei primi sei mesi dopo ottobre, poiché gli operai sciamarono via in cerca di pane. (5)

Anche gli operai che avevano un lavoro dovevano spendere il loro tempo alla ricerca di cibo, e la demoralizzazione era aggravata dall'assenteismo di massa.

I tentativi dei Bolscevichi di incrementare la disciplina del lavoro presso i comitati di fabbrica portarono all'elezione di nuovi delegati che si mostrarono più accondiscendenti nei confronti delle richieste dei lavoratori. Si accrebbe l'attenzione alla disciplina del lavoro e al rendimento. Secondo la demonologia anarchica/libertaria ciò si dovrebbe al fatto che i Bolscevichi soppressero l'iniziativa degli operai all'interno dei comitati di fabbrica. Ma questa tesi è troppo semplicistica, come mostra S. Smith nel suo Red Petrograd:

... non si può vedere in questo il trionfo del partito bolscevico sui comitati di fabbrica. Sin dall'inizio i comitati erano impegnati sia a mantenere i livelli di produzione, sia a democratizzare la vita nelle fabbriche, ma la situazione dell'industria era tale che i due obiettivi finirono per scontrarsi [pp. 250-1].

Ma la guerra civile arrecò ulteriori danni alla rivoluzione. Nel 1917 il Partito Bolscevico era un partito a dominanza operaia. Entro il 1920 quegli operai erano diventati ufficiali dell'Armata Rossa, della Ceka o della burocrazia. Entro il 1922 più dei due terzi dei membri del partito erano amministratori di un tipo o di un altro. Allo stesso tempo la lotta contro l'invasione imperialista e i Bianchi avevano condotto a un serrare i ranghi. Le discussioni interne al partito declinarono e sempre più spesso i posti degli eletti locali venivano assegnati dal segretario di partito locale sulla base dell'autorità e del prestigio. La pratica del centralismo democratico all'interno del Partito (in cui la base eleggeva i propri rappresentanti negli organi esecutivi) era di fatto finita. Ciò che restava era solo centralismo. Bastava solo che uno Stalin diventasse Segretario di partito a capo di quei segretari locali e raccogliesse il potere nelle sue mani. Ma ciò avvenne solo successivamente. Quando Serge tornò a Pietrogrado dopo essere stato deportato dalla Francia nel gennaio 1919 riportò:

Stavamo inoltrandoci in un mondo congelato a morte... Ad un centro di accoglienza fummo liquidati con pane e pesce secco. Nessuno di noi aveva mai mangiato cibo così orrendo prima. Ragazze con fascette rosse e giovani agitatori occhialuti ci raggiunsero per farci un resoconto della situazione: “Carestia, tifo e controrivoluzione dappertutto. Ma la rivoluzione mondiale ci salverà”. (6)

Ed era questa fiducia nella rivoluzione mondiale ad alimentare le speranze della classe operaia russa persino all'inizio del 1921 quando avevano sofferto, e stavano soffrendo, così tanto. A Serge, dai suoi giovani ospiti, fu chiesto "cosa sta aspettando il proletariato francese", ma era nel proletariato tedesco che la maggior parte dei Bolscevichi riponeva le proprie speranze.

La Terza Internazionale (Comunista)

L'intero programma bolscevico non può essere compreso senza riferimenti al suo aspetto internazionale. L'insistenza sulla ferma opposizione alla guerra imperialista nel 1914 distinse il Partito Bolscevico come il solo tra i maggiori partiti europei ad opporsi alla guerra con istanze rivoluzionarie (7). Furono i Bolscevichi a guidare la divisione con la maggioranza socialista centrista e pacifista alle Conferenze di Zimmerwald e Kienthal. E quando i Bolscevichi andarono al potere in Russia provarono esattamente la stessa sensazione di Rosa Luxemburg, che:

La questione del socialismo era solo stata posta in Russia. Non poteva essere risolta in Russia.

In occasione del Terzo Congresso dei Soviet nel gennaio 1918 Lenin affermò:

La vittoria finale del socialismo in un unico Paese è, naturalmente, impossibile. Il nostro contingente di operai e contadini che sostanzia il potere dei soviet è uno dei contingenti della più grande armata mondiale. (8)

E in marzo, ai tempi del trattato di Brest-Litovsk ripeté:

È assolutamente vero che senza una rivoluzione tedesca siamo perduti. (9)

Nelle sue Tesi d'Aprile del 1917 Lenin aveva sostenuto l'esigenza di una nuova Internazionale che sostituisse la Seconda, schiacciata dall'imperialismo nell'agosto 1914. La guerra stessa cominciò a materializzare le basi per questa Internazionale, in quanto gli operai e gli ex-socialdemocratici intensificarono la resistenza ai propri governi. La fine della Prima Guerra Mondiale fu sollecitata dagli scioperi di Vienna, Amburgo, Brema e altre città tedesche. Quando la notizia delle insurrezioni di Vienna raggiunse Mosca, Radek, uno dei leader bolscevichi, registrò così le dimostrazioni spontanee originatesi davanti al Cremlino.

Non ho mai visto niente del genere. Operai, uomini e donne, e soldati dell'Armata Rossa marciarono fino a tarda sera. La Rivoluzione mondiale era arrivata. Quelle masse di gente stavano ascoltando il suo passo di acciaio. Il nostro isolamento era finito. (10)

Questo era un po' prematuro. Sebbene molti operai ed ex-soldati d'Europa avessero cominciato ad aderire all'idea del soviet, nella maggior parte dei Paesi ciò non aveva ancora preso la forma di nuovi partiti comunisti. Persino in un Paese come la Germania i rivoluzionari non erano riusciti a distinguersi chiaramente dai Socialisti social-sciovinisti. Nonostante che la Luxemburg e Liebknecht avessero costituito la Lega di Spartaco, rimasero all'interno del centrista USPD tedesco (che includeva Kautsky e Bernstein) nel timore dell'isolamento dalla massa della classe. Questo non fece che confondere gli operai ed isolare gli Spartakisti da gruppi minori, ma politicamente chiari, come la Sinistra di Brema e i Socialisti Internazionali (IKD). Dato che, per di più, i Social Democratici non si opponevano apertamente ai soviet, ma operavano dietro le quinte per distruggerli, gli Spartakisti non erano considerati come i soli sostenitori dei consigli operai, (come fu il caso dei Bolscevichi in Russia). Se riprendiamo la citazione iniziale di Victor Serge, la grande mistificazione della borghesia dell'Europa Occidentale, che incorporava i cosiddetti socialisti nella propria difesa, fu un fattore determinante per l'arresto dell'espansione della rivoluzione in Germania e oltre.

