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Home ›Lottiamo contro il diffondersi di povertà e precarietà!
Un quadro della situazione.
Credo nella necessità della Miseria, che fornisce salariati ed è la madre del superlavoro.
Paul Lafargue
Povertà
In Italia 15 milioni di persone, compresi 3 milioni di bambini, vivono in povertà (dati Caritas). Sempre più sono i “lavoratori poveri”, coloro i quali pur riuscendo a vendere la propria forza-lavoro percepiscono salari talmente bassi da essere in stato di indigenza, situazione sempre più diffusa soprattutto tra i giovani. Sempre più sono i proletari italiani che si rivolgono alla Caritas per soddisfare i propri bisogni primari. A questi dati drammatici il Governo risponderà dal 2017 con il Reddito di Inclusione (REI): 400 euro al mese vincolate ad un controllo dei Centri per l’Impiego che - anch’essi al collasso sotto i colpi delle riforme e dei tagli - dovranno garantire che il soggetto accetti un qualsiasi lavoro fatto di ricattabilità e umiliazione sociale. La povertà diffusa è lo strumento migliore attraverso il quale il capitale si assicura l’accettazione di condizioni di lavoro sempre peggiori e favorisce la guerra tra poveri, miseri contro miseri, locali contro stranieri. Il caos generato dalle riforme continue non è un’anomalia, ma un elemento funzionale ad affossare sempre più le condizioni generali.
Jobs Act
Grazie al Jobs Act nel 2016 sono aumentati di un terzo i licenziamenti per giusta causa, nella stessa misura si sono ridotte le assunzioni a tempo indeterminato (dati INPS). I nuovi contratti “a tutele crescenti” si registrano sopratutto tra gli over 50 già colpiti dalla riforma Fornero, mentre scarse sono le attivazioni tra i giovani. Pochi nuovi contratti e crescente ricattabilità, è questa la formula che sintetizza i risultati della nuova legge. Il Jobs act, com’era ampiamente prevedibile, ha ridotto i suoi effetti in misura proporzionale alla riduzione dei soldi regalati alle aziende che attivavano i nuovi contratti “a tutele crescenti”.
Voucher
Sono un milione e mezzo i lavoratori che percepiscono i voucher da 10 euro lordi l’ora, il resto lo percepiscono a nero e il padrone è a posto. La maggior parte di questi lavoratori non ha altra fonte di reddito, i voucher sono una vera e propria forma di legalizzazione del lavoro nero. Principalmente nel Sud, dove questo è più diffuso. Il voucher si accompagna spesso, oltre che al lavoro nero, ad altre tipologie di precariato come il contratto a termine, part-time, la partita IVA. Cifra massima 7000 euro l’anno, nessuna forma di sostegno al reddito in caso di malattia o disoccupazione. Avviato dal Governo Prodi nel 2008, questa forma contrattuale si sta affermando in forma sempre di più impetuosa, ad oggi il luogo più diffuso nel quale i padroni comprano i voucher è il tabaccaio. Dal 2011 i buoni emessi sono aumentati del 760%, soprattutto nei settori dove lo sfruttamento è più intenso e precario come la ristorazione, il commercio, l’agricoltura, ma con un incremento anche nella pubblica amministrazione. Di anno in anno l’età media di questi lavoratori continua a scendere, moltissime sono le ragazze. Per la maggior parte di loro il voucher è l’unica fonte di entrata legale e il loro guadagno medio annuale… non supera i 500 euro.
Avviamento allo sfruttamento
Una nuova forma che si sta rapidamente diffondendo per lo sfruttamento della forza-lavoro giovanile è il nuovo tirocinio, interamente finanziato da Garanzia Giovani con fondi pubblici. I giovani lavoratori al termine del percorso di studio si trovano a lavorare, la maggior parte dei casi senza alcun contenuto formativo, a fianco dei lavoratori dell’azienda per uno stipendio che va dalle 300 alle 600 euro mensili. I settori maggiormente coinvolti sono i servizi, la ristorazione, le costruzioni. Anche questa forma di sfruttamento giovanile va affermandosi principalmente al Sud. Altra forma che si sta sperimentando è quella del tirocinio in età scolare con le 400 ore di tirocinio obbligatorio previste per gli istituti tecnici e le 200 per i licei.
