Sulla manifestazione Cgil

Noi ci impegniamo perché il disagio sociale non tramuti in crisi sociale.

Appena arrivati la mattina, intorno alle 10:30, manco per scherzo, pestata la prima pietra di piazza San Giovanni, è partito, a mo’ di accoglienza, l’inno di Mameli. Ormai siamo abituati a questo trattamento, giacché non è la prima volta. Lo scorso anno il 1° Maggio, suonarono l’inno diverse volte, per omaggio all’unità d’Italia. Quest’anno hanno replicato, ugualmente. Del resto, se a contestare l’inno nazionale, nella giornata internazionale dei lavoratori, erano stati solo gli internazionalisti in presidio, in un angoletto di piazza, sono ancora ben legittimati.

Al centro della piazza il palco, con la musica e gli interventi. Attorno, come per avvolgere chi arriva, decine di stand, divisi per regione. Gli stand offrivano pietanze regionali e qualche depliant che esplicasse il buon operato dell’organizzazione, quanto a servizi e assistenza.

Premettiamo che, per quanto ci riguarda, le manifestazioni da decenni sono un punto morto delle lotte, quasi mai espressione di un movimento di lotta vero, che funga da richiamo per gli altri lavoratori.

Uno dei primi interventi in mattinata ha provato a spiegare l’idea dietro questa modalità di “manifestazione” curiosa. Giacché, per chi non lo sapesse, la CGIL ha organizzato un presidio invece di un corteo, per un evento di carattere nazionale, che doveva coinvolgere tutte le realtà colpite dalla crisi. L’intervento spiegava che la modalità peculiare, battezzata “villaggio della crisi”, serviva proprio ad aprire un confronto fra i lavoratori, per ricomporre il tessuto sociale. L’idea era alquanto carina. Peccato che evidentemente si tratta di una bugia. Infatti non potevamo che constatare la completa impossibilità di discutere serenamente nel corso della giornata, almeno per tre motivi:

  1. gli impianti di amplificazione sul palco erano regolati ad altissimo volume, per cui era impossibile dialogare se non urlando;
  2. la piazza era gremita di servizio d’ordine pronto a verificare che tutto andasse secondo i piani, e a individuare chiunque esprimesse del dissenso, anche solo con una battuta;
  3. come tutto è pianificato al minimo dettaglio, per cui anche per un interno alla CGIL era impossibile trovare uno spazio di libera espressione.

Vedendo nel complesso, il modo in cui è stata organizzata la giornata, abbiamo tratto le nostre dovute conclusioni. Si tratta di una prova di forza della CGIL: un tentativo di dimostrare la sua capacità di domare la piazza e garantire la pace sociale. Gli interventi, del resto, erano solo un bollettino della crisi, accompagnato da propaganda atta ad enfatizzare gli sforzi della CGIL, volti al sostegno e all’assistenza delle masse in via di pauperizzazione. Nessun intervento parlava di lotte vere: del resto, quali lotte vere può vantare questo sindacato?

A provare questa nostra tesi, è stato del resto uno dei primi discorsi sentiti, in cui non abbiamo che potuto apprezzare l’estrema sintesi, specie nella frase che abbiamo eletto a titolo di questa nota.

Riportiamo un dato a nostro avviso importante. In piazza abbiamo visto moltissimi anziani, pensionati, fedelissimi della CGIL, e pochissimi lavoratori e giovani. Questa per noi è la più concreta prova del fatto che si tratta di un sindacato morto, del tutto colluso con gli interessi dello Stato, e privo di un piano concreto di radicamento nelle masse lavoratrici, come polo di lotta. Questo non ci sorprende, poiché conosciamo quale è la natura del sindacato oggi.

Sez. Arnaldo Silva, 20 ottobre
Mercoledì, November 7, 2012

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.