Poiché la Seconda Internazionale si stava riformando nel gennaio 1919 i Bolscevichi cominciarono a testare il terreno per una nuova Internazionale che avrebbe dovuto tenersi a Berlino. Prima che questa potesse riunirsi, Liebknecht aveva precipitato l'insurrezione spartakista che fu stroncata dai socialdemocratici alleati con i Freikorps protofascisti. Nelle rappresaglie che seguirono centinaia di operai rimasero uccisi e Liebknecht e Luxemburg vennero brutalmente assassinati. Il primo incontro della nuova Internazionale venne spostato a Mosca. Lo spostamento doveva essere temporaneo, finché la rivoluzione non fosse scoppiata ad Ovest. Comunque questo fu il primo passo nel processo di intreccio tra Rivoluzione Russa e Internazionale. E poiché era il partito russo che dominava fisicamente e ideologicamente l'Internazionale, diventò presto un organo per la difesa del potere sovietico in Russia, a qualunque problema dovesse andare incontro. Il Primo Congresso dell'Internazionale Comunista fece poco più che dichiarare la sua esistenza. I cinquanta delegati che si riunirono a Mosca non avevano tutti mandati formali, fattore che accrebbe l'egemonia bolscevica all'interno del nuovo gruppo. Non fu proprio così che Lenin dipinse la situazione quando annunciò ne L'Internazionale Comunista che:

La nuova terza “Associazione Internazionale degli Operai” ha già cominciato a coincidere, in certa misura, con l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. (11)

Con questo intendeva che il processo di sviluppo della rivoluzione mondiale sarebbe stato accompagnato dall'avanzata del socialismo in Russia. Sfortunatamente per il proletariato il processo si orientò nella direzione opposta. La crescente controrivoluzione in URSS avrebbe inoltre stroncato le mire rivoluzionarie della Terza Internazionale.

Tuttavia ciò non poteva essere osservato nel 1919, quando la rivoluzione mondiale e la controrivoluzione capitalista erano strettamente legate e l'esistenza, per quanto labile, della Terza Internazionale era una bandiera che poteva riunire tutti gli operai. All'inizio dell'anno la rivoluzione scoppiò in Baviera e in Ungheria, che erano state proclamate Repubbliche Sovietiche. Le forze dell'Intesa (Gran Bretagna, Francia e USA) dovevano far fronte ad ammutinamenti nei propri eserciti in Russia. Lloyd Gorge, il Primo Ministro inglese, annunciò che non solo l'intervento inglese era ma le rivolte sul Clyde e nel Galles meridionale stavano mettendo in allarme lo stato britannico all'interno.

... se si intraprendesse una manovra militare contro i Bolscevichi l'Inghilterra diventerebbe bolscevica e verrebbe costituito un soviet a Londra. (12)

Lenin parlava del luglio 1919 come del "nostro ultimo luglio difficile" poiché entro un anno si sarebbe verificata la vittoria della "Repubblica sovietica internazionale". Tuttavia l'atmosfera turbolenta che minacciava il capitalismo non durò a lungo. Per la fine di maggio la Repubblica sovietica bavarese, isolata persino in Germania, era collassata. Fu seguita in agosto dalla Repubblica sovietica ungherese che soccombé a causa di dispute interne e dell'invasione di un'Armata Rumena appoggiata dagli Alleati. Entro l'autunno i Bianchi in Russia avevano raggiunto il più grave stato di minaccia. Yudenich era alle porte di Pietrogrado, Kolchak si stava muovendo dalla Siberia e Denikin dall'Ucraina. In ottobre e in novembre la sopravvivenza del regime era appesa a un filo (13).

Come se non bastasse il giovane, Partito Comunista Tedesco, che aveva perso i suoi migliori leader nei tentativi insurrezionali compiuti tra gennaio e marzo 1919, fu spaccato da Paul Levi al Congresso di Heidelberg nell'ottobre 1919. Il partito, per aumentare la sua influenza, aveva adottato la tattica di utilizzare il parlamento e i sindacati esistenti, ma solo per pochissimi voti. Non soddisfatto di questa vittoria, Levi (andando contro il suggerimento dei Bolscevichi) propose l'espulsione di tutti coloro che avevano votato contro la maggioranza. L'ala sinistra, che costituiva la metà del partito e controllava le sezioni della Germania settentrionale (inclusa Berlino), si staccò per formare il Partito Comunista Operaio di Germania (KAPD). Difficoltà simili si verificarono sotto svariate forme in altri Paesi. Lenin cercò di attirare tutti coloro che rifiutavano il riformismo democratico alla Terza Internazionale, inclusi gli anarco-sindacalisti. A quel tempo inoltre dichiarava ai gruppi inglesi impegnati nelle discussioni per la formazione del partito che egli era favorevole all'utilizzo dei sindacati e delle tattiche parlamentari, ma non condannava coloro che adottavano altre tattiche.

