Il PCInt e i partigiani italiani dopo la caduta di Mussolini

Quel che segue è la traduzione di un articolo apparso sul n. 74 di Workers Voice (ottobre-novembre 1994) a sua volta sintesi del Quaderno di Bc n.6, dedicato al processo di formazione e alla nascita del PClnt, presentato ai lettori inglesi.

La relazione fra antifascismo o una lotta per un governo democratico e la lotta per il comunismo è una questione chiave. Non è assolutamente un problema accademico, o di artcheologia rivoluzionaria. Al contrario, nel clima politico attuale in cui gli attacchi razzisti dei neo-fascisti portano i gruppi di strema sinistra a unirsi con i principali partiti i campagne anti-fasciste tese a mobilitare principalmente i giovani operai nella lotta di difesa o di sviluppo dei diritti democratici. In questa prospettiva riecheggiano nostalgiche celebrazioni del frontismo popolare degli anni '30, del superamento delle divergente fra laburisti e comunisti nella battaglia di Brick Lane a difesa degli ebrei attaccati dai fascisti, della grande spinta ideale dei volontari nella Guerra civile spagnola a fianco della repubblica. Ci vengono riproposte immagini dell'olocausto a memoria di ciò che può significare il non opporsi uniti al fascismo. La seconda guerra mondiale viene mistificata come una lotta tra il bene ed il male, tra fascisti e antifascisti, tra il totalitarismo e la democrazia invece di essere denunciata per ciò che veramente fu: una guerra tra blocchi imperialistici per il controllo e la spartizione del pianeta. Se dimentichiamo per un attimo il modo cinico in cui i cortei "anti-fascisti", i festival e simili vengono usati come terreno di reclutamento dei gruppi trotskisti e para-trotskisti, possiamo vedere che l'intera faccenda funziona perfettamente come diversione populista dalla politica di classe alla politica di sostegno alle nostre spregevoli democrazie parlamentari.

A prescindere dal suo grado di democraticità, questo sistema economico si trova comunque in una profonda crisi il che comporta che nel futuro della classe operaia si prospettano solo salari e livelli di vita più bassi, maggiore disoccupazione, imbarbarimento dei rapporti sociali, razzismo e guerre. E ancora, nelle attuali democrazie basate sul libero mercato, in cui i media definiscono i parametri del dibattito politico e in cui tutti i sofisticati meccanismi del controllo sociale sono nelle mani di chi ci governa, il proletariato sta già sperimentando il totalitarismo in una forma fino ad oggi inedita.

La borghesia quindi non progetta attualmente ritorni al fascismo, così come si ebbe negli anni '30, semplicemente perchè non ne ha bisogno. La classe operaia è infatti già sufficientemente sottomessa e opportunamente rimbambita.

Con questo non vogliamo negare l'esistenza di gruppi neonazisti ma, in primo luogo, gli stati "democratici" si sono resi responsabili di un maggior numero di delitti di tipo razzista che non altri, e inoltre il termine nazismo è ora percepito come legato ai campi di sterminio ad all'antisemitismo mentre non fu quello il suo vero significato politico. I regimi di Hitler e Mussolini trassero entrambi origine dalla controrivoluzione e dalle squadre armate che scorrazzavano libere assassinando e intimidendo gli operai durante il periodo rivoluzionario che seguì la prima guerra mondiale. In quel momento la borghesia stava perdendo fiducia nella democrazia come strumento di mantenimento della pace sociale e di accettazione da parte del proletariato di un sempre crescente sfruttamento cos' che il fascismo si presentò come un'opzione più convincente. Come i comunisti della Sinistra Italiana affermarono fin dai primi momenti il fascismo non è altro che una delle facce con cui si presenta il capitalismo e le contrapposte ideologie fascismo-antifascismo nazional-socialismo contro libertà e democrazia servirono allo scopo di mobilitare gli operai del mondo intero ad ammazzarsi l'un l'altro nell'interesse dell'uno o dell'altro polo imperialista.

E mentre altrove in Europa prima della guerra i trotzkisti cavalcavano il frontismo per guidare i lavoratori a schierarsi con gli Alleati, nell'Italia divisa del 1944 il PCI di Togliatti chiamava gli operai a difendere la nazione italiana al fine di costruire una "democrazia progressiva".

