I lavoratori statali nel vortice della precarietà e del sottosalario

Tra demagogia padronale e complicità sindacale

Un tempo, il posto da statale era uno degli obiettivi più ambìti dalle famiglie proletarie e micro-borghesi: se lo stipendio delle qualifiche più basse non era (e non è) certamente astronomico, almeno dava la garanzia della sicurezza e, in certi settori, presentava - come oggi, del resto - carichi di lavoro sicuramente non paragonabili a quelli della catena di montaggio e della fonderia. Inoltre, è cosa nota che anche per le caratteristiche ora sinteticamente ricordate, le assunzioni nella pubblica amministrazione non di rado avvenissero per via clientelare, andando così, in parte, a configurare la "via italiana al welfare state": un posto da bidello o da portalettere in cambio del voto a questo o a quel gangster parlamentare. Non era infrequente, dunque, che qui e là gli uffici pubblici disponessero di personale sovrabbondante (rispetto alla "razionalità" dell'organizzazione capitalistica del lavoro), tanto tutto ciò era coperto dal plusvalore (ricchezza) generale estorto complessivamente alla classe operaia, in un periodo storico in cui il capitale - per ragioni economiche e sociali - poteva concedere briciole più o meno grosse di quella ricchezza a determinati settori degli strati sociali inferiori. Però, ormai da qualche anno i lavoratori statali sono investiti da quel ciclone che non cessa di devastare i lavoratori del "privato", uno sconvolgimento provocato dalla crisi che da quasi trent'anni morde a fondo l'economia mondiale. Per questo, molte "garanzie", molti "privilegi" che caratterizzavano l'impiego statale sono scomparsi o vanno scomparendo, e al loro posto subentrano le stese dure condizioni di lavoro esistenti nel "privato". Insomma, se nella rincorsa affannosa a saggi del profitto che gli permettano di vivere il capitale tende a livellare verso il basso le condizioni della classe operaia dei paesi industrialmente più avanzati con quelle degli operai dell'ex impero russo o del cosiddetto Terzo Mondo, allo stesso modo anche nella pubblica amministrazione devono regnare i medesimi criteri che governano una qualunque azienda privata, industriale o dei servizi. Flessibilità selvaggia, precarietà senza freni, aumento dei carichi di lavoro, perdita costante del potere d'acquisto dei salari/stipendi sono gli ingredienti dell'amaro boccone che viene cacciato in gola agli statali (Enti Locali compresi). Naturalmente, in questo attacco globale contro il proletariato, un posto privilegiato spetta al sindacato, che non smette di confermare la sua natura profondamente anti-proletaria di gestore della forza-lavoro per conto dei padroni di ogni tipologia. Per citare solo le ultime malefatte dei galoppini sindacali, ai primi di agosto CGIL-CISL-UIL hanno firmato col governo un accordo che introduce il lavoro interinale (o in affitto) nella pubblica amministrazione, spalancando definitivamente le porte alla precarietà anche in questo settore. Certo, con l'abituale faccia di bronzo che li contraddistingue, i sindacati confederali si sono coperti con la foglia di fico del 7% ossia con la clausola che gli interinali non devono superare il 7% degli occupati, ma si sa come funzionano poi le cose. In realtà questo accordo rende più incerta - indebolendola - la posizione di tutta la forza-lavoro pubblica nei confronti dei padroni, cioè i direttori o manager, come li vogliamo chiamare. Non solo, permette un risparmio complessivo sulla forza-lavoro medesima, perché, se è vero, come dicono i sindacati mignon sedicenti antagonisti, che gli interinali costano un 30% in più - corrispondente al "pizzo" destinato all'agenzia - è anche vero che i padroni possono far ricorso ad essi in concomitanza delle "punte" di lavoro, scaricandoli quando non servono, continuando invece a premere sui "fissi" nei tempi di lavoro normale. Se così non fosse, dovremmo credere che Agnelli (o chi per lui) sia un vecchio rimbambito incapace di fare il suo mestiere di capitalista, quando assume e licenzia in un colpo solo centinaia di giovani operai interinali. Senza contare, poi, che le agenzie di lavoro in affitto possono costituire una fonte di guadagno non trascurabile per capitali in cerca di investimenti redditizi, magari in combutta con politici, sindacalisti e sottobosco vario. Forse, però, "i nostri eroi" antagonisti hanno dimenticato - ammesso che l'abbiano mai capito - che lo stato non è una cosa neutra, preposto alla salvaguardia dell'interesse collettivo, bensì l'organo della borghesia...

Ma la torta avvelenata cucinata ai danni dei dipendenti statali non è finita qui. Sebbene l'inflazione sia salita ben oltre il ridicolo e infame indice di inflazione programmata, con il conseguente calo di salari e stipendi (tra il '92 e il '99, solo nella P. A. questi ultimi sono rimasti cinque punti sotto l'inflazione programmata, il Manifesto, 31-8-'00) il governo, con il consenso attivo dei sindacati, per il rinnovo del contratto di lavoro degli statali - scaduto da tempo - ha ipotizzato una cifra che non copre nemmeno il famigerato e inattendibile indice di cui sopra. È facile capire che questo comporta un nuovo abbassamento di fatto degli stipendi ossia - esattamente come accade agli operai e impiegati privati - un abbassamento della forza - lavoro al disotto del suo valore (ciò che complessivamente serve per vivere, ferie incluse). La realtà è questa, e non bastano la pagliacciate di fine estate di sindacati e governo per nasconderla. Gli uni fingono di fare la voce grossa, minacciando lotte che non scateneranno mai, l'altro, per bocca dei suoi ministri, usa giornali e televisioni come banchetto per il gioco delle tre carte; e il ministro della Pubblica Istruzione è sicuramente un esperto di queste cose. Infatti, dietro le sparate demagogiche ed elettoralistiche sullo stipendio degli insegnanti c'è il solito trucco. Non solo i soldi a disposizione sono molto pochi (anche rastrellando quelli "congelati" l'anno scorso per il concorsaccio, a loro volta prelevati dagli scatti di anzianità), ma gli aumenti consistenti andranno solo ai presidi e, scalando, ai famosi "meritevoli" ossia a una parte soltanto (20% circa) del personale; d'altra parte, è scritto a chiare lettere nel contratto, che non è stato affatto smantellato dalla indignazione di massa sorta in seguito al primo tentativo di applicare la differenziazione tra il personale scolastico. Intanto, i finanziamenti destinati annualmente alle singole scuole per il loro funzionamento interno sono stati tagliati (o congelati) del 70%: si aspettano forse gli sponsor privati? L'unica categoria di impiegati pubblici che beneficerà di un consistente aumento è quella dell'apparato repressivo dello stato, dato che alle forze dell'ordine (borghese) andranno ben 900 miliardi in più: non si sa mai che il proletariato, a forza di beccarsi tremende bastonate, non si decida a svegliarsi e, in quel caso, polizia e carabinieri devono essere ben motivati a servire lo stato! Questo ci fa venire in mente quanto scrivono i nostri compagni colombiani (vedi il nostro sito Internet), descrivendo un processo analogo (tutto il mondo è paese... del capitale) "La cosa dimostra in modo esauriente che oggi l'unico investimento pubblico che la borghesia giustifica è quello destinato alla sua difesa privata di classe!".

cb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.