Prima della fine del 1920 la guerra civile era stata vinta, ma la Russia rimaneva isolata e, come si è osservato all'inizio dell'articolo, era stata in realtà una vittoria di Pirro. La produzione industriale era solo un quinto di quella del 1913 e la produzione agricola era calata della metà. L'economista bolscevico L. Kritsman descriveva la situazione come un collasso economico "senza pari nella storia dell'umanità" (14). La politica di inviare distaccamenti militari nelle campagne durante la guerra civile, per requisire con la forza il grano, aveva provocato 113 rivolte (50.000 contadini seguirono l'ex-SR Antonov nella regione di Tambov). I Bolscevichi riuscirono a mantenere il potere statale, ma, come riconobbe più tardi Bukharin (e altri capi bolscevichi tra cui Lenin), essi avevano conservato il potere statale ma avevano perso il proletariato. Per Lenin questo dato di fatto era la ragione più importante della rivolta di Kronstadt del marzo 1921.

Gli scioperi di Pietrogrado e Kronstadt

Non c'è nome più commovente di Kronstadt nella storia della Rivoluzione Russa. Rappresenta la cartina di tornasole del modo in cui la rivoluzione è scivolata nella sconfitta. Per la maggior parte dei Trotskisti e degli Stalinisti o si trattò della reazione dei Bianchi, che trassero vantaggio dalle terribili condizioni esistenti al termine della guerra per fomentare una rivolta contro il proletariato, o (secondo la versione dell'inglese SWP) (15) perché i marinai di Kronstadt erano ora tutti contadini e la rivolta deve essere considerata un'espressione della piccola borghesia. Per gli anarchici fu la vera "terza rivoluzione" contro la dittatura bolscevica e per gli storici della classe capitalista un episodio glorioso a dimostrazione del fatto che ogni alternativa ai loro sistemi finisce col massacro. E.H. Carr dedica solo due righe alla rivolta di Kronstadt nel suo The Bolshevik Revolution Volume 1. Ciò mette in evidenza semplicemente che la sua è una storia dello Stato sovietico e non del proletariato rivoluzionario. Per i rivoluzionari di oggi la questione non può essere liquidata così facilmente, dato che influenza il modo in cui rispondiamo agli interrogativi posti dall'ultima esperienza rivoluzionaria.

Nel 1921 il potere sovietico era diventato un guscio vuoto. Le elezioni ai soviet erano sotto l'occhiuta attenzione della Ceka. Parallelamente corpi armati sorvegliavano le fabbriche, mentre il taylorismo e la direzione in mano ad un unico uomo venivano imposte alla classe operaia più rivoluzionaria della storia. Gli operai accettavano tutto questo in quanto la guerra civile contro i Bianchi creava una situazione eccezionale. Allo stesso tempo, avevano accettato anche la rinuncia all'elezione degli ufficiali delle forze armate dal momento in cui Trotsky vi aveva introdotto membri della vecchia classe di ufficiali per sconfiggere i Bianchi. Ma quando l'ultimo generale bianco venne espulso dalla Russia, nel dicembre 1920, diversi segnali già lasciavano prevedere che quel regime di emergenza era destinato a perdurare. Le requisizioni di grano continuarono, Trotsky aveva persino annunciato che i metodi dell'Armata Rossa avrebbero dovuto essere imposti all'intera forza-lavoro (dibattito sulla militarizzazione del lavoro) e non vennero indette nuove elezioni per i soviet. Ovunque si parava di "disciplina ferrea" e più dittatura. Non c'è da stupirsi se il Partito, sempre più un partito di funzionari che di operai, era in preda alla burocratizzazione.

Questa burocratizzazione portò a sua volta alla nascita di un'opposizione da parte di gruppi proletari all'interno del Partito Bolscevico: gruppi come i Centralisti Democratici, guidati da Ossinsky e Sapronov, l'Opposizione Operaia diretta da Shlyapnikov e Kollontai e il Gruppo Operaio di Miasnikov. Tali opposizioni, qualunque fossero le loro debolezze o errori, volevano tornare ai principi rivoluzionari del 1917. Non sorprende che nel febbraio 1921 Lenin potesse affermare:

Noi dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la cruda realtà. Il partito è malato, il partito è febbricitante. E a meno che non riesca a curare la propria malattia rapidamente e radicalmente, si verificherà una rottura che avrà conseguenze fatali per la rivoluzione. (16)

Ma prima che il dibattito del partito potesse avere inizio in occasione del Decimo Congresso del Partito Comunista Russo in marzo, gli operai di Pietrogrado e Mosca già scioperavano. A Pietrogrado gli scioperi erano di massa e si domandava libertà di stampa, il rilascio dei prigionieri politici e il ritorno alla democrazia nello stato. Alcuni invocavano l'apertura di mercati di cibo locali per contrastare le ristrettezze (che si sarebbero trasformate in carestia nel 1921). Anche i contro-rivoluzionari ceravano di sfruttare la situazione avanzando la richiesta del ritorno dell'Assemblea Costituente. La reazione bolscevica fu di panico. Furono inviate truppe a fermare gli scioperi e arrestare i leader. La Ceka diffuse la falsa notizia che il movimento era dominato da elementi contadini (poiché in quel tempo a Pietrogrado era rimasto solo un nucleo proletario). Il fattore determinante per la fine degli scioperi fu l'arrivo di nuovi rifornimenti di pane, e del resto era stato in primo luogo l'annuncio dei tagli alle razioni di pane a scatenarli.

La rivolta di Kronstadt che scoppiò nella base navale fu una risposta diretta agli scioperi di Pietrogrado e alla repressione che seguì. Il 28 febbraio una delegazione da Pietrogrado fece un rapporto sulla situazione e venne adottato il programma della nave Petropavlovsk. Si chiedevano nuove elezioni per i soviet e libertà per tutti i socialisti e gli anarchici. È da osservare che il programma non menzionava la libertà per la borghesia e la flotta rigettò senza riserve la proposta reazionaria di riconvocare l'Assemblea Costituente. Dal punto di vista economico il programma invocava razioni più abbondanti, limitazioni del lavoro manuale e che i contadini producessero liberamente senza ricorrere al lavoro salariato. Era effettivamente molto meno "capitalistico" della Nuova Politica Economica che Lenin aveva già cominciato a lanciare prima che la rivolta scoppiasse.