Così il 1o aprile del 1944, tra lo sbigottimento di migliaia di membri del partito e di combattenti partigiani, Togliatti annuncia la disponibilità del PCI ad entrare nel governo Badoglio (In marzo Stalin si è già accordato con gli americani e gli inglesi per riconoscere i loro governi fantoccio). Molti membri del Pci, illusi che ci fosse ancora qualcosa di socialista in Russia e qualcosa di rivoluzionario in Togliatti non potevano credere a ciò che stavano sentendo e spesso fu tratta la conclusione che questa politica di allineamento con forze chiaramente reazionarie fosse solo una manovra per arruolare volontari nella resistenza antifascista prima che il Partito Comunista lanciasse il proletariato verso la rivoluzione.

Tuttavia gli Internazionalisti del PCInt. non si facevano illusioni nè riguardo ciò che realmante era diventata la Russia (paese a capitalismo di stato e quindi imperialista con un Togliatti ridotto a semplice pegno di Stalin nelle sue spartizioni con gli Anglo-Americani), né riguardo il carattere rivoluzionario della lotta partigiana. Dal suo esordio il P.C.Int. aveva messo in guardia i lavoratori dall'unirsi alla guerra partigiana per venir semplicemente sacrificati agli interessi imperialisti degli Alleati e prima ancora del legame formale fra gli Alleati stessi e il CLN, nel dicembre del 1944, sulle pagine di Prometeo spiegava che:

Il nostro atteggiamento di fronte al fenomeno del partigianesimo è dettato da precise ragioni di classe. Nate dallo sfacelo dell'esercito, le bande armate sono, obiettivamente e nelle intenzioni dei loro animatori, degli strumenti del meccanismo della guerra inglese, ed i partiti democratici le sfruttano col doppio intento di ricostruire sul territorio occupato un potenziale di guerra e di sviare dalla lotta di classe una minacciosa massa proletaria, gettandola nella fornace del conflitto. (Prometeo - Febbraio 1944)

In altre parole i proletari partigiani, agli ordine dei loro leader "comunisti", venivano usati come ostaggi dall'imperialismo. Nel giugno 1944 l'Ordine N.8 delle Brigate d'assalto Garibaldi (del Pci) non poteva essere più chiaro:

Gli eserciti anglo-americani avanzano in Toscana e sbarcano, a centinaia di migliaia di uomini, in Francia. L'esercito sovietico, che ha già battuto in cento battaglie i tedeschi, sta per scatenare la sua ultima travolgente offensiva. È giunta l'ora dell'attacco generale per tutte le formazioni partigiane, per tutti i patrioti, per tutti gli italiani.

Contro questo sfacciato nazionalismo gli internazionalisti chiamavano alla lotta di classe e mentre il PCI portava gli italiani a continuare la guerra il PCInt spiegava ad un proletariato sfinito dalla guerra che:

i lavoratori hanno non uno ma centinaia di motivi per scioperare.

Questi potevano essere semplicemente riassunti nella richiesta della fine di quella orrenda guerra e con ciò anche della repressione poliziesca e del terrore. Contro l'enfasi del PCI verso il movimento partigiano, il PCInt. ricordava ai lavoratori che la lotta del proletariato doveva essere collettiva, non doveva svolgersi tramite atti di sabotaggio individuale o tramite il terrore, ma in tutte le fabbriche e luoghi di lavoro. L'obiettivo doveva quindi essere quello di:

lottare contro la guerra sul posto di lavoro, unirci nella lotta di classe, organizzarci compatti e non renderci bersagli individuali della repressione dell'apparato.

Ottobre 1944

Tuttavia molti potenziali rivoluzionari rimasero tra i partigiani.

