Anticapitalismo di fondo e non di maniera

La crisi che sta rodendo al cuore il modo di produzione capitalistico è di tali proporzioni e profondità da spingere la classe borghese al più aperto attacco contro il proletariato. Condizioni di lavoro e di esistenza dei proletari fanno passi all’indietro, sotto i colpi dei capitani dell’industria e della finanza e dei loro comitati d’affari insediati al governo di una società in costante e inarrestabile imbarbarimento. Non siamo di fronte ad una particolare “cattiveria” di certa borghesia (come quella di… Marchionne e soci). Non siamo alle conseguenze di indirizzi politici sbagliati, sostenuti da un ceto politico di avventurieri e mercenari al soldo del capitale e quindi da “rinnovare”. Si tratta di una strada obbligata che il capitale è costretto - questione di vita o morte per lui - a percorrere con ogni mezzo. Naturalmente infierendo ogni giorno di più sul proletariato per salvaguardare i propri interessi e la propria conservazione.

Non possiamo che condividere le denunce, ad ogni livello, di condizioni di sfruttamento ormai bestiali e imposte col ricatto e la forza nelle fabbriche, aziende e uffici, ovunque ai proletari venga “concessa” la possibilità - addirittura come fosse una fortuna capitata loro! - di vendere la propria forza lavoro con un sempre più magro salario. Prendere o lasciare, con abbondanti dosi di ipocrisia e arroganza. Ma le contestazioni non bastano e finirebbero col portare acqua al mulino -- sempre attivo anche se arrugginito - di un riformismo radicaleggiante ed estremizzante a parole. Quello che mai ci stancheremo di puntualizzare è che senza una chiara e approfondita piattaforma teorico-politica, un programma tattico-strategico ben definito, ci si confonde inevitabilmente con chi altro obiettivo non ha se non quello di prendere il posto di quanti dirigono le manovre, soprattutto in ambito sindacale.

Sia chiaro: guardiamo con attenzione alle spinte di lotta spontaneamente provenienti dalla base operaia (magari ce ne fossero ovunque!) ma in quanto esse possono offrirci la possibilità di introdurre nelle frange dell’avanguardia operaia una indispensabile “coscienza” politica di lotta per il comunismo. Non basta parlare di generico “anticapitalismo” nel quale ci può stare (e non stare…) di tutto; neppure basta l’agitarsi sul terreno del sindacalismo etichettato come “operaio”, magica formula per depurare “certo sindacalismo” delle infezioni che lo caratterizzano, agitando la bandiera di un “sindacato come rappresentante di interessi autonomi, indipendenti degli operai dal padrone”. Così si recita all’estrema sinistra… In sé e per sé la spontaneità delle lotte sarebbe insufficiente a dare non solo continuità alla lotta stessa, ma soprattutto indirizzi e finalità politiche ben precise.

La direzione imboccata dalla industria moderna è obbligata in questo modo di produzione; lo sarebbe anche per chi si illudesse di cambiare percorso mantenendo in vita, più o meno corrette, tutte le vigenti categorie economiche. Quasi un secolo di storia del movimento operaio, capeggiato dal macellaio Stalin e dai suoi servi ed epigoni, è tuttora una lezione da meditare. Parliamo di strutture economiche (capitalismo di Stato) e di sovrastrutture politiche e istituzionali. Al mito di un “anticapitalismo” di maniera va tolto il velo, mostrando che cosa veramente s’intende per lotta al capitale e rivoluzione per il comunismo.

In conclusione, le sole intenzioni “antagoniste”, anche se in buona fede, non bastano. Occorre portare fra i proletari un chiaro programma di classe contro classe, nel quale si comincino a delineare strada e obiettivi finali. Che sono quelli di un superamento definitivo del capitalismo, di questo assurdo e ormai a tutti i livelli criminoso modo di produrre e distribuire. Impossibile - oltretutto e nonostante il silenzio e i comportamenti pratici di qualche “anticapitalista” che si agita qua e là - senza la presenza operante di una organizzazione politica di classe, il partito internazionalista del proletariato.

DC

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.