Kalinin, che più tardi sarebbe diventato presidente stalinista dell'URSS, fu inviato a Kronstadt dove non fece che denunciare la flotta (che non era ancora in piena rivolta). La risposta che seguì fu la produzione delle Kronstadt Izvestia (Notizie di Kronstadt) che dichiarava:

Il Partito Comunista, a capo dello stato, si è distaccato dalle masse. Si è dimostrato incapace di tirar fuori il paese dal caos. Si sono verificati innumerevoli incidenti a Pietrogrado e Mosca che hanno messo in luce come il partito abbia perso la fiducia delle masse. (17)

La risposta del governo bolscevico consisté nell'annunciare che si trattava di "un complotto delle Guardie Bianche" condotto da un ex generale zarista chiamato Kozlovsky. Il fatto che a Parigi giornali émigré avessero parlato di problemi a Kronstadt tornò utile per fornire le prove che servivano, nonostante la nota ricusazione della controrivoluzione da parte di quelli di Kronstadt. Fondamentalmente i Bolscevichi vedevano la controrivoluzione come qualcosa che poteva venire solo dall'estero, pertanto i rivoltosi di Kronstadt non potevano che combattere per essa. Importanti considerazioni strategiche incrementavano il panico nei circoli governativ. Finché il mare intorno a Kronstadt era ghiacciato era possibile raggiungerla, ma una volta che il ghiaccio si fosse sciolto con l'arrivo della primavera, allora Kronstadt sarebbe diventata irraggiungibile e, perciò, una potenziale base da cui avrebbe potuto operare una forza capitalistica straniera. Ecco perché non si poteva contare su lunghe negoziazioni. Trotsky inviò a Kronstadt un ultimatum (il quale, per inciso, non riportava che "avrebbero sparato alla flotta come pernici", come era stato scritto in un volantino mandato dal Comitato per la Difesa di Pietrogrado diretto da Zinoviev). Il rifiuto si produsse il 7 marzo 1921: sul Kronstadt Izvestia si denunciava Trotsky come "il dittatore della Russia Sovietica". Il primo attacco ebbe luogo il giorno dopo, ma fallì con la morte di 500 soldati governativi.

Si determinò un'intervallo, poiché il Decimo Congresso del Partito Comunista Russo (Bolscevico) cominciò nello stesso giorno. Ulteriore evidenza a dimostrazione del fatto che il 1921 fu un punto di svolta decisivo per il destino della rivoluzione sovietica venne fornita dal Decimo Congresso. Tre questioni fondamentali furono all'ordine del giorno: il ruolo dei sindacati nel sistema sovietico, la politica da adottare nei confronti delle campagne, considerando che la situazione d'emergenza del periodo della guerra civile aveva ridotto la produzione agricola della metà rispetto al 1913, e l'abolizione delle correnti all'interno del Partito.

La questione dei sindacati venne assorbita dal dibattito con l'Opposizione Operaia guidata da Alexandra Kollontai e Alexander Shlyapnikov. l'Opposizione Operaia voleva che i sindacati assumessero la direzione della produzione, ma poiché aveva solo il sostegno di una cinquantina di delegati, la risoluzione finale "Sul ruolo e sui compiti dei sindacati" rifiutò la proposta. Si decise invece che i sindacati avrebbero dovuto essere "scuole di comunismo", pertanto non avrebbero potuto far parte dell'apparato statale. In questa prospettiva venne trovato l'accordo secondo cui "i sindacati sono l'unico posto... dove la selezione dei leader dev'essere effettuata dalle masse organizzate." Questa è una prova della portata del declino del potere sovietico, in quanto implica che non debba esserci nessun ritorno della democrazia sovietica.

Il 15 marzo il Congresso riconobbe altresì la necessità di una Nuova Politica Economica affinché le requisizioni di grano venissero sostituite da una tassa. Nel concreto questa concessione ai contadini andava persino oltre quanto fosse stato richiesto a Kronstadt. Molti Bolscevichi vi si opposero, incluso Ossinsky del gruppo Centralista Democratico. Riazanov qualificò il provvedimento come la "Brest [Litovsk, n.d.r.] dei contadini", ritenendolo un'altra concessione ad una classe nemica. La replica di Lenin fu che "solo un accordo con le campagne può salvare la rivoluzione".

Di fatto la NEP lasciava presagire un attacco su larga scala alla classe operaia, poiché portava alla privatizzazione delle aziende minori. Senza il supporto dello stato queste dovettero dare il via ai licenziamenti e si determinarono un aumento della disoccupazione e una caduta dei salari. Il Partito Bolscevico era allora il partito reggente di uno stato che stava tentando di tener duro per la rivoluzione mondiale e nello stesso tempo di portare avanti la controrivoluzione contadina. Ciononostante, finché il Partito Bolscevico tenne fede alla sua tradizione di aperto dibattito i rivoluzionari poterono conservare qualche speranza nel futuro. La risoluzione finale del Decimo Congresso del Partito, comunque, invocava l'abolizione delle fazioni (e l'Opposizione Operaia e i Centralisti Democratici vennero menzionati per nome nella risoluzione). Se ciò non ebbe l'effetto sperato (continuarono a riapparire fazioni fino al 1927), impegnò i Bolscevichi a difendere il Partito più strenuamente che mai. Lenin sembrò aver reagito in modo eccessivo alla minaccia posta dalle varie tendenze nel dibattito sui sindacati. Pensò erroneamente che l'Opposizione Operaia volesse mettere il ruolo del sindacato davanti a quello del partito. Quanto si sbagliasse venne dimostrato dal fatto che mentre i Bolscevichi a Kronstadt difendevano la base navale di Kronstadt, il resto del partito si era unito per reprimerla. Parteciparono anche quelle opposizioni che furono tra i 300 delegati di partito che presero parte alla tempesta finale di Kronstadt e che il 18 marzo ebbero la meglio. Ironia della sorte, la disfatta della Comune di Kronstadt avvenne esattamente cinquant'anni dopo che la Comune di Parigi era stata proclamata. Serge trovò alquanto rivoltanti le celebrazioni per la Comune di Parigi, dato che 10.000 militanti persero la vita sul ghiaccio, 1.500 difensori morirono e altri 2.500 vennero catturati. Alcuni di questi furono uccisi dalla Ceka. Serge stesso sostenne l'attacco. La sua sofferta critica della situazione è migliore di quella che qualunque altro contemporaneo può fornire.

