Solidarietà di classe agli operai in lotta aggrediti nel lodigiano – Squadracce e polizia contro la lotta dei facchini di Piacenza

Ci risiamo.

Giovedì 10 giugno, a notte fonda, il presidio-picchetto dei facchini appartenenti al SiCobas, davanti alla Zampieri-FedEx di Tavazzano (Lodi), è stato aggredito da una squadraccia di picchiatori – detti vigilanza privata – al soldo dell'azienda e di crumiri, sotto lo sguardo delle forze dell'ordine borghese, che non hanno mosso un dito per fermare l'aggressione, come si vede da un video girato dal sindacato e circolato anche su Rai3. Uno degli operai in lotta è finito all'ospedale con la testa rotta, ma non è stato l'unico ferito tra i suoi compagni. Questi provenivano da Piacenza, dove la FedEx (multinazionale della logistica) ha chiuso il suo sito, licenziando tutti i lavoratori, nell'ambito di una ristrutturazione generale dei suoi impianti europei, intesa a tagliare il famigerato “costo del lavoro”. Ha cominciato con lo sbarazzarsi di quei siti in cui la classe operaia si è dimostrata particolarmente combattiva, tanto che in questi anni ha strappato condizioni di lavoro migliori di quelle “concesse” dal padronato in seguito ad accordi stipulati col sindacalismo confederale (in Italia), sempre pronto a firmare contratti al ribasso e peggiorativi, rispetto a quelli ottenuti dalle lotte, sindacali, promosse dagli operai che fanno riferimento al sindacalismo “di base” (SiCobas, ADL Cobas ecc.) e non certo a quello confederale.

Ancora una volta, dunque, la classe operaia della logistica, uno dei pochissimi spezzoni di classe, se non praticamente l'unico, che da una decina e passa di anni sta lottando con continuità e determinazione, è sotto l'attacco della borghesia che, come ha sempre, non esita a usare ogni strumento a sua disposizione per “mettere al suo posto” un settore particolarmente combattivo della classe salariata. Dai picchiatori nazifascisti, vomitati dai bassifondi dell'umanità, alla borghesia “extralegale” (la presenza delle mafie nel sotto mondo delle finte cooperative è nota), fino, inutile dirlo, alle forze di polizia, tutto deve essere messo in campo per stroncare il conflitto operaio che intralcia i piani del padronato, e lanciare un avvertimento al proletariato.

I facchini, in molti casi, sono riusciti a contenere o addirittura a cancellare i livelli “straordinari” di sfruttamento esistenti nella logistica, ma ora, i numerosi episodi di aggressione ai picchetti sono un chiaro segnale che la lotta sindacale, per quanto generosa e decisa, ha raggiunto o sta raggiungendo il limite che la borghesia considera invalicabile, le cosiddette compatibilità. Anzi, gli accordi sottoscritti dai confederali marcano e devono marcare un arretramento rispetto ai “picchi” toccati in alcuni hub. Anche per questo, il sindacalismo benché “radicale”, si mostra per quello che è, un vicolo cieco, quando va bene (si fa per dire), che sostanzialmente disarma politicamente la classe, le impedisce di fare il salto qualitativo verso la prospettiva rivoluzionaria del superamento del capitalismo, inchiodandola dentro l'orizzonte del rivendicazionismo economico, che presuppone e accetta, in ultima analisi, il rapporto di sfruttamento capitale-lavoro. Però, rimanendo su questo terreno, non si riconosce quello che per le forze comuniste è l'ABC ossia che lo stato, in tutte le sue articolazioni, non è un'entità al di sopra delle parti, ma è organismo esclusivo della borghesia, che ne difende gli interessi presenti e futuri contro il suo nemico storico: il proletariato. Non stupiscono allora gli elogi del SiCobas alla Prefettura di Piacenza (febbraio '21), salvo poi, qualche settimana dopo, essere caricati e denunciati dalla polizia mentre si difende il posto di lavoro. Da qui, l'incontro con la terza carica istituzionale dello stato (10 maggio), il presidente della Camera Fico, in cui ci si lamenta con lui della “mancanza di rispetto verso le istituzioni italiane derivante dall'aver fatto carta straccia dell'accordo siglato in Prefettura a Piacenza l'8 febbraio scorso”, come se, appunto, le “istituzioni italiane” non fossero le articolazioni dello stato, cadendo nel logoro giochino del “poliziotto buono” (le istituzioni “attente” ai lavoratori...) e del “poliziotto cattivo”, quello che effettivamente pesta e spara lacrimogeni ossia il vero volto, in ultima istanza, dello stato borghese.

Se da un sindacato, che si però si pretende di classe, non c'è in fondo da spettarsi altro, cioè la ricerca del riconoscimento della controparte, diverso è il caso di chi si definisce avanguardia politica comunista, che invece viene meno in ogni momento a quello che, sulla base dell'autoproclamazione, dovrebbe essere il suo ruolo. Di chi stiamo parlando?

Allora, facciamo nomi e cognomi: stalino-maoisti, trotzkisti, bordighisti, movimentisti e radical-riformisti in tutte le combinazioni e sfumature possibili e immaginabili (non ce ne voglia chi abbiamo scordato). Chi sotto sotto, silenziosamente, “democraticheggia”, propone programmi balzani e fa pastetta (magari per soffocare sul nascere tentativi di esplorazione-aggregazione tra gli elementi più sensibili nell'ambiente di lavoro), chi si sforza di ricondurre il tutto ai dettami sacri e inviolabili del Programma di Transizione, chi sfrutta ogni risvolto per ripetere a pappagallo i dettami invarianti del Gran Maestro Innominabile… chi propone da 50 anni lavorare meno lavorare tutti e reddito e diritti senza capir nulla della fase capitalista etc.

Poi c’è una classe lavoratrice che, isolata, combatte e subisce aggressioni violente e drammatiche come questa. Ma non è attrezzata a rispondere perché i parassiti di cui sopra si illudono di essere la sua forza, quando invece sono la sua debolezza. Qual è la forza della classe allora? L’organizzazione e solo a patto che questa sia rivoluzionaria e anticapitalista. Non a parole, in qualche slogan lanciato nel vuoto e subito dimenticato, ma nell’articolazione pratica di percorsi, costruzione organizzativa, presa di coscienza. Ma nell'ambiente della variegata sinistra più o meno rivoluzionaria (più meno che più...), si è distanti anni luce da questo, e anche chi ci vorrebbe provare in maniera un po’ più dignitosa (singoli compagni/e, qualche circolo di discussione) finisce per affogare in quell'ambiente tossico, dove la preoccupazione imperante è che l’altro ti rubi un militante e che non bisogna dire ciò che la classe non capisce. E' in queste miserie che affoga la classe nostra, ma il naufragare non è per niente dolce.

L'unica ventata d'aria buona può venire dagli scossoni sorgenti dalla classe, che ravvivino il conflitto generale, altrimenti questo ronzare di mosconi sarà l’unica cosa che continueremo a sentire, mentre si assiste impotenti e politicamente sempre più INCAPACI alla mesta sconfitta di questo glorioso spezzone di classe lavoratrice, per quanto isolato esso sia.

Massima solidarietà ai facchini e ai compagni feriti. L’unica prospettiva per cui valga la pena di lottare è la rivoluzione proletaria, sebbene quasi nessuno della suddetta sinistra ponga questo come perno irrinunciabile di OGNI discorso politico.

PCInt- Battaglia comunista, 12 giugno 2021
Domenica, June 13, 2021