Ma quale fu la strategia del PCInt. verso i proletari che combattevano tra i partigiani? Il PCInt. doveva far crescere l'influenza dell'internazionalismo in questi gruppi e sottrarli al controllo del PCI; a questo scopo alcuni singoli compagni raggiunsero alcuni gruppi partigiani con l'obbiettivo di portare avanti il discorso rivoluzionario e il seguente volantino fa parte di questi tentativi. L'obbiettivo è chiaro: portare i combattenti armati a lottare per la causa rivoluzionaria abbandonando il fronte democratico-imperialista e preparandosi a sostenere l'insurrezione delle masse proletarie nelle città con lo scopo di instaurare il potere proletario. Aggiungiamo che alcuni compagni sono stati uccisi per il loro impegno non dai nazi-fascisti, ma da partigiani del PCI, a prova del fatto che stavano avendo successo nel minare la strategia di quest'ultimo consistente nel sacrificare le vite degli operai sull'altare del capitalismo "democratico"

Novembre 1944 - Ai proletari partigiani, a tutti i lavoratori

Proletari:

Quando il capitalismo italiano, sotto veste fascista, vi inculcò il bacillo della guerra dicendovi che le vostre sofferenze, e la mancanza di un vostro tenore di vita adeguato ai bisogni dell'esistenza, erano dovute alla mancanza di spazio territoriale, mentiva sapendo di mentire. Come era possibile parlare di spazio vitale e di necessità di conquista territoriale quando, sul suolo nazionale, l'accumulazione del capitale era talmente grande quanto grande era la miseria delle masse? Parlare di guerra di conquista mentre la ricchezza, sudore dei proletari, veniva accumulata nelle casseforti del capitalista privato e sperperato nella voragine della produzione bellica? nel mantenimento di una burocrazia parassitaria, di una rete di spionaggio che varcava le stesse frontiere, inghiottendo a getto continuo l'oro che rappresenta i vostri sacrifici? Di un organismo di polizia mastodontico? E di un'armata permanente, vera sanguisuga sul corpo di tutta la massa proletaria italiana? Eppure il nemico di classe si faceva rappresentare da un uomo, il quale, per lo stesso fatto di avere vissuto nelle file proletarie aveva i requisiti adatti per amministrare gli interessi di quella classe borghese che preferiva lanciarsi nella guerra, cioè nella distruzione ancora più massiva di ciò che rappresentava di già tutto l'apparato repressivo, burocratico militarista, ed economico di guerra.

Proletari:

Se il capitalismo italiano, sotto spoglie fasciste, ha preferito la distruzione del potenziale di ricchezza nazionale piuttosto di elevare il tenore di vita delle masse, non ha fatto né più né meno che il suo dovere di conservatore del suo dominio di classe; che questo dominio avvenga sulla miseria sui sudori sulle lacrime ed il sangue di milioni di lavoratori, tutto ciò è nella normalità della politica di classe della borghesia. Infatti, come si può concepire che il capitalismo ceda il suo potere, ed elimini il suo metodo di sfruttamento spontaneamente? Chi crede a una simile utopia è un nemico del proletariato, poiché, l'esperienza dimostra, che il nemico preferisce creare il caos piuttosto che cedere il potere alla classe progressista rappresentata dal proletariato,

Dall'altra parte bisogna rigettare la tesi che, con un governo di democrazia anche "progressiva", il capitalismo italiano avrebbe evitato di sboccare nella guerra, che questa guerra avrebbe avuto altre caratteristiche in rapporto alle alleanze Questo non cambia il fatto che, il dilemma per l'Italia rimaneva il medesimo cioè: guerra o rivoluzione. Il proletariato italiano si trovònell'assoluta impossibilità di contrapporre la rivoluzione alla guerra, e il nemico poté facilmente, attraverso la demagogia imperialista spingere le masse al grande crimine del loro massacro. Diviene chiaro perciò che quello che interessa al capitalismo è di fare la guerra, giacché per lui c'è un solo nemico e questo si chiama proletariato, ed è questo proletariato che bisogna deviarlo dalla sua linea classista; quando non basta la demagogia mussoliniana basata sullo spazio vitale, a un certo momento si ricorrerà al gallonato Badoglio affiancato dalla lurida masnada dei Savoia, in nome del cosiddetto antifascismo, (proprio loro i creatori del manganello) e poi il fascismo stesso potrà presentarsi sotto spoglie repubblicane e socialiste, pur di potere trascinare, nel cerchio della morte, la gioventù proletaria. Ma se questa gioventù potrà facilmente individuare il mostro capitalista dietro le quinte della repubblica sociale, allora, si presenterà una nuova formula, più accettabile dal cervello sconvolto dei proletari; e questa formula si chiamerà Repubblica "progressista", si chiamerà anche socialismo, ma dietro di questa facciata, si nasconderà la guerra, cioè, la morte economica fisica e politica del proletariato, il suo sfruttamento, il crollo della sua indipendenza di classe, del suo ruolo storico, della sua rivoluzione.