La futura forza lavoro va preparata da giovane, ad un mondo del lavoro precario, scarsamente qualificato e meno ancora retribuito. Le giovani generazioni si stanno ormai abituando ad un mondo del lavoro caratterizzato da stipendi miseri e condizioni che non vedono argine alcuno all’incremento del loro sfruttamento.
Reddito minimo garantito?
Questa breve panoramica ha illustrato una tendenza che tutti noi conosciamo per esperienza diretta, se più giovani, o indiretta, se meno giovani e più fortunati. La miseria e la disoccupazione si diffondono con il progredire di questa crisi senza fine. È evidente che le politiche poste in essere dai governi sono quantomeno inefficaci per i lavoratori, ossia altamente efficienti per il padronato. In questa fase di profondo immiserimento e complessivo disorientamento politico, la sinistra più o meno estrema su cosa punta tutte le sue carte? Sulla “redistribuzione del reddito” che dovrebbe fare perno su uno stipendio (salario, reddito) garantito a tutti al di là della prestazione lavorativa. Bellissimo, se non fosse che la richiesta è pura illusione ovvero, il reddito di miseria verrà dato, probabilmente, come forma di incentivo ad uno sfruttamento sempre maggiore, per mantenere la classe lavoratrice nell’indigenza, disponendola così ad accettare qualsiasi cosa, salvo poi tornare nella miseria gentilmente offerta dello Stato. Se invece ci immaginiamo un salario dignitoso per tutti e da qui una nuova diffusione e distribuzione della ricchezza… allora non abbiamo capito un acca di cosa la crisi e il capitale significhino, per questo è importante che i comunisti prendano la parola in merito.
Prospettive di classe
I comunisti non hanno la presunzione di voler suggerire al capitale come uscire dalle sue crisi e sanno che qualsiasi politica, qualsiasi riforma condotta in questo ordine sociale ha un solo fine: aumentare il profitto di pochi sottraendo sempre più ricchezza ai molti. Questo è il capitalismo, le sue contraddizioni sono di ordine planetario. Se la crescita economica degli anni ‘60 aveva permesso una certa redistribuzione della ricchezza e se dagli anni ‘80 il poco benessere che si è diffuso lo ha fatto a prezzo di un indebitamento sempre più colossale, nella crisi globale del XXI secolo nessun intervento potrà portare ad un miglioramento generalizzato delle nostre condizioni di vita e di lavoro se non il rovesciamento del sistema stesso.
Niente da fare quindi? Al contrario! Tutto da fare, a partire dalla presa d’atto di questo dato di realtà. Se prendiamo coscienza che l’obiettivo, il fine ultimo è il superamento del capitalismo, allora le baggianate sul reddito minimo perdono ogni logica e interesse, più importante inserire ogni singola lotta e resistenza in una visione che vede la necessità di radicare una coscienza politica di classe. Aggredire i problemi immediati mettendo in evidenza i caratteri comuni con altri settori, con gli altri lavoratori, denunciare ogni illusione democratica o riformatrice dimostrando che nessuna forza democratica (sindacati, organizzazioni della sinistra) tutela in realtà gli interessi dei lavoratori perché tutti cercano il compromesso, preparano la capitolazione, accettano i sacrifici. È dalla classe lavoratrice giovanile che si può e si deve ripartire, è in primo luogo – benché non solo, naturalmente – ai giovani sfruttati del XXI secolo che ci rivolgiamo e a cui tendiamo le nostre energie. Oggi più che mai, proprio quando appare spazzata via, abbiamo bisogno di coscienza politica rivoluzionaria, e siete voi che dovete farla vostra. Il mondo è nostro, impariamo a prendercelo, un nuovo ordine sociale fondato sull’uguaglianza economica e sociale ci aspetta.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #11-12
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