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Contro il nazionalismo in tutte le sue forme - L'unica prospettiva è la lotta di classe internazionale
Il Primo Maggio di quest'anno cade in prossimità del 70° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale. In Europa occidentale (8 maggio 1945) e orientale (9 maggio) ci sono stati festeggiamenti gioiosi da parte di coloro che sono sopravvissuti a 6 anni di strage in cui forse ci sono stati 100 milioni di morti in tutto il mondo. Nonostante non vi sia stata alcuna conflagrazione aperta della stessa scala di grandezza del 1939-1945, il mondo non ha vissuto un momento di pace da allora. Un boom post-bellico, dominato da due potenze imperialiste rivali che avevano ottenuto dalla guerra ciò che volevano, ha assicurato che le guerre per procura in Corea, Vietnam, Angola ecc. non assumessero mai una scala globale. Anche la crisi dei missili di Cuba (1962) non ha trovato nessuna delle due parti pronta a trascinare l'umanità nel dimenticatoio. Ma allora il boom del dopoguerra era ancora in svolgimento.
Oggi la situazione è diversa. La fine del boom del dopoguerra, nel 1971/73, ha mostrato che la crisi ciclica del capitalismo era tornata a manifestarsi. Ciò ha portato negli anni 1980 ad un aumento delle tensioni e un'accelerazione della corsa agli armamenti, con la conseguente implosione economica dell'URSS, che dedicava il 25% del PIL al mantenimento di una insostenibile corsa agli armamenti. Questa non era la “fine della storia”, dato che “la storia” non si ferma, ma era l'inizio di una rinnovata arroganza da parte degli Stati Uniti. Oggi si raccolgono i frutti dell'arroganza unilaterale delle guerre scatenate dagli Stati Uniti (e dai loro alleati) in Medio Oriente, in termini di conflitti sempre più brutali e amari, che si stanno diffondendo dalla Siria e dall'Iraq alla Libia e allo Yemen, come pure in gran parte dell'Africa del nord e nel Congo. La situazione è peggiorata dopo il crollo dei mercati finanziari globali nel 2008 e le successive politiche di austerità inflitte alle popolazioni di tutto il mondo. Ciò a sua volta ha provocato movimenti anti-austerità che hanno portato alla primavera araba del 2011. Il risultato non era la vittoria della “democrazia”, come gli imperialisti occidentali avevano inizialmente affermato, ma un aumento di rivalità imperialiste che hanno ormai dilaniato tanti di questi Stati. Milioni di persone, che non volevano aver parte alcuna in queste guerre, sono stati cacciate dalle loro case, violentate e ferite, oppure hanno visto i loro morti ignorati come nient'altro che “danni collaterali”.
Ovunque le classi dirigenti fingono disapprovazione morale (per le azioni di altri governanti, naturalmente) e a riguardo di molti conflitti sostengono che siano in corso “processi di pace”. Nel migliore dei casi, questi producono un cessate il fuoco, ma le guerre continuano ad aumentare in intensità e numero. Il numero di paesi colpiti dalle guerre da cui le persone sono in fuga in tutto il mondo aumenta ogni anno. E che dire dei profughi? Prendono parte a una versione reale del gioco “Hunger Games”, attraversando deserti per raggiungere le coste, per poi affidare i loro risparmi e le loro vite a trafficanti di esseri umani e alle loro imbarcazioni insicure, nel tentativo di raggiungere il “ricco” (per alcuni) nord del mondo. I “vincitori” di questi “giochi” arrivano a “godere” di una bassa retribuzione, una esistenza insicura di fronte a attacchi razzisti. La risposta dei principali responsabili imperialisti della loro miseria non è smettere di saccheggiare e bombardare le loro terre di origine, ma semplicemente rendere loro più difficile raggiungere il nord.
Qualcuno può forse dubitare che questa sia la raffigurazione di un sistema globale in crisi? Il capitalismo ha creato la possibilità di un mondo di abbondanza, eppure continua a infliggere miseria a milioni, se non miliardi, di persone. La ragione fondamentale è da ricercarsi nelle stesse leggi della produzione capitalistica. Le stesse leggi che guidano il capitalismo sono anche quelle che producono le sue crisi. La legge della caduta tendenziale del saggio di profitto spinge continuamente il capitalismo ad “espandersi o morire”. Quando il tasso di profitto non è più abbastanza alto da incoraggiare gli investimenti, la crisi esplode. Questo è accaduto prima della Prima Guerra Mondiale e prima della Seconda Guerra Mondiale. Le distruzioni avvenute in queste guerre hanno causato una massiccia svalutazione del capitale, che ha permesso l'avvio di un nuovo ciclo di accumulazione del capitale. La distruzione di capitale della Seconda Guerra Mondiale fu così massiccia da produrre il più lungo boom della storia del capitalismo. Ma questo si concluse nei primi anni 1970. Da allora abbiamo avuto un sistema che avanza solo barcollando tra un espediente e l'altro. Finora gli Stati capitalisti hanno gestito la crisi attuale. Ciò è culminato nel salvataggio massiccio delle banche, attraverso la finzione di creazione di denaro dal nulla. Il debito sovrano è aumentato a livelli che difficilmente potranno mai essere rimborsati, ma è calata la spesa per i salari, il welfare e le prestazioni sociali, al fine di rivendicare l'ortodossia finanziaria. I capitalisti non hanno una vera soluzione a questa crisi, ma la loro unica risposta coerente è quella di intensificare la guerra di classe contro i lavoratori in tutto il mondo.
