La nascita del Partito Democratico, ovvero come il sistema fa quadrato

Sta per nascere un nuovo soggetto politico che avrà il compito di colpire i proletari

C’è uno slogan, di cui si usa a piene mani, col quale si definiscono varie problematiche attuali “né di destra né di sinistra” e torna utile, come un passe-partout, sia quando ci si riferisca alla deriva sicuritaria che quando si voglia trattare della riforma delle pensioni, tanto in relazione al protocollo sul welfare quanto ai lavavetri, ai rom o ad altra umanità emarginata. Sembra proprio che, in mancanza d’altro, il programma del nascente partito democratico sappia esprimersi attraverso luoghi comuni ampiamente abusati, i quali però, nella sostanza, servono a meglio presentare, a rendere più ammiccanti, le ragioni per cui nasce questo raggruppamento eterogeneo nonché gli obiettivi che intende perseguire.

Il progetto prende avvio alcuni anni addietro quando si tratta di ridefinire la natura e gli equilibri del capitalismo italiano, l’assetto della società e la funzione che deve essere esercitata dalla politica. Viene enfaticamente definita “grande innovazione; ha l’approvazione di importanti settori della borghesia, del grande capitale, e muove alla costituzione di due grandi raggruppamenti, di “profilo europeo”, in grado di intercettare, ciascuno dei due, il 30-35% dei voti potendo così liberarsi, da un lato, dalla cosiddetta “sinistra radicale e, dall’altra, sia dal leghismo che dal berlusconismo, vissuto come un’anomalia da sanare.

Risponde chiaramente all’esigenza, da parte di gruppi oligarchici, di semplificazione, di concentrazione anche a livello di rappresentanza politica, considerato anche che la democrazia rappresentativa è sempre meno funzionale agli interessi del capitalismo monopolistico. Il tutto avviene sulla falsariga di quanto esiste già in America o in tante realtà europee. Laddove questi gruppi economico-finanziari devono imporre i loro interessi sul resto della società ne consegue che la funzione di mediazione una volta esercitata dai partiti tradizionali viene meno e sono gli stessi borghesi che assumono direttamente la gestione del potere.

Il ruolo della politica “politicante” viene quindi limitato ad una funzione di puro “servizio” al netto da eventuali sconfinamenti.

Il disegno è molto chiaro: si tratta di rendere marginale tutto ciò che mette in discussione la cosiddetta globalizzazione, insieme ai suoi processi decisionali e di liquidare in via definitiva ogni richiamo, seppure il più tenue, all’oramai residuale punto di vista socialista con l’obiettivo dichiarato di costruire un sistema basato su due grandi centri politici, borghesi, all’interno dei due poli, che si alternino nel governo del paese. Il partito democratico che sta per nascere risponde organicamente a questa esigenza e nelle sue linee guida rappresenta al meglio le esigenze di conservazione del capitale alle quali tutto deve essere subordinato, mondo del lavoro per primo. Essendo questa l’impostazione viene facile argomentare come la lotta di classe esista e come l’iniziativa, almeno per ora, è tutta nelle mani della borghesia che si organizza al meglio per le proprie esigenze di conservazione, per scaricare sul mondo del lavoro gli effetti della crisi economica ma anche per attrezzarsi in caso di eventuali soprassalti del proletariato.

Entrando più nello specifico, le misure varate dal governo Prodi che riflettono ampiamente le posizioni economiche e politiche per le quali si sono spesi i vari esponenti del PD segnano molto chiaramente il senso della marcia. Se i dati Istat, suffragati da rilevamenti Mediobanca, confermano come il lavoro perda ormai da tempo sempre maggiori quote di reddito e vada sempre più precarizzandosi, le misure governative, di converso, mirano a salvaguardare le rendite finanziarie, ad assicurare sempre maggiori concessioni al mondo dell’impresa nella convinzione/illusione, secondo i dettami della cosiddetta politica dell’offerta, che tassare di meno i profitti, concedere agevolazioni di vario tipo, possa portare a nuovi investimenti nel settore produttivo e quindi nuova occupazione con ricadute positive sui salari, stipendi e pensioni, il che determinerebbe un aumento dei consumi, della domanda e quindi nuovi investimenti. Non si tien conto in una disamina di questo genere come le esigenze di valorizzazione portino il capitale a percorrere altre strade e come siano ben altre le leggi della globalizzazione a cui si debba attenere.

Si può largamente ipotizzare come questo nuovo partito, questa sommatoria eterogenea di partiti e partitini, al di là della vuota fraseologia di circostanza e nonostante il risalto mediatico concessogli da alcuni organi di stampa (Corsera, Repubblica) finirà per diventare un contenitore allargato all’interno del quale, già adesso, si lotta con molta determinazione per il potere: ci sono da amministrare gli enti locali con relative leggi di finanziamento, ci sono gli istituti bancari da spartirsi, c’è la RAI da lottizzare, ci sono le ASL. Prioritaria diviene la logica spartitoria che ha a che fare un consociativismo ampiamente praticato sin dai tempi di De Gasperi - DC al governo - e di Togliatti col PCI all’opposizione. Gli attori cambiano ma si rimane fedeli al testo per cui anche adesso non ci si scanna di certo con l’opposizione, le cui esigenze son tenute nel dovuto conto: basti pensare, per rendere meglio l’idea, a come, appena qualche giorno addietro, tutti i gruppi parlamentari abbiano convenuto di rinviare al prossimo anno la discussione sulla legge di riassetto del sistema televisivo.

Questa neo-formazione politica - il PD - diventa pertanto il paradigma di un processo definito di “modernizzazione democratica” basato su due elementi, “giustizia sociale e sicurezza”, che, tralasciando, per senso di decenza, il primo, si riduce, in sintesi, a fare la guerra ai poveri, ai più deboli.

Ed in un contesto in cui i poveri, gli emarginati, i più deboli, sono destinati ad accrescersi spaventosamente al proletariato spetta il compito di riconoscersi come classe sociale e di riprendere l’iniziativa autonoma di lotta in difesa dei propri interessi storici e, tutto ciò considerando, diventa necessaria la costruzione di un partito comunista che sappia rappresentare tali interessi e sappia soprattutto dare indicazioni politiche alla lotta della classe.

gg

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.