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Minatori
Il mestiere di minatore resta ancor oggi uno dei più pericolosi al mondo, in dicembre diversi gravi incidenti hanno avuto luogo in Cina, Ucraina e hanno provocato la morte di centinaia di lavoratori.
Questi non sono che due tra i casi più drammatici verificatisi di recente; morire in miniera è ancora la quotidianità in tutto il mondo. In Sudafrica, dove il settore minerario rappresenta ancora una realtà di grande importanza, solo nell’ultimo anno le vittime sono state quasi 200 e questo ha portato ad una prima mobilitazione dei lavoratori per ottenere un livello di sicurezza adeguato, ma andiamo per ordine. L’ultima strage nelle miniere di carbone cinesi è accaduta nella provincia di Yunnan e ha causato 18 morti e 43 “dispersi” che vanno ad aggiungersi ai 2.163 lavoratori morti in 1.320 “incidenti” nei primi 7 mesi dell’anno la Cina. Il tasso di mortalità delle miniere di carbone cinesi è il più alto al mondo ed è direttamente proporzionale alla crescente necessità energetica dell’industria cinese. Il governo ha emanato diverse direttive per migliorare i livelli di sicurezza, ma si sono per ora dimostrate totalmente inefficaci e rappresentano una ulteriore conferma di come gli interessi del capitale e quelli dei lavoratori siano sempre più inconciliabili.
In Ucraina, le ripetute esplosioni di gas nella miniera di carbone di Zasyadko, una delle più grandi del Donbass, ha portato nel novembre scorso alla morte di 101 morti e ad altri 5 morti all’inizio di dicembre. Questi incidenti sono oltremodo gravi se pensiamo che l’impianto coinvolto dovrebbe essere uno dei più moderni e sicuri dell’Ucraina. Il premier Yanukovich da sempre appoggiato dai gruppi economici che gestiscono la miniera di Zasyadko ha respinto la proposta di chiusura totale dell’impianto perché troppo dannosa per l’industria siderurgia nazionale. In questa situazione l’unico modo per ancorare i lavoratori alle miniere è quello di fornire salari molto maggiori a quelli medi, il rischio di perdere la vita o di rimanere gravemente feriti viene barattato con il denaro e questo è reso possibile dall’altissimo tasso di disoccupazione e di povertà dell’Ucraina.
In Sudafrica, lo scorso ottobre, 3.200 lavoratori bloccati nella miniera d’oro di Elandsrand si erano salvati a fatica, l’incidente aveva comunque messo in luce negligenze e carenze di manutenzione. 180 vittime quest’anno, 200 l’anno scorso per smottamenti, crolli, fughe di gas, microsismi. Meno delle 533 registrate nel 1995, ma sempre troppe per la National Union of Mineworkers (Num) che ha proclamato, in dicembre, uno sciopero per la sicurezza, il primo nella sua storia (Solidarity, il sindacato “bianco” non ha aderito).
Si tratta di una prima timida reazione ad una situazione insostenibile, purtroppo se i lavoratori non andranno oltre alla mera logica sindacale difficilmente riusciranno a migliorare le loro condizioni di vita: per il capitale la sicurezza è infatti solo un costo da contenere al massimo per far fronte all’attuale situazione di crisi, le conseguenze anche mortali non vengono considerate.
Grecia
Il 12 dicembre il Gsee (settore privato) e l’Adedy (settore pubblico), i due sindacati maggiori che rappresentano circa due milioni e mezzo di lavoratori greci hanno condotto uno sciopero generale contro la riforma delle pensioni del governo di destra di Nuova Democrazia. La mobilitazione ha coinvolto anche gli avvocati, i giornalisti, i piccoli commercianti, i piccoli artigiani e gli ingegneri. Tutti i trasporti pubblici (metro, bus, navi ed aerei) si sono bloccati per l’intera giornata, a parte la metropolitana che ha circolato per poche ore in modo da facilitare l’arrivo dei dimostranti ai luoghi di concentramento dei cortei. Nelle fabbriche principali, nelle grandi aziende statali e nei principali luoghi di lavoro la partecipazione allo sciopero è stata dell’80-100%. Minore l’adesione nei posti di lavoro di minore dimensione dove però molti lavoratori hanno partecipato indirettamente mettendosi in malattia o utilizzando la scusa che non circolavano i mezzi di trasporto pubblici. Un primo tentativo di riforma del sistema previdenziale era stato fatto nel 2001 dal governo del Pasok di Kostas Simitis ma, anche grazie ad un imponente sciopero generale, non era giunta a compimento. La riforma è oggi però sempre più impellente per il capitale greco, infatti sia le imprese che lo stato hanno «eluso» per anni il versamento dei contributi e questo rischia di portare il sistema al collasso. Si tratta di una situazione molto simile a quella italiana di dieci anni fa con un’evasione dei contributi alle stelle ed un loro costante impiego a favore delle imprese invece che dei pensionati.
La posizione del sindacato appare ancora una volta “ambigua”, infatti se da un lato ha portato in piazza migliaia di persone dall’altro concorda con le organizzazioni padronali e con il governo sulla necessità della riforma: questo non ci sorprende, ma ci fa temere che la lotta verrà presto incanalata esclusivamente contro l’attuale governo di destra e che la riforma verrà, seppur con lievi modifiche, attuata a danno dei lavoratori.
Argentina
I lavoratori agricoli del nord ovest dell’Argentina hanno protestato per non essere stati pagati e perché la Manpower, una delle più importanti agenzie di lavoro interinale al mondo, ha fatto carta straccia del contratto di 3 mesi che aveva siglato con loro.
I lavoratori collocati dalla Manpower in diverse fattorie nella provincia Tucuman non avevano ricevuto informazioni chiare sui tempi e le modalità di pagamento, ma questa è la normalità per un’azienda che si occupa di caporalato legalizzato. Infatti al momento dell’assunzione la Manpower ha fatto firmare il contratto ma senza distribuirne una copia ai lavoratori. Proprio nelle note a margine del contratto era contenuta in modo difficilmente visibile l’opzione per l’azienda di non dare più lavoro dopo il primo mese, sebbene la durata complessiva fosse di tre.
Dopo il primo mese non sono più stati chiamati e ora sono costretti ad aspettare molti giorni prima del pagamento che avverrà alla fine dei tre mesi teorici del contratto. A questo ritardo si aggiunge un’ulteriore beffa: al posto dei 43 pesos al dì gli si offrono 39, in seguito alle trattenute sociali. Diversi lavoratori sospettano che queste trattenute non daranno loro la possibilità di avere una pensione né una assicurazione sanitaria.
Altri lavoratori sono invece stati spostati nella provincia di Cordoba e sono stati alloggiati in baracche di lamiera senza letti ed in condizioni sanitarie indegne.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #1
Gennaio 2008
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