Dopo molte esitazioni, e con un'angoscia indescrivibile, io e i miei amici comunisti ci schierammo dalla parte del Partito. Ecco perché. Kronstadt fu l'inizio di una rivoluzione fresca, liberatoria per la democrazia popolare; "La Terza Rivoluzione!" era definita da alcuni anarchici dalle teste piene di illusioni infantili. Comunque il Paese era assolutamente esausto e la produzione, praticamente, ristagnava; non c'erano riserve di alcun genere, nemmeno di energia nello spirito delle masse. L'elite della classe operaia che si era temprata nello scontro contro il vecchio regime era stata letteralmente decimata. Il partito, gonfiato dall'affluenza da gente in cerca di potere, ispirava poca fiducia. Degli altri partiti esistevano solo nuclei minimi, il cui carattere era alquanto discutibile...

Se la dittatura bolscevica cadesse, sarebbe un piccolo passo verso il caos, e tramite il caos verso una rivolta contadina, il massacro dei comunisti, il ritorno degli emigrati e, infine, per la mera forza degli eventi, un'altra dittatura, in questo caso antiproletaria. (18)

Più o meno lo stesso fu detto più tardi dai capi bolscevichi, anche se, prima che venisse stroncata, ripetevano la notizia falsa della Ceka che Kronstadt era un "complotto delle Guardie Bianche". Bukharin scrisse che le cose non stavano così, ma essi avevano dovuto soffocare la rivolta dei "nostri fratelli proletari in errore". Più avanti Lenin attestò con più accuratezza che il popolo di Kronstadt non voleva né il governo dei Bianchi né dei Bolscevichi, ma "non c'è nessun altro". E questo venne accettato a livello internazionale a quel tempo. Persino la KAPD, che stava già passando all'opposizione contro la Terza Internazionale, riconobbe, nel 1921, che la repressione di Kronstadt era necessaria.

Comunque, una cosa è dire che tutti gli internazionalisti, all'epoca, sostenevano la necessità della sconfitta di Kronstadt, altra cosa è che non si tratti di eventi da cui trarre lezione. Mentre Trotsky nell'agosto del 1940 poteva ancora scrivere nella sua biografia di Stalin che la soppressione di Kronstadt era stata "una tragica necessità", oggi possiamo esaminare più in profondità la sua lezione storica. In quest'ottica non si può considerare Kronstadt come un caso isolato. Come più tardi si poté osservare, qualunque parte avesse vinto, si trattava di una vittoria per la controrivoluzione. In ogni caso, mentre la sconfitta di Kronstadt era una sconfitta per il potere sovietico all'interno della Russia, le prospettive della rivoluzione internazionale rimanevano aperte, e questo era il fattore cruciale nell'opinione dei rivoluzionari del tempo.

Il vero problema risiedeva nel fatto che partito e stato fossero diventati una cosa sola.

La lezione da trarre è che il partito dev'essere il partito del proletariato internazionale, qualunque cosa i suoi membri facciano all'interno dei soviet di un particolare territorio. In futuro potrebbero esserci occasioni in cui i membri del partito si scontreranno con una situazione rivoluzionaria dovuta alla privazione materiale, come nel 1921, ma il partito del futuro, in quanto corpo, sarà internazionale. E non solo nello spirito. Non sarà legato fisicamente ad un'entità territoriale. Se il potere sovietico è quello che dichiara di essere, allora i soviet in ogni territorio possono votare ed esautorare i delegati di partito, ma il partito stesso parteggia solo per il programma della rivoluzione proletaria internazionale. Esso non è lo stato, né governa lo stato, nemmeno nel semi-stato operaio della transizione dal capitalismo al comunismo (19). Per i rivoluzionari dell'epoca il giovane stato operaio era sopravvissuto ad un momento critico. Per noi, a posteriori, qualunque cosa sia successa a Kronstadt, la controrivoluzione era già in marcia. Ne stiamo ancora subendo le conseguenze.

L'Azione di Marzo e il Terzo Congresso dell'Internazionale Comunista

Kronstadt non fu l'unico evento di quel mese ad indicare il riflusso dell'onda rivoluzionaria. In Germania, come si è visto, i comunisti, nel 1919, si erano divisi tra KAPD e KPD ed ogni tentativo di riunirli giunse ad orecchie sorde da ambedue le parti. Dal canto suo la KPD oscillava dalla nascita tra putschismo e passività. La sua partecipazione alla cosiddetta Azione di Marzo si rivelò un disastro che non solo costò loro due terzi dei suoi membri (che crollarono da 450.000 a 180.000 in tre mesi), ma svilì il morale e la volontà rivoluzionaria della classe operaia. La KPD rispose in parte ad una provocazione dell'esercito (che cercò di disarmare gli operai), in parte all'incoraggiamento di Radek e Bela Kun affinché collaborasse a rompere l'isolamento della Russia sovietica, e in parte volle mostrarsi più decisa nell'azione di quanto fosse stata durante il Putsch di Kapp, quando aveva lasciato che la SPD organizzasse gli scioperi che sconfissero il tentativo di colpo di stato della destra. Alla fine dell'Azione di Marzo il leader della KPD Eberlein cercò di stimolare gli operai a continuare a combattere incendiando edifici della KPD - una tattica che fallì subito quando fu denunciata dalla classe dominante. Il fiasco finale venne quando gli operai di Amburgo, che volevano continuare, finirono per combattere gli operai che consideravano l'Azione di Marzo terminata.

