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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo
Irlanda
Nei primi giorni di febbraio i lavoratori della Waterford Crystal hanno occupato la fabbrica in risposta alla decisione della compagnia di chiudere la produzione. Da settimane sono in corso le negoziazioni con diversi potenziali acquirenti della ditta, tutti avevano comunque intenzionati a decentrare la produzione, con la conseguente perdita di almeno 480 posti di lavoro per gli operai dello stabilimento. La compagnia impiega oggi circa 6000 persone in tutto il mondo, di cui circa un migliaio in Irlanda e nonostante lo Stato abbia predisposto un intervento di sostegno si trova soffocata dai debiti. All’arrivo delle prime lettere di licenziamento, gli operai sono entrati all’interno dello stabilimento e l’hanno occupato dopo essersi scontrati con la polizia privata assoldata dalla ditta.
Chiedono il mantenimento del posto di lavoro e il pagamento dei salari arretrati che non hanno ancora ricevuto; tutta la città ha sostenuto la loro lotta, e già il giorno seguente c’è stato un corteo in loro supporto. I sindacati finora non hanno difeso per nulla gli interessi degli operai, appoggiando anzi le istanze dei padroni e giustificando i licenziamenti con la crisi economica, come se questa fosse un evento estraneo alle leggi che governano il modo di produzione capitalista. In effetti in Irlanda la crisi fa sempre più sentire i suoi effetti drammatici: la Waterford è solo una delle tante industrie importanti che stanno chiudendo nel paese, sono in grave crisi anche la Dell Irish e la Tara mines, importanti produttrici a livello internazionale. La Dell ha già lasciato a casa centinaia di precari e ha già preventivato di licenziare quasi 2000 lavoratori entro fine anno; la ditta, la più grande esportatrice del paese, sta spostando tutta la sua produzione di PC in Polonia, per trarre vantaggio dal costo della manodopera, stimato circa sui 3 € l’ora. In Irlanda la disoccupazione è calcolata circa attorno all’8%, ma anche gli economisti borghesi prevedono che cresca fino al 12% nei prossimi mesi; oltre 3500 licenziamenti sono stati previsti lo scorso dicembre, con un aumento del 60% rispetto allo scorso anno. I sindacati in questa situazione non possono fare altro che appoggiare gli “sforzi collettivi” del governo, contro ogni interesse proletario; alla Tara mine, ad esempio, hanno già accordato un taglio del pagamento degli straordinari e dei premi produttività. Anche il Paese che era stato preso come modello di nuovo sviluppo nell’Europa degli anni 1990 e che, grazie alla flessibilità del lavoro e all’utilizzo dei fondi comunitaria, aveva vissuto un importante ammodernamento economico si trova oggi scosso dall’acutizzarsi da una crisi economica che è profonda e strutturale.
Stati Uniti
Il Michigan è uno degli stati più duramente colpiti dalla crisi economica, soprattutto il settore edilizio è gravemente colpito, a causa del collasso del mercato immobiliare. I sindacati calcolano che in questo settore oltre 800.000 posti di lavoro sono stati persi negli ultimi due anni, la disoccupazione ha raggiunto il 15%. A questo si aggiunge la crisi del settore automobilistico, dove solo la General Motors ha annunciato 2000 licenziamenti.
A fine gennaio alcuni lavoratori edili hanno alzato la testa e manifestato contro questi tagli insostenibili; dicono che normalmente riescono a lavorare al massimo 4 mesi all’anno e le condizioni di vita diventano ogni giorno più insostenibili.
Detroit la principale città dello stato, un tempo indiscussa capitale dell’auto a livello mondiale, sta vivendo da anni un fortissimo processo di spopolamento che marca il segno di quanto sia grave la crisi nei settori dell’industria tradizionale. Il tribunale del Massachussets ha condannato un gruppo di insegnanti per aver fatto uno sciopero, giudicato illegale; gli insegnanti avevano scioperato per 4 giorni nel giugno del 2007 e il loro era il primo sciopero negli ultimi dieci anni.
Ora il sindacato dovrà alla città di Quincy 100.000$, come risarcimento per i disagi provocati dalla sospensione del servizio scolastico, il cibo e altre strutture inutilizzate e per i costi della polizia che ha seguito le manifestazioni.
Francia
Imponenti manifestazioni hanno attraversato le strade di Parigi durante lo sciopero generale indetto dai principali sindacati francesi contro la cosiddetta politica anti-crisi di Nicolas Sarkozy. La manifestazione si è chiusa con scontri tra gruppi di giovani, in prevalenza studenti, e la polizia che cercava di disperdere i manifestanti.
Altre duecento sono le manifestazioni organizzate in tutta la Francia ed hanno visto sfilare più di un milione di persone.
La situazione del mondo del lavoro è estremamente tesa anche in Francia: con l’acutizzarsi della crisi economica centinaia di migliaia di posti di lavoro sono a rischio, solo nell’ultimo trimestre si sono persi 100.000 posti nel settore privato (soprattutto nell’industria dell’auto).
Inoltre il tasso di disoccupazione in Francia è in costante crescita, con 2,07 milioni di senza lavoro a novembre 2008 (+8,5% rispetto all’anno precedente.
A questo si aggiunge il continuo attacco del governo Sarkozy alle condizioni di lavoro dei dipendenti dei servizi pubblici.
tnBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio-marzo 2009
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