Il taglio del cuneo fiscale

Come far risparmiare Stato e imprese facendo pagare il conto ai lavoratori

Innanzi tutto spieghiamo cos’è il taglio del cuneo fiscale e contributivo. In pratica, quando la manovra del taglio del cuneo sarà a regime, ci sarà una riduzione del 5% della spesa che un’azienda oggi paga per le imposte e i contributi sul salario del lavoratore; quindi, in soldoni, l’operazione consiste in una riduzione del costo del lavoro cioè di un aumento dei profitti aziendali.

Il governo vuole avviare la riduzione tagliando immediatamente l’Irap (iniziale risparmio per le aziende di 4,5 miliardi di euro). Poi seguiranno altri interventi mirati a quelle aziende che si impegneranno a stabilizzare i lavoratori assunti con contratti precari e ad aumentare le buste paga attraverso la riduzione dei contributi pagati direttamente dai lavoratori stessi. Come si vede si vogliono alleggerire le grandi imprese, destinatarie dell’operazione, di alcuni loro costi scaricandoli sul bilancio dello stato. In questo modo il governo si potrà vantare, come sta già facendo, di fare una politica a favore dei lavoratori senza precisare però che non farà pagare nulla alle imprese! Quando l’operazione di riduzione del cuneo sarà completata, i tempi non sono ancora stati definiti perché legati a quelli del taglio del bilancio statale di 40 miliardi di euro, lo stato avrà rinunciato a entrate annuali pari a circa 10 miliardi di euro, il che significa che questi soldi si troveranno ogni anno nelle tasche dei padroni, soci e azionisti delle imprese. Mica male, no?!

Intanto si sa che le finanze dello stato sono in una situazione disastrosa e rischiano la bancarotta; ecco allora che il governo sta definendo come andare a recuperare tutti questi soldi. In pratica deve decidere chi deve impoverire per poter ulteriormente arricchire la borghesia italiana: si tratta dei soliti lavoratori dipendenti.

Vediamo come. Innanzi tutto precisiamo che quelle che seguono sono solo le prime proposte conosciute attraverso le interviste date ai giornali dal ministro dell’economia Padoa Schioppa, dal presidente del consiglio Prodi e dal vice ministro dell’economia Visco. Esse saranno prossimamente oggetto di messa a punto (notiamo per inciso che i rifondazionisti per ora non hanno criticato sostanzialmente la manovra ma hanno solo mosso rilievi marginali).

Primo punto: congelamento biennale degli aumenti contrattuali del pubblico impiego. In questo modo i lavoratori dipendenti dello stato pagheranno di tasca loro 5 miliardi di euro (il 50% della riduzione del cuneo fiscale e contributivo!). Ecco il perché dell’enfasi data dal governo al rilancio della concertazione sindacale. I sindacati, entusiasti per il ritrovato ruolo di primi attori della politica nazionale, prontamente si sono già seduti al tavolo delle trattative per avviare col governo il “democratico” confronto. Per salvare la faccia, il governo si impegnerebbe, si badi bene che si tratterebbe solo di un impegno e non di un obbligo, alla stabilizzazione dei lavoratori precari dello stato, circa 400.000 persone. Fatto sta che alla fine e con buona pace dei sindacati, secondo quanto dice lo stesso Padoa Schioppa, il risparmio sarà proprio di 5 miliardi di euro pagati dai dipendenti pubblici.

Punto due: la moderazione salariale dispiegata a tutto campo e in ogni settore concordata col sindacato. Pur non facendo cifre e non precisando le sue intenzioni, il governo vuole ottenere risorse finanziarie per ridurre il costo del lavoro alle aziende che si impegneranno, come detto sopra, a stabilizzare una parte dei loro lavoratori precari e a restituire una parte (solo una parte,!) dei quattrini così ottenuti ai loro dipendenti riducendo i contributi che essi pagano. Si tratta di un contentino da dare a una parte di lavoratori (quelli delle grandi imprese) fatto pagare...ai lavoratori nel loro complesso! In questo modo, con qualche euro in più nella busta-paga di alcuni lavoratori e con qualche contratto di lavoro precario in meno, si taciterebbero anche le frange estreme della compagine governativa che reclamano, come affermano, una maggiore attenzione alle “esigenze popolari”.

Ora esaminiamo la generale manovra di “risanamento” del bilancio dello stato. Qui addirittura il governo non chiarisce con precisione l’entità del taglio (si tratterebbe di almeno altri 30.000 miliardi di euro) e i punti su cui esso sarà incentrato. Il governo farà consistenti e allarmanti tagli alla spesa, soprattutto a quella sociale. Qui il riserbo è massimo e prelude a una bastonata che i lavoratori si ricorderanno per un pezzo perché si tratterà di inasprire fortemente il costo a loro carico di tutti i servizi pubblici e di eliminarne molti altri. Si tratta della solita sanità (nuovi ticket, nuove riduzioni ed eliminazioni di servizi), di ulteriori costi per usufruire dei trasporti, della scuola e di ogni servizio fornito dalla pubblica amministrazione. Per le pensioni già si parla di un innalzamento ulteriore dell’età lavorativa. Gli interventi saranno molto duri come ha già dichiarato Padoa Schioppa.

Poi ci saranno alcuni interventi di minor rilievo che allargheranno alla piccola borghesia il carico della manovra. L’ipotesi è quella di uniformare le cosiddette rendite finanziarie aumentando il prelievo fiscale che grava su di esse. Mentre il grande capitale finanziario troverà il modo di eludere la manovra, ad esempio evitando di acquistare i titoli azionari e obbligazionari italiani avendo a disposizione il mercato mondiale, il piccolo risparmio del lavoratore dipendente o della piccola borghesia, che quasi sempre si trasforma in buoni ordinari del tesoro, sarà gravato da un’aliquota fiscale che passerà dall’attuale 12,5% al ben più alto 20% (con questo lo stato racimolerebbe altri 3 miliardi di euro). Inoltre aumenterà il prelievo contributivo per i lavoratori autonomi e i contributi sul lavoro a tempo determinato pagati dalle imprese. Anche in questo caso non ci sarà alcun vantaggio per i lavoratori perché un aumento di qualche punto percentuale di contributi non scoraggerà certo l’uso selvaggio delle norme delle leggi Treu-Biagi che ora fanno risparmiare ai datori di lavoro il 30-40% e fino al 50% dei costi contrattuali del tradizionale lavoro a tempo indeterminato.

Appena eletto, il governo di centro sinistra presenta ai lavoratori il conto di decenni di pessima amministrazione pubblica che hanno provocato una voragine nei conti dello stato. Mentre le imprese sono state sempre finanziate, mentre gli amministratori si sono arricchiti svaligiando le finanze statali, ora i lavoratori dovranno pagare.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.