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Home ›Razzismo, antirazzismo e posizioni di classe, da Chemnitz a Rocca di Papa
A Chemnitz centinaia di nazionalisti tedeschi si sono radunati per sfruttare mediaticamente la notizia che un cittadino tedesco, per altro antifascista e in parte di origine cubana, era stato ammazzato in una rissa. Imputati due cittadini extracomunitari e la vittima è diventata un martire della battaglia contro il “multiculturalismo forzato”.
Anche in Italia, con una accelerazione da quando Salvini è diventato ministro dell’Interno, si sono registrati eventi simili, ultimo il presidio di Casa Pound e Fratelli d’Italia contro l’accoglienza dei migranti della Diciotti a Rocca di Papa. Prima, le decine di “goliardici” spari ad aria compressa contro immigrati un po’ in tutta Italia, prima ancora il ferimento di sei senegalesi a Macerata ad opera di Traini in febbraio, in mezzo tanti episodi di ronde contro gli immigrati e un fiorire di dichiarazioni apertamente xenofobe da parte del Ministro dell’Interno Salvini, per alimentare e gonfiare mediaticamente il tutto.
È indubbio che i partiti dell’estrema destra stiano spingendo sul tema del razzismo come carta da giocare in vista delle prossime elezioni. Ed è altrettanto indubbio che tutta l’area che afferisce alla sinistra sta inseguendo la propaganda razzista sul suo terreno, alimentandola, sebbene in maniera indiretta. È un fatto scontato, storicamente confermato, ma comunque da registrare: tutto ciò che rimane del variegato popolo della sinistra una volta abbandonato il riferimento alla classe lavoratrice, alla lotta di classe e all’idea di un’alternativa al capitalismo, non ha fatto altro che seguire la parabola discendente della politica borghese. Per 20 anni a farla da padrone è stato l’antiberlusconismo, l’anti neo-liberismo, poi il movimento no-global, oggi la nuova parola d’ordine è l’antirazzismo. Ma, in maniera grottescamente speculare, tanto il razzismo della destra europea nasconde i problemi reali di un capitalismo in profonda crisi economica, che continua a peggiorare la condizione relativa di milioni di proletari, tanto l’antirazzismo e l’antifascismo nascondono la sostanziale assenza di una risposta politica a tale epocale questione da parte della sinistra.
La crisi strutturale del capitalismo ha prodotto violentissimi scossoni nell’ambito della sovrastruttura facendo crollare come castelli di carte le vecchie ideologie che hanno permesso di imbrigliare la conflittualità proletaria nel secondo dopoguerra, producendo una tabula rasa politico-ideale nella quale il padronato ha gioco facile a dettare i tempi e i modi della gestione (antiproletaria) della crisi. Mentre la destra tenta di indirizzare le tensioni interne sul piano della “lotta all’invasione”, autoproclamandosi “non allineata”, “contro il pensiero dominante”, etc., la sinistra priva di prospettive non fa che seguirla su quel piano, invocando uno sterile “umanitarismo dell’accoglienza” e gli eterni valori di pace e solidarietà.
Per i rivoluzionari il discorso è completamente diverso, proviamo a sviscerarlo per sommi capi:
- Sebbene i nazional-razzisti occupino tanta parte dello spazio mediatico, finora non c’è in termini numerici, ossia di piazza, una vera e propria mobilitazione razzista, come è successo, per esempio, in altre epoche storiche (per esempio, il nazismo). Il razzismo “militante” insomma è un cancro che ancora non ha attecchito in strati profondi della popolazione, benché ci sia indubbiamente una tendenza di fondo in tal senso. Forse nell’ex Germania Orientale un po’ di più, ma, per il momento, l'insofferenza verso gli immigrati, fomentata dai mass media, si esprime per lo più nei mugugni da bar e nei giochi elettorali (che non è poco, certo); fa leva sulle paure della popolazione per una situazione economica difficile, alimentando gli istinti più brutali della popolazione.
- L’antirazzismo da parte sua fa leva sugli istinti più “umani” ma, al pari del pacifismo, non è portatore di nessuna alternativa al sistema. Le parole d’ordine “accoglienza” e “solidarietà” per quanto umanamente condivisibili non rappresentano nessuna prospettiva, non colgono il fenomeno dell’immigrazione e del razzismo nella sua essenza, inseguendo i razzisti sul loro terreno finiscono per alimentare quella dimensione mediatica della quale la propaganda nazionalista si nutre.
