Il vertice di Vienna Usa/Ue

Una tregua momentanea in vista dei futuri scontri

Poche ore sono bastate a liquidare l’incontro annuale tra Stati Uniti ed Europa, scarsi i temi trattati, blandamente sottoscritti da entrambe le parti alla ricerca di un’immagine di ritrovata concordia da offrire al mondo. Ma aldilà delle apparenze i motivi che spingono alla collisione permangono, anzi le dinamiche della crisi non cessano mai di lavorare ai fianchi, innescando la sfrenata concorrenza tra i vari imperialismi, costringendoli a farsi le scarpe l’uno con l’altro.

La momentanea tregua si spiega per due ragioni, la prima perché gli americani sono impantanati in Iraq e non sanno come uscirne, naturalmente alla condizione di portare a casa il frutto del saccheggio che è alla base delle motivazioni della guerra, cioè il controllo dell’area petrolifera mediorientale. La seconda ragione è che anche l’Europa si trova in una situazione di stallo, dove il processo di unificazione è lento e faticoso, non al passo con l’accelerazione impressa dagli eventi.

Uno scenario internazionale che vede l’esuberante avanzata economica di alcune aree geografiche a fronte dello stallo delle classiche centrali dominanti.

Che la partita si giochi per il controllo delle materie prime a scala planetaria e il manetnimento del primato del dollaro è certo: gli Usa vogliono continuare a svolgere questo ruolo da protagonisti; mentre l’Unione europea, che nel suo complesso è la più forte area economica del pianeta, non può più esercitare un ruolo da comprimario, pena l’essere relegata ad un angolo e avviarsi ad un lento e inesorabile declino.

I punti sottoscritti a Vienna da Usa e Ue sono i seguenti.

  1. l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’Iran per quanto riguarda la questione nucleare. In altre parole Teheran dovrà abbandonare il progetto di arricchimento dell’uranio in cambio dell’apertura privilegiata dell’interscambio commerciale e di incentivi sul piano economico. In caso contrario Washington e Bruxelles concorderanno insieme sanzioni e provvedimenti restrittivi in sede Onu.
  2. La questione nordcoreana dove si auspica che Pyongyang rispetti gli accordi e non sperimenti il lancio di missili con testate nucleari.
  3. Lo sviluppo di una nuova strategia energetica che garantisca la sicurezza degli approvvigionamenti e che preveda il rispetto degli accordi di Kyoto concernenti lo stato di salute del clima e la diminuzione dell’emissione dei gas serra.
  4. Un monito comune all’annoso problema israeliano-palestinese. Da una parte si sollecita Hamas e l’Anp a cercare di riavviare il processo di pace in Medio Oriente, dall’altra si invita il governo israeliano ad evitare una nuova emergenza palestinese.
  5. infine sono stati raggiunti degli accordi per tutta una serie di misure economiche di interesse comune, come la difesa dei diritti sulla proprietà intellettuale contro le contraffazioni delle merci perpetrate da vari paesi, i quali dovranno essere perseguiti a norma di legge. Inoltre altre intese sono state sottoscritte per quanto riguarda la liberalizzazione dei trasporti aerei e più in generale del commercio mondiale.

A tutto questo ha fatto da cornice la tirata d’orecchi degli europei a Bush sul tema dei diritti umani, pesantemente violati nei confronti dei 400 prigionieri di Guantanamo. Qui gli interlocutori hanno nicchiato stemperando i dissensi e rimandando al futuro la risoluzione della questione.

In sostanza il summit si è mantenuto su un livello di basso profilo, un rituale che si rinnova ogni anno ma che dimostra di essere sempre più evanescente, dove si mettono sul tappeto tanti temi a cui si danno risposte tanto generiche da non significare nulla, e in cui alla apparente unanimità di vedute corrisponde una reale divaricazione di interessi.

Ben più significativi, invece, sono stati gli incontri di Prodi avvenuti in precedenza a Parigi e Berlino con gli esponenti dei governi di Francia e Germania. In entrambe le capitali il capo del governo italiano non a caso è stato accolto con particolare calore in quanto sicuro e convinto europeista di antica data che potrà contribuire a dare nuova linfa alla prospettiva europea. Creare uno zoccolo duro comprendente i principali paesi del vecchio continente vuol dire meglio attrezzarsi nella competizione interimperialistica con gli Stati Uniti e le altre potenze emergenti. Dopo la parentesi berlusconiana che aveva svilito il ruolo dell’Italia in Europa, ora Prodi vuole invertire la rotta, auspicando, tanto per cominciare, il rilancio della carta costituzionale e il rafforzamento del mercato europeo.

I bassi tassi di crescita economica nella Ue, la ripresa americana già sgonfiatasi, sono l’ennesimo segnale della fatica che fa il capitale nelle sue punte più avanzate a spuntare adeguati saggi di profitto. Malgrado i costanti attacchi che vanno avanti da oltre due decenni contro il proprio proletariato, il decentramento produttivo che ha favorito nuove aree geografiche come Cina, India, Brasile ecc., la speculazione finanziaria che ha drenato risorse dai paesi del terzo mondo verso le centrali dell’imperialismo, i problemi rimangono tutti sul tappeto. Da qui, le crescenti tensioni internazionali e la frattuira di quella solida alleanza del passato tra Usa ed Europa, i cui destini non potranno che divergere ancor di più in avvenire.

cg

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.