Molto tempo prima della disfatta dell'Azione di Marzo in Germania, la Russa sovietica stava negoziando la sua sopravvivenza nel regime imperialista che seguì alla guerra. Ciò non implicava la rinuncia automatica alla rivoluzione mondiale, ma semplicemente un riconoscimento della debolezza dell'economia sovietica e del bisogno di ripristinare il commercio con l'estero. Il 16 marzo 1921, due giorni prima della soppressione finale di Kronstadt, il governo britannico firmò l'Accordo Commerciale Anglo-Sovietico in cui di fatto si riconosceva il governo bolscevico in cambio della sospensione di ogni propaganda contro gli Inglesi in Afghanistan e in India. Qualunque negoziazione segreta fosse portata avanti con l'esercito e il governo tedeschi, nonostante si stesse realizzando l'Azione di Marzo, una missione commerciale tedesca guidata da Rathenau giunse a Mosca. Krasin, il Commissario Sovietico per il commercio con l'estero, in quel momento critico avvertì persino gli operai tedeschi che gli scioperi avrebbero ostacolato le consegne all'Unione Sovietica!

Ulteriore evidenza del fatto che l'onda rivoluzionaria si stesse placando si produsse al Terzo Congresso della Terza Internazionale Comunista nel giugno-luglio 1921. Qui Trotsky disse ai delegati che nel 1919 si erano aspettati la rivoluzione mondiale nel giro di mesi. Ora stavano parlando di una "questione di anni". La débacle dell'Azione di Marzo e della rivolta di Kronstadt pesava sui leader bolscevichi che organizzarono i principali dibattiti. Non c'era più quell'ambiente di intransigenza rivoluzionaria in cui erano state adottate le 21 condizioni del Secondo Congresso non era più di difesa intransigente delle posizioni rivoluzionarie. A quel punto la questione principale era come arrivare ad una base di massa per i Partiti Comunisti. Dato che l'onda rivoluzionaria stava rifluendo ciò significava cercare alleanze con gli stessi socialdemocratici che si erano uniti ai fronti imperialisti nel 1914 ed erano stati conniventi nell'omicidio di centinaia di comunisti da parte dei cripto-fascisti.

Il Terzo Congresso dell'Internazionale rappresentò un altro spartiacque nella svolta controrivoluzionaria del 1921. Indicò anche come il destino dell'Internazionale sarebbe rimasto legato al corso della controrivoluzione in Russia. Ciò si palesò innanzi tutto nel dibattito su quella che era stata precedentemente definita "la questione nazionale e coloniale". In precedenza l'Internazionale aveva sopravvalutato le lotte di liberazione nazionale contro l'imperialismo, considerandole strettamente legate alla lotta per il comunismo. Ora (solo nove mesi dopo la Conferenza di Baku) non si riferiva neppure ai "conflitti nazionali e coloniali" ma alla "questione orientale". Un trattato commerciale russo con l'impero britannico e trattati con la Persia (Iran) e la Turchia implicavano il fatto che tali Paesi non dovevano essere attaccati. C'è poco da stupirsi se il comunista indiano M.N. Roy espresse l'unico vero giudizio l'unico giudizio davvero pesante sul dibattito denunciando la politica del Comintern come "puro opportunismo" "più adatta ad un congresso della Seconda Internazionale" (20).

La stessa cosa valeva anche per lo slittamento verso la socialdemocrazia in generale. Il fronte unico con i carnefici della classe operaia sarebbe stato proclamato al Terzo Congresso se non fosse già stato associato con il leader in disgrazia della KPD Paul Levi, il quale era stato espulso all'inizio dell'anno. L'esortazione dei leader bolscevichi al Terzo Congresso fu invece di andare "alle masse". Ma i Comunisti avevano già fatto ricorso a quest'idea, persino mentre cercavano di dividere i partiti socialdemocratici. Pertanto, cosa poteva significare il nuovo slogan? Nient'altro che un riavvicinamento alla socialdemocrazia a tutti i livelli. Mentre i nostri predecessori politici alla guida del Partito Comunista d'Italia, non avevano avuto difficoltà ad accettare quello slogan, di fatte decisero di applicarlo in modo diverso. Per loro andare incontro "alle masse" significava unirsi agli operai dei partiti socialdemocratici negli scioperi e in altre azioni, ma continuando ad opporsi al collaborazionismo di classe dei loro leader. Da dicembre, quando il Partito Russo adottò per la prima volta lo slogan del "fronte unico", fu chiaro che l'idea non era di lavorare con le masse, bensì con i leader - questo fu il primo passo verso l'abbandono del percorso rivoluzionario su scala internazionale. Non fu annunciato come tale, ma di fatto le cose stavano così. Se il 1921 mostrò che la rivoluzione all'interno della Russia si era rivoltata contro la classe operaia, rappresentò anche l'inizio del processo che portò all'abbandono dell'internazionalismo proletario. Secondo il giudizio dei nostri compagni del Partito Comunista Internazionalista, il Terzo Congresso fu il punto di svolta nella storia dell'Internazionale Comunista:

