I lavoratori pagheranno i successi europei - Sul vertice europeo a tre

L'attività diplomatica è ai suoi picchi, come spesso succede in coincidenza con l'acuirsi delle guerre commerciali.

Il 18 febbraio scorso si è tenuto a Berlino il secondo vertice a tre, fra Germania, Francia e Gran Bretagna, dopo il primo che si era tenuto praticamente a ridosso della spaccatura politica sull'Irak nel settembre scorso.

Schroeder, Chirac e Blair si sono riuniti con i rispettivi ministri dell'economia per "definire i problemi e indicare soluzioni" per l'Unione Europea.

Il 26 febbraio, poi, si sono riunite a Londra le fondazioni politiche dei socialdemocratici di Gran Bretagna, Francia e Germania. Nel momento in cui scriviamo, i giornali hanno cessato di fornire informazioni su tale "seminario". È tuttavia evidente che le socialdemocrazie dei paesi più pesanti nella EU hanno ritenuto di seguire l'esempio dei loro governi, anche quella francese, sebbene al governo sia l'avversario Chirac.

Il 27 febbraio poi, Shroeder si è recato a Washington a incontrare Bush. Tutti i punti all'ordine del giorno dei colloqui ("ricostruzione" dell'Iraq, presenza tedesca in Afghanistan, richiesta di adesione della Turchia alla UE) sono i punti caldi dietro cui soggiace il fatto - come osserva l'Economist:

che l'amministrazione Bush lamenta che l'economia europea è troppo debole e legata e contribuisce poco alla ripresa globale; mentre gli europei protestano che la eccessiva indulgenza economica dell'America verso se stessa (taglio delle tasse, immensi deficit, basso tasso di risparmio) sta creando pericolosi squilibri. Gli Europei considerano l'indifferenza americana per il declino del dollaro come una minaccia alla nascente ripresa dell'euro-zona.

The Economist - 26 febbraio 2004

È il terreno su cui si svolge la guerra commerciale in atto.

In questo poco idilliaco quadro, Shroeder è andato, come sarebbe piaciuto anche ad altri, a trattare la partecipazione delle imprese del suo paese al banchetto degli appalti per la ricostruzione dell'Irak.

Ma cosa si erano detti i governanti di Germania. Francia e Gran Bretagna a Berlino?.

Stando alla lettera alla Commissione europea, che congiuntamente hanno firmato davanti alla stampa, i tre governi chiedono una svolta nella politica economica della UE. Questa cosiddetta svolta consisterebbe nell'istituire una vicepresidenza della Commissione incaricata della supervisione di tutto ciò che riguarda la politica economica dell'Unione e di coordinare dunque il lavoro dei commissari per "fare avanzare l'Agenda di Lisbona".

Si tratta delle conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Lisbona del marzo 2000, in cui, per esempio, si fissa l'obiettivo di raggiungere entro il 2010 una percentuale di occupazione "che si avvicini il più possibile al 70 per cento". Molto prima del 2010 erano i limiti entro cui raggiungere altri obiettivi quasi tutti regolarmente bucati o gravemente ritardati.

Ora, che il super-commissario possa contribuire sostanzialmente a far raggiungere gli obiettivi di rilancio e occupazionali "fissati" a Lisbona è di per sé discutibile. Quanto agli obiettivi stessi vale la pena dare una occhiata alla tabella semplificata dai dati dell'UE stessa.

Paesi 1992 2001
Zona Euro complessiva 59,5 62,1
Belgio 56,3 59,9
Danimarca 73,7 76,2
Germania 66,4 65,8
Grecia 53,7 55,4
Spagna 49,0 57,7
Francia 59,9 62,8
Irlanda 51,1 65,7
Italia 52,3 (nel 1993) 54,8
Lussemburgo 61,4 63,1
Olanda 64,0 74,1
Austria 68,5 n(el 1994) 68,5
Portogallo 66,0 68,7
Finlandia 65,1 68,1
Tasso di occupazione (Numero di persone fra i 15 e i 64 anni occupate sul totale della stessa fascia d'età - Fonte Eurostat, cfr. europa.eu.int )

Al di là dei forti scostamenti nei tassi di occupazione o di attività nazionali - dovuti a diverse ragioni anche storiche, oltre che demografiche - far salire la media europea in 9 anni di 7,9 punti quando negli ultimi 9 anni presi in esame è cresciuta solo di 2,6, appare quanto meno arduo. C'è bisogno di osservare che gli olandesi più di così non possono occuparsi, a meno di mettere al lavoro anche i malati e i carcerati? e che d'altra parte l'Italia (fanalino di coda anche qui) non può fare un balzo di almeno una decina di punti senza annullare del tutto la disoccupazione e senza far lavorare tutti fino a 65 anni? E le misure concretamente proposte anche a Lisbona e ribadite a Berlino non sono certo in grado di fare questi miracoli. I leader europei lo sanno benissimo ma, è noto, quel che conta è l'intenzione e muoversi in quel senso: intanto cosa è possibile fare subito? Allungare l'età pensionabile ed eccoli pronti, i lideroni, a darci dentro con quella controriforma. Evidentemente su questo terreno - eminentemente antioperaio - i tre, divisi radicalmente fino a poco fa e tuttora sul tema "guerra in Iraq", cercano di ricompattarsi e di tirare avanti l'Europa.

Ancora una volta è dimostrato che sono i duri fatti dell'economia e degli interessi vitali del capitale a dettare le alleanze e a caratterizzare le tendenze più vere.

Certo, subito dopo il summit europeo Schroeder è volato a Washington a contrattare per sé. Gli interessi nazionali non spariscono dietro gli interessi comuni europei, così come le borghesie nazionali (non parliamo solo dei tre milioni di piccoli capitalisti italiani) non si fanno soppiantare facilmente dalla ancor debole borghesia europea. Ma la marcia di questa è iniziata e ultimamente si è accelerata. È sono proprio i rapporti di forza interni alla borghesia, alle diverse borghesie europee, e le loro modificazioni che detteranno i tempi e i modi del sorgere reale del polo imperialista europeo. A pagare la solidità del quale saranno gli operai.

m. jr

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.