Il profondo rosso dei conti pubblici - Altre stangate, altri sacrifici per i proletari

Togliete Tremonti, metteci Berlusconi (ma chi lo vuole?), sostituitelo con Siniscalco o domani ripescate Visco: i conti non tornano anzi precipitano in un profondo rosso. Sul portone del ministero del Tesoro si legge: "non c'è trippa per gatti". Può darsi che il Cavaliere riesca ancora a sorridere, dopo essersi stirato le rughe e messo al sicuro il suo personale reddito imponibile, ufficialmente dichiarato in 12.731.041 euro (25 miliardi di vecchie lire). Ma la voragine del pubblico bilancio rende irrequieta la borghesia e litigiose le sue fazioni e i suoi gruppi di potere. Ne risentono le "geometrie politiche variabili" del Paese mentre da mesi - fra aggiustamenti e artifici contabili, rigonfiamenti d'entrate o riduzioni di uscite, cartolarizzazioni, sanatorie e condoni tombali - l'affidabilità di preventivi e consuntivi peggio di certe previsioni meteorologiche. Nel tormentone dei conti pubblici si sta sfiorando la bancarotta che, se rischia di sfuggire di mano al governo in carica, non lascia tranquilla la stessa opposizione triciclata. Dal Pds alla Margherita e al Prc, chi mai saprebbe rivoltare la frittata? Tant'è che se il Cavaliere rimane in sella lo si deve anche a quella pseudo "sinistra" (comunque borghese) alla quale altro non rimane che il scegliere se far da padella o da brace per l'unica classe, il proletariato, costretta a subire gli attacchi di un capitale in profonda crisi. Un proletariato costretto a sopportare gli effetti della gestione per la conservazione in vita di un ordine economico e sociale che più nulla può dare e tutto deve togliere.

Il quadro è fosco: cresce lo stock del debito pubblico, salito da 1.387,7 miliardi (mld) di euro nel gennaio 2003 a 1.455 mld ad aprile 2004. È il terzo debito del pianeta e il primo in Europa. Il deficit in rapporto al Pil (Prodotto interno lordo) viaggia al 4% e il disavanzo calcolato al netto di entrate una tantum è salito al 5%. Se oggi lo si dichiara ufficialmente al 3,5%, ciòè dovuto alla riduzione della spesa per interessi sul debito (1,2 punti di Pil) grazie all'euro e ai bassi tassi di sconto in vigore. Se questi dovessero rialzarsi anche in Europa come in Usa, e continuasse a salire il prezzo del petrolio, altri tagli si renderebbero necessari per far fronte alla spesa primaria. L'avanzo di quest'ultima (saldo positivo di bilancio al netto della spesa per interessi) dal 2,9% del 2003 è sceso al 2,5. Dati preoccupanti per i conteggi capitalistici, che vorrebbero rialzare e non abbassare questo avanzo limitando tutte le spese necessarie a soddisfare i bisogni sociali, mentre il fabbisogno statale per tenere in vita la sempre più burocratica Amministrazione Pubblica è aumentato di 1,7 punti di Pil dal 2001 al 2003. Fino a ieri, secondo il defenestrato Tremonti, tutto andava per il meglio e con "un colpo di frusta" si poteva dare il via alla ossessione elettorale (riduzione fiscale) che perseguita Berlusconi. Intanto l'esaltato taglio delle tasse dovuto al primo modulo della riforma 2003 avrebbe ridotto il gettito di 4,7 mld di euro; la copertura finanziaria delle mancate entrate prevedeva incassi di 3,7 mld nel 2003 con misure una tantum, lasciando un buco di un miliardo che nel 2004 si allargherà al totale di 4,7 mld. Nessuno di noi s'è accorto di questa riduzione delle tasse, ma altri sì, tant'è che gli incassi del fisco sono scesi, al netto dei condoni, di 1,4 punti e quindi, secondo la logica borghese del dare e avere, ciò significa un peggioramento del bilancio. L'evasione fiscale è al più alto tasso europeo: almeno il 18,7% del Pil sfugge al fisco, con oltre 200 mld di evasione (dati del Sole/24 Ore). E ad evadere le tasse non sono certo i lavoratori e i pensionati.

In queste condizioni da acqua alla gola, ecco arrivare la manovrina balneare di 7,5 miliardi che si aggiunge alla Finanziaria di 16 mld già in funzione quest'anno. Totale 23,5 mld: "sottratti all'economia italiana", reclama l'ipocrita opposizione di Sua Maestà. In realtà le sottrazioni sono a carico dei proletari, doppiamente presi per i fondelli. L'Intesa consumatori stima in 120 euro a famiglia il peso della manovra. Nel dettaglio, i 5,5 mld di tagli alle spese riguardano: 2,82 mild in meno per i Comuni,479 milioni (mln) le Province,400 mln le Regioni,150 mln Poste e Ferrovie. Seguono 1,25 mld di tagli ad Imprese e Sud (legge 448, Bonus per l'occupazione, Fondi politiche regionali, Programmazione negoziata) e tagli per 2 mld, tutti da identificare, a ministeri e pubblica amministrazione e che saranno recuperati l'anno dopo. Segue la vendita anche di uffici pubblici; quindi maggiori imposte (1,30 mld), di cui 690 mln per Assicurazioni e Fondi pensione; 372 mln per Banche; 220 mln per Fondazioni Bancarie: tutti "soggetti" che si rifaranno sui loro clienti. Fuori manovra vi è la proroga del condono edilizio fino al 31 dicembre a seguito della sentenza negativa della Corte Costituzionale: si prevedeva un gettito di 3,6 mld ma finora sono stati incassati solo 300 mln di euro. Va aggiunto che 4,2 mld di tagli alle spese sono misure temporanee valide fino a fine anno, riducendo così tutta la manovra ad un antipasto. Infatti, solo le tasse per Banche e Assicurazioni sono strutturali, mentre in termini di competenza i 7,5 mld della manovra 2004 scendono a 135 mln nel 2005 e 948 mln nel 2006. L'impatto dei tagli sul rapporto deficit/Pil è di 5,5 mld per il 2004, ma scende a 15 mln nel 2005 e ancor meno nel 2006. Si avrà perciò un forte effetto-rimbalzo delle spese che sono compresse in questi mesi ma che si ripercuoteranno su quelle del prossimo anno. Insomma, siamo ai cerotti momentanei e ai primi assaggi di prossime nuove stangate, per altro già annunciate, con strati del proletariato prossimi alla disperazione: disoccupati, precari, anziani, malati.

Conclusioni: il bilancio statale è all'osso, anzi, si sono rubati anche quello! Non c' carne da friggere, solo aria. Fare cassa è l'imperativo, a costo di manovre di accattonaggio come la vendita dei palazzi ministeriali ai privati e il loro riaffitto da parte dello Stato. A quell'imperativo di assoggettano tutti, governanti e finti oppositori alternativi, ovvero quanti si fanno carico degli interessi generali della nazione e del popolo, guardandosi bene dal denunciare e combattere l'esistenza nella società capitalistica di due classi dagli interessi chiaramente contrapposti: sfruttatori e sfruttati, borghesi e proletari, capitalisti e lavoratori.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.