E va in crisi anche il calcio

La fine di agosto ha visto esplodere l'ennesima crisi del calcio italiano, con baruffe, ricorsi ai tribunali, minacce di serrate, cortei, intervento e schieramento dei politici a favore dell'una o dell'altra squadra. Insomma, una copia in salsa sportiva del consueto e squallido teatrino della politica italiana, con tanto di presidenti che si divertono a fare i martiri e i giustizieri, quando è fin troppo evidente che ognuno, senza eccezioni, cerca soltanto di portare più acqua (cioè soldi) al suo mulino. D'altronde perché il mondo del calcio dovrebbe girare diversamente da come gira la società capitalista entro cui esso è calato fino al collo? Calcio non significa forse un giro d'affari ultramiliardario? Beh, allora i conti tornano.

Ora, quando le maglie delle squadre non avevano ancora gli sponsor, cioè fino a venti, venticinque anni fa circa, le cose non erano molto diverse da come sono adesso, ma un poco sì. La presenza o l'assenza dello sponsor sulla maglia non è ovviamente il succo di questa diversità; è però il dato emblematico del fatto che prima, nel mondo del calcio, l'interesse economico non era così invadente e totalitario come lo è oggi. E questo non perché i padroni di ieri fossero meno padroni di quelli di oggi, ma semplicemente perché il capitalismo in cui il calcio professionistico si trovava immerso, non essendo ancora incalzato dalla crisi di profitto dei nostri giorni, lasciava un poco più di respiro e permetteva quindi a certi padroni di comportarsi da mecenati, ossia, come si diceva una volta, da "ricchi scemi". Oggi, questo, non è più concesso.

Certo, ci sono poi delle chicche nostrane, come la possibilità data a ogni squadra di vendere individualmente i propri diritti televisivi, il che comporta la stipulazione di contratti molto diversi e un consequenziale aumento della disparità fra società minori e società maggiori. Ma torniamo così al punto di partenza: la crescente polarizzazione economica, l'aumento del monopolio, non sono forse i sintomi più evidenti della crisi di profitto dove i pesci grandi fagocitano i piccoli? E perché il mondo del calcio dovrebbe restare immune da questi meccanismi? Fino a prova contraria, dove entrano in gioco dei capitali vige il capitalismo...

"No al calcio moderno", scrivono spesso i tifosi sui loro striscioni. "No al calcio dei padroni" sarebbe molto più corretto. Ma un calcio senza padroni è sicuramente il calcio di un'altra società.

GS

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.