- Ciò che va affermato è che il fenomeno migratorio è figlio della crisi del capitalismo; la devastazione dell’Africa, con i conseguenti flussi migratori, non è un piano studiato a tavolino da un élite di “illuminati”, ma il prodotto di una crisi che sta scaricando parte dei suoi costi sulle periferie del capitale: Africa, Europa orientale e Medio Oriente, per quanto riguarda l’Europa. Le guerre che infiammano il sud e l’est del Mediterraneo a partire da quella in Iraq del 2003 e in Siria e Libia del 2011, l’affamamento sistematico delle popolazioni africane, che sempre più a stento riescono a sopravvivere con una economia di sussistenza perché invase dalle merci a basso costo , il furto della terra (land grabbing), dell’acqua, le guerre del petrolio, il diffondersi della violenza religiosa non sono che fenomeni attraverso i quali l’imperialismo (delle nazioni e delle multinazionali) targato USA, stati europei e Cina mette le mani sul sud del mondo, trasformando tutti i paesi del Sahel in fabbriche di profughi che oggi lo stesso imperialismo che li ha creati, rifiuta come fossero spazzatura, salvo poi usarli con forme di sfruttamento bestiali che hanno precedenti solo nello schiavismo. Il motore di tutto questo è nel cuore stesso del processo di accumulazione capitalista, la sua conseguenza l’intensificarsi dei flussi migratori.
- Solamente rimanendo alla storia del capitalismo il legame tra flussi migratori e crisi economica è fortissimo: la grande crisi del 1845-7, oltre a infiammare l’Europa con i noti moti del 1848, diede il via ad un emigrazione di massa verso gli Stati Uniti, così il legame tra crisi economiche, nazionali o internazionali e accelerazioni dei flussi migratori si è snodato fino ad oggi. Il proletariato è storicamente una classe di migranti, i salariati vivono vendendo la loro forza lavoro e se non sono in grado di trovare un acquirente sono costretti a… migrare.
- D’altro canto è vero che gli immigrati, che poi non sono così tanti come la falsa informazione mediatica vorrebbe farci percepire, hanno una funzione centrale per il capitale metropolitano, al fine di abbassare o calmierare il costo della forza lavoro: è la concorrenza tra lavoratori, l’utilizzo dell’«esercito industriale di riserva» al fine di diminuire i salari e aumentare i profitti. Senza contare che sono una manna per le casse dello stato, perché in contributi e imposte versano molto di più di quanto non ricevano poi in prestazioni sociali. E questi sono dati ufficiali, non fake news!
- Il punto di vista degli internazionalisti è sempre e solo quello della lotta di classe perciò dovremmo essere noi a dettare l’agenda invece di inseguire quella che di volta in volta sceglie la destra: gli immigrati sono parte integrante del proletariato e ne compongono spesso i suoi settori più sfruttati. L’unica integrazione possibile è sul piano della comune lotta di classe per il miglioramento delle condizioni economiche di vendita della forza lavoro prima, per sviluppare un piano politico comune volto al rovesciamento dell’ordine capitalista poi.
- Da questo punto di vista sono strategici due aspetti: opporre al razzismo e all’antirazzismo la lotta di classe, rilanciare la prospettiva e il punto di vista della lotta di classe contro classe riconducendo le singole battaglie all’unitaria lotta degli sfruttati di qualsiasi colore contro gli sfruttatori di qualsiasi colore; lo strumento politico indispensabile per realizzare questo salto è la presenza nelle differenti mobilitazioni del partito di classe. È su questo ultimo obiettivo che noi di Battaglia comunista ci stiamo impegnando. Nella complessiva crisi ideale e politica a cui abbiamo accennato sopra, tutte le tradizioni politiche espresse dal movimento di classe ne sono uscite con le ossa rotte, noi riteniamo di avere le carte in regola per aggregare gli elementi di classe che con maggiore sincerità si pongono il problema da un punto di vista classista e rivoluzionario e questi settori chiamiamo energicamente al confronto per la costruzione dell’autentico partito di classe di cui sempre più c’è bisogno.
Battaglia Comunista #09-10
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