Giganteggiava la contraddizione che continuava ad attanagliare la prima esperienza rivoluzionaria su scala mondiale. Fare la rivoluzione in un qualsiasi paese, sconfiggere momentaneamente la propria borghesia sul terreno del conflitto armato, non significa aver costruito il socialismo, ma soltanto avere create le condizioni politiche indispensabili.Indispensabile è distruggere lo strumento politico di cui si serve la borghesia per attuare il proprio dominio di classe, sostituendolo con un altro strumento politico, questa volta proletario, organizzato sulla base della più ferrea dittatura, ma non è per niente sufficiente.Perché si possa marciare effettivamente verso la costruzione del socialismo occorre avere per le mani una struttura produttiva sufficientemente sviluppata, una autonomia economica dal mercato internazionale pressoché assoluta, condizioni che mancavano completamente alla Russia di quegli anni. Per cui l'unica via di salvezza per l'arretratissima Russia consisteva nella vittoria rivoluzionaria in qualche paese dell'Occidente europeo, meglio ancora se industrialmente avanzato. Ne conseguiva che l'IC e il partito bolscevico che, volenti o nolenti, ne rappresentava la spina dorsale, moltiplicassero gli sforzi per accelerare o perlomeno favorire, sulla base corretta dei due primi congressi, soluzioni rivoluzionarie e non di compromesso.
Comunque camuffati, la rinuncia all'autonomia politica del partito di classe e alla dittatura del proletariato, non sarebbero servite né a convincere i capi della socialdemocrazia né a riunificate le masse attorno a un programma rivoluzionario, compromesso, ma soltanto a confondere le idee al proletariato internazionale, a spuntare lo strumento politico della sua lotta e ad offuscarne gli obiettivi.
Sorge legittimo il dubbio che negli elementi responsabili del partito bolscevico e nella stessa IC, al di là delle analisi ufficiali, si iniziasse a ritenere che la situazione fosse meno favorevole del previsto e che tanto valesse privilegiare la pur precaria situazione russa attraverso una politica internazionale di alleanze con le forze della socialdemocrazia perr garantirsi una cintura di sicurezza più consistente, che non proseguire sulla strada dell'allargamento rivoluzionario. Solo sotto questo aspetto le rettifiche tattiche sul fronte unico e sul governo operaio escono dall'equivoco per assumere la loro giusta configurazione (21).

Il 1 Maggio 1922, per la prima volta, lo slogan "rivoluzione mondiale" non fu tra quelli emessi dal Partito Comunista Russo.

Il significato di tutto questo non era però così ovvio per i rivoluzionari dell'epoca. In ogni processo si verificavano arretramenti, e i rivoluzionari dovevano conservare un razionale ottimismo nei confronti dei possibili rovesciamenti di quei regressi. Trotsky difendeva l'adozione della parola d'ordine "alle masse" come "la strategia della ritirata temporanea", ma quanto "temporanea"? Nel 1922 Bordiga criticava apertamente “il pericolo di assistere alla degenerazione del fronte unico in revisionismo comunista” (22).

Nel 1924 egli chiedeva l'abbandono degli slogan "fronte unico" e "governo operaio" in quanto fonti di confusione. A quel tempo, comunque, un'ulteriore degenerazione aveva colpito tutti i partiti comunisti dell'Internazionale soggetti alla "bolscevizzazione", nella misura in cui i loro capi venivano scelti in base alla loro sottomissione a Mosca e nell'interesse della politica estera dello stato sovietico. Gramsci sostituì Bordiga su pressione di Mosca ed egli utilizzò svariati mezzi organizzativi per distruggere l'egemonia che la Sinistra Comunista Italiana esercitava sul Partito Comunista d'Italia (anche se la conservò fino al Congresso di Lione del 1926) (23). Per quell'epoca i nostri predecessori politici della Sinistra Comunista avevano formato il Comitato d'Intesa la cui Piattaforma riassumeva le loro opinioni sul fiasco completo della politica del Comintern.

È ingannevole pensare che espedienti e manovre tattiche possano allargare la base del Partito in ogni situazione, poiché il rapporto tra il partito e le masse dipende in gran parte dalla situazione oggettiva. (24)

La rivoluzione è un affare delle masse

Per concludere, il 1921 non fu solo un susseguirsi di arretramenti disconnessi, ma rappresentò la vera e propria fine dell'ondata rivoluzionaria e il definitivo inizio del rovesciamento del processo che aveva posto la rivoluzione proletaria mondiale nell'agenda della storia. Per i rivoluzionari del tempo era ovvio che si stava verificando una ritirata di massa su scala internazionale. I Bolscevichi si convinsero che essi avrebbero dovuto mantenere unito il bastione proletario originario finché la rivoluzione mondiale non fosse arrivata. Ma la debolezza del proletariato russo fece sì che il Partito Bolscevico si trasformasse progressivamente non solo in dirigente dello stato, ma nello stato stesso. E questo stato si mostrava sempre più come un nascente stato capitalista sovietico contro la classe operaia. Pertanto si registrò una delle più confuse controrivoluzioni della storia, nella quale il partito che era stato la massima espressione della classe operaia nel 1917 venne trasformato in agente di sconfitta proletaria dalle circostanze storiche relative alla guerra isolata del proletariato russo contro l'imperialismo. Niente di tutto ciò passò inosservato alle opposizioni interne al Partito Bolscevico e persino allo stesso Lenin. All'Undicesimo Congresso del Partito Comunista Russo nel marzo 1922 parlò così ai delegati:

... e se consideriamo quell'enorme macchina burocratica, quell'apparato gigantesco, dobbiamo chiederci: chi sta comandando chi? Dubito seriamente che si possa affermare che sono i comunisti a dirigere quell'apparato. A dire il vero essi non stanno comandando, essi vengono comandati. (25)

In ogni caso è solo a posteriori che si è potuto vedere il 1921 come l'anno in cui la rivoluzione fu perduta, e questo dev'essere tenuto in considerazione nel nostro bilancio dell'esperienza russa. Ciò che si può derivare da tale esperienza non è la conclusione consiliarista che tutti i partiti sono borghesi (come sostenne Otto Ruhle prima di correre al lavoro per il Governo Messicano del Partito della Rivoluzione Istituzionalizzata!). Poiché la classe operaia non ha alcuna proprietà da difendere, la sua coscienza (incorporata nel suo programma) non può che prendere la forma di un corpo collettivo. E poiché alcuni operai, in virtù della loro esperienza, arrivano alle idee rivoluzionarie prima degli altri, sono tenuti ad assumere la guida dell'organizzazione di se stessi. Questo comporta un corpo politico che non è basato sul compromesso con la classe capitalistica, ma ne è il costante avversario. Ciò per noi può significare solo un partito rivoluzionario.

