L'autunno caldo delle pensioni

A settembre sono iniziate le grandi manovre per riformare per l'ennesima volta il sistema pensionistico. Nonostante i bilanci previdenziali dei lavoratori dipendenti non siano ancora in rosso (i presunti deficit sono da attribuirsi solo agli oneri impropri che sono fatti gravare su di essi e che servono al sostegno finanziario delle imprese), il governo ritiene che la spesa pensionistica vada progressivamente ridimensionata perché incompatibile con il bilancio dello stato. È una tesi vecchia sostenuta dalla stessa sinistra quando era al governo ed è la tesi di tutta la borghesia europea che ha messo all'ordine del giorno l'attacco alla spesa sociale in ogni suo aspetto. In ogni paese europeo si ridimensiona la spesa sanitaria, quella pensionistica e quella per l'istruzione pubblica. Ora tocca al centro-destra che, proprio nei primi giorni di settembre ha iniziato a definire i provvedimenti che presto si trasformeranno, con le modifiche che scaturiranno dalle trattative col sindacato, in leggi dello stato. In linea di massima: a) si porterà tra il 2005 e il 2008 l'età minima per aver il diritto alla pensione a 60 anni e con l'obbligo di almeno 40 anni di contributi, abolendo di fatto la pensione di anzianità; b) sarà istituito un incentivo, si parla di circa il 30% della retribuzione, per spingere il lavoratore a fermarsi in azienda oltre i 60 anni; c) si ridurranno le attuali "finestre", quelle che consentono ancora il pensionamento di anzianità, da 4 a 2 o forse una; d) ci sarà un' ulteriore riduzione dei trattamenti di invalidità (presentata come manovra contro le false pensioni) e il calcolo pensionistico dei dipendenti pubblici sarà equiparato a quello del settore privato in nome, così dice il governo, dell'equità e della giustizia (non importa che i deputati e i senatori continueranno a godere di una pensione di 6 o 7 volte superiore a quella di un normale lavoratore acquisibile con pochissimi anni di vita parlamentare); f) aumenteranno i contributi obbligatori per i lavoratori co.co.co. ovvero per i lavoratori con meno diritti e quasi sempre peggio pagati del mercato del lavoro.

Naturalmente i diversi attori hanno già incominciato la recita: il governo propone la riforma in nome della riconciliazione tra le diverse generazioni, tra i giovani e i vecchi lavoratori, i sindacati, e con essi le opposizioni, piagnucolano e protestano ma riconoscono come sacrosanta la necessità di mettere mano ancora al sistema previdenziale a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Invece in platea, ammutoliti, stanno i lavoratori alle prese ormai con tali e tante difficoltà economiche che la lotta che dovrebbero fare tutti assieme si è ridotta a lotta individuale, giorno per giorno, contro i propri compagni di lavoro nel tentativo di sopravvivere a spese degli altri. Esattamente ciò che volevano gli imprenditori e i sindacati quando, negli anni '80 e '90, hanno elaborato insieme la strategia della trasformazione della classe in un agglomerato di individui in rapporto esclusivo e individuale con il sindacato stesso e con l'azienda. Vi ricordate? Lo slogan era "un lavoratore, un contratto di lavoro" e stava a significare che la lotta di classe e qualsiasi interesse collettivo dei lavoratori non avevano più ragione di esistere. Ora raccolgono i frutti con un proletariato impotente che non riesce a riconoscersi come classe che deve lottare per difendersi dagli incessanti attacchi della borghesia.

Stiamo andando, anche per questa strada ad un futuro disastro sociale. I giovani proletari, alle prese ormai con un dilagante lavoro intermittente, precario, mal retribuito e privato di ogni diritto, sono destinati ad un futuro certo di povertà quando andranno in pensione con un sistema di calcolo che terrà conto solo dei periodi effettivamente lavorati in tutta la vita lavorativa e che nella migliore dell'ipotesi, cioè con un lavoro dipendente svolto per 40 anni continuativi, concederà loro un 40% circa della loro retribuzione ultima. Il gran dibattito sulla pensione integrativa, lo sanno bene coloro che conoscono il funzionamento dei fondi pensione, è una vera e propria presa in giro per chi ormai è costretto a spendere tutto o quasi il proprio salario per campare e non è certo il versamento coercitivo del tfr (la liquidazione) che può modificare la situazione. Per avere una pensione integrativa sarebbe necessario versare cifre mensili che per una normale lavoratore sono letteralmente insostenibili. Infine una pensione che diventa per tutti, compresi i lavoratori attuali più anziani, un miraggio irraggiungibile visto che saranno necessari molto presto 40 anni di contributi.

In nome della terza e quarta età, ormai vista dalla pubblicistica borghese come un prolungamento spensierato e godereccio dell'età giovanile, si impone al proletariato di lavorare sempre più a lungo, fino all'esaurimento della propria energia vitale. Dall'azienda alla...tomba, ecco il punto di arrivo della riforma pensionistica prossima e di quelle che verranno.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.