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Home ›Gli operai della logistica hanno alzato la testa
A proposito dello sciopero del 22 marzo
I facchini della logistica hanno dimostrato a tutti i lavoratori degli altri settori come si può portare avanti una lotta operaia, anche in tempo di crisi. Il 22 marzo 2013 – in occasione dello sciopero di categoria indetto dal SiCobas - hanno dato vita, a livello nazionale, a picchetti e manifestazioni contro i licenziamenti, il caporalato, le angherie padronali, le decurtazioni salariali, anche in barba ai contratti nazionali di categoria. Il loro sciopero ha purtroppo coinvolto solo il settore della logistica, ma finalmente è stato condotto colpendo realmente i padroni: bloccando la produzione, preceduto in molti magazzini da scioperi improvvisi e da rallentamenti collettivi dei ritmi di lavoro.
Lo sciopero del 22 marzo è stato comunque supportato da diversi lavoratori di altri settori e da studenti solidali in diverse città italiane, e davanti a quasi tutti i magazzini in sciopero sono stati bloccati anche i camion. Insomma, è stato arrecato un serio danno economico alla controparte, che altrimenti – ormai dovrebbero saperlo tutti – nemmeno ti “ascolta”.
Il picchetto di Anzola Emilia, in provincia di Bologna, prima davanti alla Coop Adriatica e poi davanti alla Unilog, è stato forzato da polizia e carabinieri, che hanno avuto però serie difficoltà a rendere questo servizio ai padroni (in questo caso le cooperative). Le forze dell’ordine hanno infatti impattato con la determinazione dei facchini e dei loro sostenitori (tra cui siamo stati onorati di essere) e persino con la solidarietà espressa dalla stragrande maggioranza dei camionisti.
La testa dei facchini si è alzata e sarebbe ora che seguissero il loro esempio anche i tanti lavoratori che a livello nazionale, come nel resto d’Europa e del mondo - a causa della crisi strutturale del sistema capitalistico - stanno perdendo salario e posto di lavoro.
Sempre a Bologna, il 14 marzo gli autisti degli autobus hanno scioperato senza preavviso, scavalcando i sindacati e paralizzando il trasporto pubblico cittadino per una lunga mattinata, contro l’esternalizzazione di alcune linee extra-urbane e la conseguente più che probabile perdita di molti posti di lavoro.
E’ ora che i lavoratori comincino a combattere i rispettivi padroni nel modo più efficace possibile, intaccando cioè i loro profitti, scavalcando le logiche e le divisioni sindacali e di categoria, e cercando di portare anche quelli che ancora dormono in un unico fronte di classe contro i padroni. Perché i padroni, in tempi di crisi profonda come quella che stiamo vivendo, sono ancor più pronti a passare sulle nostre teste pur di salvare i loro profitti.
Non c’è sostanziale differenza tra padroni “individuali” o “cooperativi”, tra pubblico e privato, nel modo di comportarsi con i rispettivi dipendenti… ci spremono finché serviamo, poi ci buttano via. Gli Stati sono altrettanto pronti, se serve, ad arruolarci in qualche guerra imperialista, e i padroni non si fanno scrupoli a lasciarci in mezzo ad una strada: questa è la realtà del sistema capitalistico in decadenza in cui siamo tutti immersi.
E’ ovvio quindi che i lavoratori non devono aspettare i sindacati per muoversi. Le lotte, gli scioperi, le assemblee, i picchetti, devono essere organizzati dai lavoratori stessi. Oltre ai sindacati e alla loro logica di mediazione, i lavoratori devono superare le barriere categoriali e nazionali. La classe operaia è una classe mondiale unica, con gli stessi interessi, divisa legislativamente in mille categorie per essere meglio controllata da sindacati e padroni, sempre più incattiviti da una crisi economica irreversibile.
Non sono passaggi facili, lo sappiamo, ma la rottura della logica sindacale è indispensabile affinché la classe diventi realmente protagonista e combatta a viso aperto contro il padronato, con scioperi veri, non confinati in una sola categoria, improvvisi, gestiti realmente dai lavoratori. Il reale protagonismo dei lavoratori costituisce inoltre un indispensabile passo in avanti, un passo che può favorire la maturazione di una vera coscienza di classe.
Bisogna lottare ma anche essere coscienti che ogni vittoria parziale potrà essere riassorbita nel sistema e scaricata sui lavoratori stessi. I lavoratori più coscienti e combattivi devono quindi porsi l’obiettivo di lottare non solo per la propria difesa o per il proprio interesse immediato ma per porre fine a questo sistema economico, basato sullo sfruttamento. Ma la coscienza di tutto questo potrà maturare nella classe solo grazie all’azione del partito rivoluzionario, strumento politico indispensabile della lotta di classe L'organizzazione rivoluzionaria, espressione e allo stesso tempo rielaborazione politica della condizione proletaria, è l'unica che può guidare il proletariato nella demolizione di questo sistema sociale infame, che può unificare sul terreno comune di classe le lotte dando ad esse in futuro una prospettiva rivoluzionaria.
Bisogna organizzarsi dunque politicamente per disfarsi di questo sistema a livello internazionale. Se non lo faremo ci faranno morire nella loro crisi: di troppo lavoro, oppure di fame, in una guerra per il petrolio o disoccupati in mezzo a una strada, e il mondo, ancora più invivibile di come è già ora, resterà nelle mani di pochi padroni che ci avranno definitivamente incatenati.
Non vogliamo un partito per partecipare alle elezioni, ma per cacciare i padroni dalla storia e liberarci per sempre dalla loro oppressione: un partito rivoluzionario.
PCIntBattaglia Comunista #05
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