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Home ›I sindacati e le esigenze del paese
Per la cosiddetta e variegata sinistra borghese, una diversa manovra/stangata finanziaria avrebbe dovuto fondarsi sul ritorno ufficializzato al metodo della concertazione, vale a dire - prima di menar legnate più o meno morbide - consultando le cosiddette parti sociali e soprattutto confrontandosi con chi pretende di rappresentare i lavoratori, cioè i Sindacati. Questi, stigmatizzando il colpevole comportamento del Governo, suggeriscono responsabilmente una soluzione che farebbe perno sul sistema delle relazioni concertative fra Governo e Sindacati, lungo la strada di quella politica dei redditi che ha il proprio Vangelo nel protocollo del luglio 1993.
Le regole da rilanciare sarebbero quelle che - controllando (cioè sempre bloccando) salari e retribuzioni per abbassare l'inflazione e migliorare i conti pubblici - hanno portato al bel risultato di una costante diminuzione del potere d'acquisto dei salari e di un aumento dei profitti, delle rendite e delle ricchezze patrimoniali della classe borghese, lasciando ugualmente inflazione e conti pubblici in stato comatoso. Il medesimo obiettivo, insomma, perseguito dai capitalisti e dai loro governi; un risultato allora e oggi vantato dalle stesse dirigenze sindacali che, allarmate dal clima di declino economico e di crisi industriale diffuso nel Paese, di tutto si occupano per una ripresa dello sviluppo dell'economia all'infuori di una richiesta concreta di aumenti salariali, di blocco dei licenziamenti, di effettive riduzioni degli orari e dei carichi di lavoro che vanno assumendo livelli bestiali. Svolgendo inoltre la loro sporca funzione di guardiani - assieme a padroni e poliziotti, dentro e fuori le fabbriche - affinché qualche scalmanato non cerchi quanto meno di coordinare un tentativo di opposizione dal basso.
Una vera e propria opera di intimidazione e di repressione nel nome della libertà e della democrazia borghese, imposte con le buone o con le cattive dietro la maschera dell'ipocrisia politica e dell'ordine costituzionale. Non per nulla la Repubblica è fondata sul lavoro dominato dal capitale e chi pensa di far valere i propri diritti (di salariato e sfruttato) deve essere addomesticato con ogni mezzo. Oppure va fatto tacere, cassa integrazione e licenziamento compresi.
Bisogna sostenere la vitalità imprenditoriale,
proclama il cislino Pezzotta, e per far questo ecco la ricetta comune dei rappresentanti legali dei lavoratori:
Fiscalità di vantaggio per le imprese, riforma degli incentivi, infrastrutture e un nuovo rapporto tra banche e imprese, tra università e mondo produttivo.
E la Cgil rincara la dose:
Bisogna percorrere la via alta della competitività; far crescere la dimensione delle nostre imprese quale via principale per tradurre in maggiore sviluppo sia i rilevantissimi progressi compiuti con il pacchetto Treu nella flessibilizzazione del mercato del lavoro, sia il ribasso dei tassi di interesse.
Dal documento Ggil per il Dpef 2004/07
Mentre nelle imprese maggiori continua da anni un inarrestabile stillicidio di posti lavoro (a migliaia nei settori alimentare, meccanico e tessile), le direzioni sindacali si confermano nel loro ruolo di salvaguardia degli interessi del capitalismo e della sua conservazione, a base di riforme democratiche centrate su massicci finanziamenti alle imprese e detassazioni dei loro profitti per un rilancio dell'accumulazione di capitale. La ricetta sarebbe dunque quella classica: produrre per accumulare profitti, la produzione per la produzione, il profitto per il profitto. Solo allora, spremendo come limoni i proletari e sfruttando al massimo la loro forza-lavoro per ossigenare un capitalismo in evidente crisi, si potrebbe (forse, ma non è detto, anzi la realtàè ben diversa) parlare - bontà loro! - di qualche ritocco salariale per i sopravissuti al Protocollo sulla competitività, sottoscritto da Sindacati e Confindustria. Fermo restando quel capolavoro del pacchetto Treu, antesignano della legge Biagi, punto di partenza della valanga di precarizzazione del lavoro che si è abbattuta su milioni di proletari e che tanta soddisfazione sembra procurare alla Confindustria e quindi ai difensori e sostenitori del lavoro sfruttato e salariato.
davideBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 2005
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