Se lo dicono loro... Stavolta è Rifkin

Su “La Repubblica” del 05-01-1997 è apparsa un’intervista a Jeremy Rifkin, economista americano, in cui emergono dati interessanti sulla situazione americana, dati che abbiamo già riportato in altre occasioni ma che letti sulla stampa borghese fanno tutto un altro effetto. Rifkin è consulente di governi e gruppi multinazionali, nonchè teorico dello sviluppo del “terzo settore” (vedi anche Prometeo n.12), ovvero dell’impresa no-profit che, a suo dire, dovrebbe prender piede soprattutto nel settore dell’assitenza sociale data l’incapacità degli stati a continuare a provvedere a questi bisogni.

Secondo Rifkin

La riforma dello stato sociale nel mondo occidentale assomiglia in realtà all’abolizione di ogni principio di assistenza e solidarietà. In nome del pareggio di bilancio gli Stati nazionali rinunciano al welfare, senza valutare le conseguenze potenzialmente drammatiche sulla società, con la progressiva emarginazione di fasce di popolazione sempre più ampie, e sulla stessa economia.

Rifkin avverte che il “miracolo di Bill Clinton non esiste”, che la disoccupazione negli Stati Uniti è ben più alta di quanto dicano i tassi ufficiali. Gli Stati Uniti vivono un’illusione, infatti il Paese si

trova sull’orlo della crisi economica e in piena emergenza sociale.
Clinton è stato eletto da molto meno della metà degli elettori americani. Il disinteresse verso la politica è la continuazione dell’emar-ginazione sociale cresciuta in questi anni. In quanto ai nuovi posti di lavoro bisognerebbe fare un’analisi attenta. [...]
Il tasso di disoccupazione ufficiale negli USA è negli ultimi tempi attorno al 5%. Ma se si guardano le stesse statistiche del Dipartimento del Lavoro si può ipotizzare un livello di senza lavoro intorno al 13-14%. Oltre al dato ufficiale dei disoccupati, infatti, ci sono tra i 5 e i 6 milioni di persone, definiti “missing men”, gli uomini scomparsi, che negli ultimi anni hanno smesso di cercare occupazione, perchè esclusi dal sistema produttivo. Poi circa il 3% della popolazione maschile è in carcere o è in libertà sulla parola. La situazione economica e sociale è ben più complessa di quanto appare. Questa analisi e queste conclusioni sono state recentemente pubblicate anche da Lester Thurow, uno dei più grandi economisti americani.
La gran parte della cosidetta nuova occupazione è in realtà alimentata da una flessibilità esasperata, da riduzioni drammatiche di salario, tanto che in America parliamo di nuovi poveri indicando gli occupati, la stessa classe media, una volta garantiti pienamente dal loro reddito e oggi sulla soglia della povertà. [...]
Un giovane che lavora da Mc Donald’s due giorni la settimana, un operaio con contratto a termine, un impiegato col part time, da noi sono tutti indicati come occupati. Ma un’occupazione piena e duratura è cosa ben diversa.

Nel prossimo mandato Clinton dovrà fronteggiare sostanzialmente tre grandi questioni.

Primo: gli effetti del Welfare state che causerà un’emarginazione e un impoverimento di fasce sociali sempre più ampie.
Secondo: il drammatico livello di indebitamento al consumo delle famiglie che rischia di esplodere in una crisi difficilmente govrnabile, con conseguenze dirette sul sistema bancario e sulla Borsa.
Terzo: entro 24 mesi, secondo molti osservatori, è atteso un netto e lungo ripiegamento dell’economia statunitense.

Secondo Rifkin i progetti di riforma dello stato sociale e del mercato del lavoro che si stanno facendo strada in tutto il mondo industrializzato

sono tentativi di fronteggiare con qualche provvedimento temporaneo una situiazione di crescente difficolta

... che per noi è data dalla crisi di ciclo del capitale dalla quale per la borghesia e la società capitalisatica non ci sono vie di uscita; ma lui di questo preferisce non parlare.

Lo stato è ormai insufficiente a tutelare la popolazione, il mercato, per la sua natura, pratica selezioni economiche e sociali, non garantisce certo la società nel suo complesso.

Da buon borghese Rifkin propone una soluzione borghese

la strada da percorrere è quella del terzo settore, quella del non-profit [...] (già oggi) ci sono milioni di persone che operano nel volontariato, nella cooperazione.

Ovvero, se lo stato non è più in grado di provvedere all’assistenza sanitaria e più in generale all’assistenza sociale del proletariato, beh ci pensi il proletariato stesso, insomma si arrangi organizzandosi in strutture che funzionino sulla base del volontariato.

Risultato facilmente indovinabile: chi avrà tanti soldini da spendere potrà curarsi in cliniche private (for-profit) ben organizzate ed all’avanguardia della tecnica, i lavoratori dovranno accontentarsi dei servizi che saranno in grado di fornire le imprese no-profit le cui uniche fonti di sostentamento saranno elargizioni varie ed il volontariato.

Ma che belle prospettive! E pensare che queste teorie vengono portate avanti in Italia come grandi idee rivoluzionarie dall’estrema sinistra, parlamentare e non.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.