Manifestazione-sciopero degli operai Peroni di Tor Sapienza

Il 29 febbraio siamo stati al corteo solidale con gli operai della logistica dell’azienda italo-giapponese Peroni di Tor Sapienza, Roma. Questi lavoratori stanno portando avanti una dura lotta, iniziata con una settimana di sciopero ad oltranza, per l’affermazione di migliori condizioni di lavoro.

Con ordine.

Il SiCobas è entrato in contatto con questi lavoratori scoprendo che non erano loro garantite nemmeno le condizioni minime del contratto nazionale della logistica. Assunti dalla cooperativa Master Jobs questi lavoratori lavoravano con paghe orarie inferiori a quelle previste, comunicazione dei turni di lavoro via sms con massimo 12/24 ore di preavviso, nessuna garanzia di assunzione, nessuna assicurazione per infortuni etc. In seguito al confronto tra sindacalisti e lavoratori è iniziata la vertenza per adeguare le condizioni di sfruttamento a quelle garantite dal contratto nazionale. Con l’apertura della vertenza il SiCobas non è stato nemmeno convocato al tavolo, mentre invece Peroni e Cooperativa hanno subito iniziato a rimpallarsi le responsabilità e a minacciare licenziamenti.

I lavoratori Peroni sono molto divisi al loro interno, i lavoratori italiani maggiormente qualificati sono per lo più assunti direttamente, poi la babele delle cooperative, almeno quattro, delle quali due solo per gli operai della logistica.

Di queste a scioperare sono stati solamente gli operai della cooperativa citata, nella più o meno totale indifferenza e mancanza di solidarietà da parte degli altri.

La marcia dei circa duecento manifestanti ha accompagnato i facchini fino a davanti i cancelli della loro azienda, segnando un importante momento di solidarietà. Al corteo erano presenti, oltre ad alcune forze politiche antagoniste, altri lavoratori SiCobas di altre aziende e una rappresentanza di occupanti del movimento di lotta per la casa.

Gli slogan del corteo erano gli slogan tipici del SiCobas (“SiCobas, SiCobas!”, “Tocca uno, tocca tutti”, “sciopero oggi, sciopero domani”), colpiva che non ci fossero slogan direttamente collegati alle rivendicazioni della lotta in corso, né tanto meno politici.

Emergeva poi con forza come questi lavoratori non avessero altro che il SiCobas per difendersi e, quindi, ad esso si stringevano con forza.

In generale il corteo è stato molto silenzioso, una semplice marcia,e le forze politiche presenti non lo hanno caratterizzato in alcun modo con cori o slogan di alcun tipo.

Come già osservavamo all’assemblea contro i decreti sicurezza, ogni orizzonte anticapitalista è stato totalmente assente sia dagli slogan che dagli interventi durante ed alla fine del corteo, interventi che si sono invece concentrati sulle rivendicazioni immediate e sulla necessità di sostenere questa battaglia che finirà, per dirla con i leader SiCobas “solo con la vittoria degli operai”. Nessun operaio ha preso la parola.

Il presidio continuerà quindi nei prossimi giorni e settimane.

Riflessione politica: gli unici a dare una prospettiva più ampia, ma tutta completamente interna al capitale, sono stati quelli del movimento di lotta per la casa con il loro striscione: “vogliamo tutto, casa, reddito, libertà di movimento”

Ora, un intervento di comunisti internazionalisti deve, necessariamente, cercare di fare ciò che il SiCobas, e meno ancora altri movimenti, non fa e non può fare per la sua natura di sindacato, o di movimenti interni al sistema, e cioè collegare direttamente le istanze immediate con la prospettiva della lotta di classe e dell’anti-capitalismo. Bisogna insomma affermare che la vertenza (in questo caso migliori salari, rispetto almeno a quelli del CCNL, lotta allo scarica-barile tra azienda e cooperativa etc.) è una lotta immediata che va sostenuta dalla classe tutta, al di la di ogni limite di categoria o sigla sindacale – fino a qui arrivano in parte gli interventi ascoltati -, ma poiché la causa dello sfruttamento operaio è il capitalismo stesso, e poiché la crisi del capitale - la crisi, grande tema totalmente assente da ogni intervento - è crisi strutturale, allora è necessario, mentre si lotta per l’istanza immediata, affermare che comunque non ci si può fermare lì. Mai.

La prospettiva generale all’interno della quale i rivoluzionari devono necessariamente inquadrare queste lotte è l’obiettivo finale dell’abbattimento del capitalismo. Queste lotte vanno necessariamente viste solo come le prime avvisaglie di una lotta che deve diventare sempre più di classe e che sempre più deve esprimere e maturare al suo interno una coscienza politica, ossia l’istanza di una strategia chiaramente e coerentemente anti-capitalista. Si tratta di un processo che non cala dall’alto e non si sprigiona dal nulla ma che, per essere reso reale, deve essere dai comunisti animato e fatto vivo in ogni momento del conflitto.

Una visione anticapialista prevede, al di là che sia subito realizzabile o meno, che questi lavoratori in lotta pongano immediatamente il problema di costruire propri organismi di classe, coinvolgendo gli altri operai a partire dalla loro azienda e dal territorio circostante, indipendentemente dall’inquadramento lavorativo o dalla sigla di appartenenza. Deve essere una parola d’ordine di base, che deve circolare in ogni intervento, assemblea, documento: gli operai non possono delegare a nessuno la difesa dei loro interessi di classe, nemmeno al SiCobas (che, in quanto sindacato, queste cose basilari non riesce a dirle) e devono costruire i propri autonomi, di classe, organismi di difesa.

I lavoratori più coscienti devono poi impegnarsi sul terreno della costruzione del partito di classe, elemento imprescindibile di una coerente strategia anticapitalista.

O in queste lotte il programma rivoluzionario inizia minimamente a circolare nella classe, e questo non può essere delegato a due righe buttate la in un volantino, o queste lotte – vincano o perdano, a questo punto importa poco – non rappresenteranno neanche un minimo passo avanti verso il necessario rovesciamento dell’ordine sociale capitalista.

Infatti che la lotta vinca o perda dipenderà in gran parte dalla capacità di mobilitazione e lotta radicale dei lavoratori. Ma, in un contesto di crisi montante, cotanta generosità, anche in caso di vittoria, verrebbe sprecata se l’occasione non venisse utilizzata per radicare, per rendere vivo, il programma e la prospettiva anticapitalista nella classe stessa. Questo è il compito di noi rivoluzionari, queste le posizioni che necessariamente devono caratterizzare il nostro intervento.

Martedì, March 3, 2020

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.