Quello che il 1921 e il declino della rivoluzione dimostrano, comunque, è l'esigenza che quel partito sia internazionale e centralizzato prima dell'esplosione rivoluzionaria. Quel partito deve inoltre rimanere al di fuori di ogni funzione governativa o statale, come corpo qualunque compito debbano espletare a livello locale i suoi militanti A livello locale il potere è retto dai consigli degli operai armati. Quelli sono gli unici corpi statali finché la borghesia non è soppressa in tutto il mondo. Il Partito è un'avanguardia politica che difende il programma del comunismo piuttosto che qualunque territorio che dichiara di essere sulla via del comunismo. Alcuni potrebbero obiettare che ciò è utopistico quanto è idealistico, ma dobbiamo ricordare che proprio nel 1921, al Decimo Congresso di Partito per un istante Lenin accarezzò l'idea di effettuare una separazione tra Partito e stato. Esortò una specificazione chiara e una demarcazione netta delle rispettive sfere e propose che agli organi dello stato venissero concesse maggiore autonomia e libertà dalle interferenze del Partito (26).

Harding successivamente ci dice che Lenin riconobbe "quasi immediatamente" che la sua proposta non avrebbe funzionato. Ma questo perché la situazione del 1921 rendeva impossibile riscrivere il passato. I Bolscevichi non potevano rinunciare al potere statale poiché i soviet erano già gusci vuoti. Se questa proposta fosse stata avanzata nel novembre 1917 e i soviet avessero conservato vita politica, allora sarebbe stato possibile. Nel 1921 i Bolscevichi erano ridotti nella condizione di mantenere il potere statale nella speranza che "qualcosa saltasse fuori" nelle vesti di rivoluzione mondiale.

Tutto questo resta semplicemente un'utopia se la classe operaia non si muove in massa e non anima il partito internazionale e i consigli operai. Infine la sola garanzia di vittoria è la relativamente rapida estensione della rivoluzione almeno ai maggiori Paesi imperialisti poiché, finché non saranno paralizzati, essi avranno la capacità di distruggere qualunque iniziativa rivoluzionaria. Imponendo una guerra civile internazionale su una già esausta repubblica sovietica essi poterono distruggerla materialmente. Mentre i Bolscevichi vinsero militarmente sul territorio russo, il fallimento della rivoluzione mondiale altrove significò che il conflitto di classe era politicamente perso. L'adozione della NEP e il fronte unico nel 1921 rappresentarono gli epitaffi di quella sconfitta politica. La classe operaia sta ancora vivendone le conseguenze.

Traduzione del testo della Cwo apparso su Internationalist Notes n. 20

(1) Cfr. Victor Serge, La Rivoluzione in pericolo, tradotta da Ian Birchall, Redwords, 1997.

(2) Non accettiamo la definizione "Marxisti libertari" come riferita a veri Marxisti: il Marxismo è libertario o non è Marxismo. Lo Stalinismo etc. non sono Marxismo. Per le nostre più ampie considerazioni sulla Rivoluzione Russa cfr. il pamphlet 1917 (£2 dall'indirizzo di Sheffield). Una nuova versione estesa fino a comprendere la contro-rivoluzione è in preparazione.

(3) Cfr. il contrasto tra Six Weeks in Russia 1919 e The Crisis in Russia 1920 di Arthur Ransome, entrambi editi da Redwords, 1992.

(4) Citato in W.P. e Z.C. Coates, Armed Intervention in Russia 1918-22, Londra 1935, p. 229.

(5) Rethinking the Russian Revolution, Edward Arnold 1990, p.204.

(6) Victor Serge, Memoirs of a Revolutionary, Oxford 1963, pp. 70-1.

(7) Nonostante sia da ricordare l'eroica opposizione dei minori Partiti Socialisti Balcanici in Serbia e in Bulgaria.

(8) Lenin, Selected Works Vol. 2, p. 505.

(9) Lenin, Selected Works Vol. 33, p. 98.

(10) Citato in The German Revolution and the Debate on Soviet Power, ed. John Riddell, Pathfinder Press, New York 1986, p. 33.

(11) Citato in E.H. Carr, The Bolshevik Revolution Vol. 3, Pelican Edition, 1966, p. 133.

(12) Carr ibid. Le truppe britanniche non furono ritirate per altri sei mesi e non prima di quando al porto di Londra si rifiutarono di caricare la nave Jolly George e farla salpare per Archangel e Murmansk.

(13) Carr op. cit. p.138.

(14) L. Kritsman, The Heroic Period in the October Revolution, 1926, p. 166.

(15) Cfr. P. Binns, T. Cliff e C. Harman, Russia: From Worker's State to State Capitalism, Bookmarks, 1987, p. 20. Essi non stanno facendo altro che ripetere le false accuse di Trotsky proclamate nel suo articolo del 1938 Hue and Cry over Kronstadt.

(16) Citato in Kronstadt 1921 Analisi senza complessi di nun sollevamento popolare nella Russia di Lenin In Prometeo IV serie n. 5 (giugno 82) .

(17) Ida Mett, The Kronstadt Commune.

(18) Serge op. cit. pp.128.9.

(19) Rifiutiamo anche l'idealismo della Corrente Comunista Internazionale che pensa che sia sufficiente dire che "tutte le azioni di violenza del proletariato devono essere proscritte" (cfr. International Review 100 p.21) come se ciò risolvesse il problema. Non solo questa è semplicemente una soluzione pia con cui tutti possono essere d'accordo, ma pone altresì un'altra questione. La decisione di chi è proletario e chi no dev'essere ancora presa e noi saremmo certamente infastiditi dal doverci sottoporre ad un test della CCI!

(20) Cfr. E.H. Carr, The Bolshevik Revolution Vol. 3, p. 386.

(21) I nodi irrisolti dello stalinismo alla base della perestrojka, Edizioni Prometeo, 1989, pp. 20-21.

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