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Il mercato del lavoro è troppo ingessato: licenziamo gli operai occupati e assumiamo quelli disoccupati...
Maggiore flessibilità del lavoro per restare competitivi e per evitare che le imprese spostino il lavoro nei Paesi a costo del lavoro più basso.
È forse il presidente degli industriali, Fossa, che parla? Ebbene no: è il presidente coreano, Kim Young-sam che parla, scatenando i poliziotti contro gli operai in sciopero.
Al passo coi tempi e le logiche del capitale, dunque, anche fra le Tigri del Sud-est asiatico - avanguardia competitiva del mercato del lavoro - la disciplina del lavoro va aggiornata e le procedure di licenziamento rese sempre più “snelle e rapide”. Senza perder troppo tempo, visto che la concorrenza internazionale sta già facendo suo il modello coreano, ovunque esaltato come la soluzione di tutti i malanni del capitalismo occidentale.
Siamo o non siamo in piena globalizzazione del mercato, sia delle merci che del lavoro? Il Governo tedesco, faro europeo, alle prese con oltre quattro milioni di disoccupati, non ha dubbi: flessibilità, mobilità e licenziamenti più facili. E questa sarebbe ormai l’unica e geniale trovata dei capitalisti per...creare nuova occupazione!
Nell’Italia della concertazione fra Governo e Sindacati (esemplare è l’accordo luglio ‘93) riaffiora persino fra gli anbienti Confindustriali il tema della riduzione dell’orario di lavoro. Contro la disoccupazione, cioè uno scambio fra meno lavoro e più occupati? A chiarire la questione e a rimettere ogni cosa al suo posto secondo le ferree leggi del capitalismo, sono subito intervenuti tecnici, esperti economici, docenti universitari, deputati, giornalisti, eccetera. Inutile illudersi su nuovi posti di lavoro - recitano tutti in coro. Gli orari non vanno ridotti ma resi “flessibili”. Ovvero, i più fortunati lavorano quando gli affari tirano, altrimenti si riposano giocando a calcetto con i meno fortunati, in lista di attesa. “Storicamente e scientificamente” - dice Cipolletta, Direttore di Confindustria - queste sono le “seducenti idee (per lui!) e prospettive”.
Anzich‚ una liberazione dell’umanità dai tormenti del lavoro salariato forzato o dalla miseria e dalla fame della inattività atrettanto forzata, la classe dominante e i suoi servi sciocchi (dai reazionari di destra ai progressisti di sinistra, passando per il centro dei conservatori) si prepara ad imporre “la liberazione del lavoro dalla rigida gabbia dell’orario fisso”. Cioè: lavoro a tempo determinato e a tempo parziale, lavoro notturno, domenicale, eccetera. La Gran Bretagna, e la Corea, ci illuminano la strada.
La ricetta che il capitale si vede costretto ad usare (sia chiaro: date spazio e tempo al capitalismo, e non vi sono alternative e scelte diverse!) viene spacciata per “aiutare chi vuol conciliare studio e lavoro, e chi vuol essere ancora attivo dopo i sessant’anni”..., con il nuovo slogan: lavorare più a lungo per lavorare tutti. Morendo di fame.
Visto che il ritmo di invecchiamento delle macchine e delle tecnologie è oggi velocissimo, non ci si può opporre alla necessità - del tutto capitalistica - che il tessuto produttivo si tenga al passo coi tempi. Così, anche il massimo esperto progressista di Diritto del Lavoro, P.Ichino, conclude: “La tranquillità e la stabilità del lavoro non sono valori assoluti”, e con la competitivita del mercato planetario non si può scherzare.
Questa logica forcaiola viene presentata come “la politica attiva per le pari opportunità”. La mobilità sociale dovrebbe - secondo la sinistra... lungimirante - redistribuire la stessa quantità complessiva di lavoro e di salari, offerta sul mercato dal capitalismo, fra i nove milioni e mezzi di lavoratori regolari (gli insiders) e tutti gli altri disoccupati, precari, irregolari (gli outsiders). Una bella “riforma”, non c’è che dire, con abbondanti dosi di sacrifici e di concorrenza selvaggia fra masse proletarie immiserite e spinte le une contro le altre. Per il nostro pprofessore dell’Università degli studi di Milano, si tratterebbe di una
redistribuzione intelligente: un sacrificio che entro un limite ragionevole, corrisponde a equità!
Corriere della Sera, 14 gennaio
Si noti che, fra questa panoramica di imbecillità universitarie, non manca però quella confessione che - se si eccettua la corte dei miracoli attorno a re Silvio - è ormai sulla bocca di tutti gli esperti. Eccola, testuale:
l’area degli occupati si riduce di anno in anno inesorabilmente per effetto di fenomeni economici epocali, mentre l’esercito dei disoccupati è destinato a crescere ulteriormente nel prossimo decennio.
Signori, attenti ai limiti che diventano sempre più... irragionevoli.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 1997
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