Un po’ di rumore attorno all’ultimo libro di C. Formenti: “Il socialismo è morto. Viva il socialismo”

Fra re e papa, morti e sepolti e in attesa di “farne” altri come recita il proverbio, ecco l’autore del libro citato, il quale ci spiega nella Prefazione l’avvenuta “morte del socialismo”. A parte il fatto che si tratterebbe di un socialismo attorno al quale si affollano “cani e porci”, di un tale evento storico il Formenti è più che convinto, dopo quella che lui definisce sia stata una “registrazione notarile del decesso”, cioè la caduta del Muro di Berlino e il crollo dell’Urss. Attenzione, però: quella conclusasi sarebbe stata un’agonia iniziatasi, sì, da tempo, ma solo a partire dagli anni Settanta. Il che – fra le righe – consentirebbe al “nostro” di lodare come “grande leader comunista”, anche il Gramsci di tutto il precedente periodo ante seconda guerra imperialista... Seguono gli autori che a Formenti avrebbero influenzato le sue strabilianti “attuali posizioni teoriche”: da Laclau a Samir Amin, da Harvey a Nancy Fraser, con l’aggiunta di un Mario Tronti. E questi nomi sarebbero “solo alcuni”…

Comunque, apprendiamo che per le “sinistre radicate” (?) si prospetterebbe oggi la venuta di una nuova direzione con l’abbandono di un socialismo, sempre “ormai morto e sepolto” e sostituito da “un socialismo del secolo XXI” il quale terrebbe conto delle “concrete condizioni storiche: dalle trasformazioni subite dal modo di produrre” (ma quali, di preciso_?_ - ndr), dalla ri-nazionalizzazione della politica, dal ritorno dello stato, dalle trasformazioni della composizione sociale e dalle nuove forme della lotta di classe”. Dunque un “nuovo” nel quale si annuncerebbe la “rinascita del socialismo, modello populista”. Fra gli “argomenti cruciali”, il Formenti – alle prese con la realtà contemporanea – brandisce la penna per fantasticare, appunto, sui movimenti populisti, sul “ritorno dello stato”, sulla post-democrazia, sulla UE, sugli scenari geopolitici, femminismo, questione nazionale, ecc.

Perché, dunque, si dovrebbe rifiutare lo Stato, vedendo in esso la “fonte e incarnazione di ogni male”, come facciamo noi, ottocenteschi discepoli di Marx? Sarebbe soltanto un riprovevole continuare a far uso di “una delle idee marxiste che meriterebbero realmente di scendere nella tomba”, esclama Formenti! Il quale in vesti di becchino, scaverebbe ancor più profondamente la fossa dove “lasciar marcire il cadavere del socialismo” e cosi disprezzare pubblicamente le “sue inutili reliquie”... Ammesso sempre, e non concesso, che sia dato capire a quale “socialismo” il Formenti alluda. Soprattutto viste le condivise “idee” di Gramsci e compagni.

Il tentativo di riportare in scena una “nuova forma della lotta di classe”, ossia il populismo – forma necessaria dopo che, secondo il Formenti, “le tradizionali identità sociali hanno perso consistenza e autoconsapevolezza” – il “nostro” individuerebbe nel popolo il gramsciano ritorno, altrettanto idealistico, di un blocco sociale (classi e sottoclassi diverse) che “costruisce un popolo” il quale – stiamo seguendo il pensiero dell’autore – pur agitando “rivendicazioni in competizione reciproca”, vuol cambiare le “forme attuali del sistema capitalista”. Un… gioco delle forme, dunque, che dovrebbe consentire al nuovo blocco sociale di scalzare dal governo il vecchio blocco e così “fare le riforme”. Radicali…, ma pur sempre riforme, anche se con il

carattere di una rivoluzione nazional popolare e democratica, [... una rivoluzione] cittadina [...] neo giacobina, che ricostruisca sia le condizioni di una reale partecipazione popolare e democratica al processo decisionale, sia la possibilità di una ridistribuzione egualitaria del reddito.

Insomma, un “blocco sociale” dichiaratamente interclassista (tanto più che le classi non esisterebbero più…). Lo dovrebbero comporre strati della gramsciana “società civile”, i quali lottano per l’egemonia all’interno dello Stato-nazionale, con la bella conclusione che sarebbero le politiche neo-liberiste (non il capitalismo) a portarci ormai in piena barbarie! Dopo di che, basterebbe i “democratizzare la politica” per aprire porte e finestre al “nuovo” socialismo. Ah, dimenticavamo la necessaria mobilitazione a cui il Formenti ci chiama con un obiettivo strategico rigorosamente “anticapitalista”, compresa la prioritaria distruzione della UE...

Sempre ammaliato dal “pensiero” gramsciano, il Formenti si pone al seguito di quello che ritiene un “processo di costruzione politica” nel quale entrano da protagonisti (alla ricerca di un loro ruolo “egemone”) il popolo, la nazione e lo Stato. Sarebbero i nuovi “soggetti” in marcia verso la democrazia, aprendo le porte di alcune stanze del potere agli strati sociali subalterni. Basta dunque con il “becero antistatalismo di sinistre radicali”! Il pragmatico “Che fare” del nostro autore è semplicissimo: basterà separare lo Stato (la cui “estinzione” è da considerarsi “un’idiozia” del passato pensiero comunista…) dalla società civile (non lo dice, ma l’interpretazione è sempre quella di un Gramsci): alla seconda si garantisce (democraticamente e costituzionalmente…) il “diritto di costruire i propri organismi autonomi di rappresentanza”. Non solo, ma ecco un’altra novità, con la “facoltà di opporsi a decisioni statali che ritengono in conflitto con i bisogni e gli interessi popolari”.

E per concludere, applausi ai già elaborati “programmi politici” di un populismo di sinistra (Sanders, Corbyn, Podemos, Mélenchon): altro che obiettivi “moderati”, si compiace il Formenti! I cartelli fatti agitare al popolo sono:

ridistribuzioni egualitarie del reddito, reintegrazione del welfare, ri-pubblicizzazione di trasporti, sanità, educazione, nazionalizzazione di settori strategici e delle banche, ristabilimento del controllo politico sulla banca centrale, programmazione industriale, ecc_.

Misure che avrebbero addirittura una “valenza sovversiva”(?) e creerebbero – ecco l’uovo di Colombo, quello che Marx non… digeriva! – “le condizioni per avanzare verso obiettivi più ambiziosi”. Quali? Formenti risponde, calmo e sereno: “non definibili”!

Ci scusiamo coi lettori per le forse troppe ripetizioni di frasi e definizioni dateci dal Formenti. Era necessario per mostrare con quale spessore ideologico ci stiamo confrontando. Quello, cioè, di chi sarebbe arrivato a conclusioni comuni con altri colleghi che si fregiano del titolo di “economisti di sinistra” e col “merito straordinario – molto apprezzato da Formenti – di smontare il paradigma economicista che prevale nel marxismo…”.

Su un punto siamo quasi d’accordo con lui: vuoi vedere che “il capitalismo non sega il ramo sul quale è seduto”, ma cerca di rafforzarlo? Di certo questo è quel che accade di fronte alle “esperienze” con le quali il nostro autore simpatizza. Come lui stesso dichiara, infatti, si va dalle “rivoluzioni bolivariane in America Latina, ai casi Sanders e Corbyn negli Stati Uniti e in Inghilterra, dai Podemos in Spagna ai Mélenchon in Francia e all’M5S in Italia”. Non c’è dubbio: proprio una bella compagnia!

DC
Mercoledì, February 13, 2019