Proletari partigiani:

Voi in un certo senso potete diventare l'elemento di punta della lotta proletaria poiché, nella vostra maggioranza, concepite nel vostro cervello l'intenzione di lottare, nelle prossime situazioni, a fianco alla classe proletaria: non per la collaborazione, con un nemico che non sarà più fascista, ma non per questo non sarà capitalista; non per uno pseudo governo operaio, ma per marciare verso la meta suprema, dello stato proletario, basato sulla propria dittatura di classe, che, non ha nulla a che fare con il totalitarismo come la propaganda controrivoluzionaria tenta presentare.

Ma questo vostro ruolo d'avanguardia, di battaglia rivoluzionaria, potrà realizzarsi a una sola condizione e cioè la presa di coscienza della vostra pericolosissima posizione, in cui attualmente vi trovate. Voi che avete capito di disertare la guerra fascista, e con questo atto vi siete messi all'avanguardia della lotta per trasformare la guerra in rivoluzione, dovete evitare di farvi trascinare nell'orbita di altri agguati che potrebbero presentarsi sotto diversi aspetti. Il primo: quello della manovra del nemico di classe di fare di voi degli affiancatori nel tentativo di ripristinare il potere e l'autorità del capitalismo a spoglie democratiche, il che vorrebbe dire fare di voi un fattore di conservazione borghese: Il secondo: quello di credere, di illudersi di poter dare la scalata al potere, contrapponendo alle armate di occupazione una vostra armata, e questa illusione (a parte il fatto che gli stessi pensatori del marxismo rivoluzionario l'hanno sfatata dichiarando l'impossibilità da parte proletaria, di vincere contrapponendo al nemico, un organismo militare creato a priori) ai proletari inquadrati nelle file del partigianismo greco costò cara, poiché l'illusione, caduta nel sangue prima, finì nella capitolazione e nel compromesso poi.

Questa esperienza dimostra ancora una volta che l'assalto al potere si presenta quale compito del proletariato. tenendo conto che questo viene risolto solo in date condizioni; e queste condizioni possono essere individuate solo da un organismo dirigente sorto non dalla contingenza, ma da tutta un'epoca che, per essere stata di disfatte e di tradimenti, ha potuto procreare l'utensile adatto alla vittoria rivoluzionaria.

Il compito fondamentale di questo organismo, nei confronti delle masse proletarie, non potrà mai confondersi con l'illusione demagogica e criminale di creare un'armata prima che il capolavoro insurrezionale non sia stato risolto dal partito e portato a termine con la presa del potere di classe. Quale è questo organismo? Forse uno di quei partiti che hanno la responsabilità di aver portato il proletariato alla guerra tradendo la rivoluzione? Certamente no: chi incita alla guerra sarà un collaboratore del nemico, anche in quelle situazioni travolgenti e favorevoli per la presa del potere da parte proletaria.

Viceversa, l'organismo che offre la più grande garanzia di guida rivoluzionaria, non può essere che quel partito la cui base ideologica e tattica gli ha permesso non solo di evitare la caduta nel tradimento interventista, ma anche di indicare nella tempesta la direttiva di lotta contro l'infame agguato della guerra teso al proletariato italiano e mondiale.

Viva la presa del potere proletario
Viva la rivoluzione italiana
Tutto il potere al proletariato contro qualsiasi interventismo e manovra
Non un uomo, non un soldo alla guerra
Per l'unità dei postulati generali di lotta, diserzione, disfattismo rivoluzionario, devono formare una sola parola d'ordine: Rivoluzione

Il Comitato federale torinese del Partito comunista internazionalista

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.