Questo richiede forme sia materiali che ideologiche. La spesa per la sanità e l'assistenza sociale è stata ridotta. L'unica alternativa è un lavoro con salari più bassi, contratti a zero ore e nessuna sicurezza. A ciò è seguita, sui mezzi d'informazione, l'accusa che è tutta colpa degli “stranieri”. La causa del problema sono quei migranti che “rubano il nostro lavoro”, oppure è qualche governo straniero e dei suoi sporchi trucchi. Ovunque si sta verificando anche l'ascesa di forze politiche del calibro del Front National, lo UKIP, il Jobbik in Ungheria, la Lega Nord in Italia, il Partito Nazional Democratico in Germania, Pegida, che cercano di capitalizzare la crisi economica per spingere il loro programma reazionario. Questi partiti razzisti e nazionalisti stanno facendo leva sulla paura, ma non sono niente a confronto dei partiti borghesi tradizionali, sia di destra che di sinistra, che usano la paura per distogliere l'attenzione dalla vera causa della nostra miseria: la crisi del capitalismo. Il loro nazionalismo è tanto più pericoloso, in quanto fornisce la base ideologica per la partecipazione alla guerra imperialista. Il governo filo-occidentale di Kiev, nella “lotta per l'indipendenza nazionale” secondo una linea pro-USA e pro-UE, sta rinnovando la tradizione di stragisti come Stepan Bandera. Nell'est del Paese, è la lotta “antifascista” della Seconda Guerra Mondiale a forniere le basi della propaganda nazionalista contro i “fascisti” al potere a Kiev. E Putin coglierà gli omaggi in occasione della ricorrenza della fine della Seconda Guerra Mondiale (o Grande Guerra Patriottica, come è nota fin dai tempi di Stalin), con la parata a Mosca del Giorno della Vittoria, il 9 maggio. Nessun leader occidentale finora si è offerto di celebrare al suo fianco.
La crisi economica globale del capitalismo ha incrementato la rivalità imperialista a cui stiamo assistendo. La disperata corsa alla ricerca di risorse energetiche, vantaggi strategici, finanziari e qualsiasi tipo di espansione che possa alleviare la pressione sull'economia nazionale a danno dei rivali è ciò che si nasconde dietro alle guerre sempre più barbare del nostro tempo. Sotto il capitalismo, la cancellazione del debito globale è una utopia del tutto fantastica. Tutte le potenze capitaliste vorrebbero la svalutazione di capitale - ma non del loro. La strada per una futura guerra imperialista generalizzata non è affatto sbarrata.
Ma non è sbarrata neppure la strada per una alternativa sociale. La classe operaia non ha patria. Noi siamo, e siamo sempre stati, una classe di immigrati. Siamo l'unica forza in grado di combattere l'austerità, il nazionalismo e la deriva capitalista verso la guerra su scala mondiale. Ciò non dipende dal fatto che siamo portatori di qualche virtù morale speciale, ma che siamo la classe produttrice che ha i mezzi collettivi per affrontare il capitalismo allo stesso modo in tutto il mondo e per superarlo. Non è ancora immediatamente evidente, ma l'umanità si sta avvicinando ad una scelta decisiva. O si segue la logica del capitalismo verso l'allargamento e l'intensificazione della guerra e lo stupro ecologico del pianeta, o si ricostituisce la società sulla base della proprietà comune delle risorse del mondo. Noi chiamiamo questo comunismo, ma non ha nulla in comune con il capitalismo di Stato della vecchia URSS. Si tratta di una società senza Stati, senza confini, senza denaro e senza guerra, basata sul principio “a ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo le proprie capacità”. Raggiungere un tale obiettivo non sarà facile. Dobbiamo prima respingere l'austerità, ma solo come primo passo per rifiutare tutto il resto delle promesse capitaliste. Nel corso di questa lunga lotta, dobbiamo costruire nostri autonomi organi come comitati di sciopero e assemblee – fuori e contro i sindacati – che permettano la massima partecipazione di tutti i lavoratori ed abbiano delegati revocabili, che siano immediatamente responsabili dinanzi all'assemblea. Soprattutto, è compito della minoranza politica rivoluzionaria inquadrare l'alternativa in un programma politico che ispiri e unisca la maggioranza dei lavoratori e, in ultima analisi, creare un'organizzazione politica capace di diffondere il programma e guidare l'assalto al potere. Questo partito non punta al governo del Paese, nel rispetto della prassi e degli interessi borghesi. Non avrà nessuna patria. Sarà internazionale e internazionalista e fungerà da coordinatore per tutti coloro che cercano di porre fine alla miseria dell'esistenza capitalista. Il nostro obiettivo, nella Tendenza Comunista Internazionalista, è di essere parte di questo processo. Unisciti a noi.
Documento della Tendenza Comunista Internazionalista, per il Primo Maggio 2015
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Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #05
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