Il sindacato contro i lavoratori

Riflessioni a margine dello sciopero generale del 6 maggio

Partiamo da quattro, scontate, osservazioni: lo sciopero generale del 6 maggio è stato indetto in data estremamente tardiva, per sole quattro ore, con due mesi di preavviso e spezzettato in tutta Italia con cortei regionali.

Già questi dati sarebbero sufficienti a chiarire quanto la CGIL si sia impegnata per depotenziare al massimo lo sciopero.

Quale futuro per il Contratto Collettivo?

Per capire quali sono gli obiettivi strategici reali che la CGIL si pone, nello sciopero, dobbiamo andare al documento, redatto dalla segreteria nazionale, “Per un nuovo modello contrattuale” (marzo 2011).

Sono qui contenute le linee guida attraverso le quali la CGIL vuole chiudere la stagione degli accordi separati (Pomigliano, Mirafiori, Pubblico Impiego e Commercio) per tornare a sedersi al tavolo delle trattative che contano.

Nel documento viene innanzi tutto rivendicato come, dall’entrata in vigore dell’accordo separato 2009 sulla struttura contrattuale,

l’attività di contrattazione nazionale è stata largamente unitaria nel settore privato (83 CCNL su 89), quasi interamente unitaria la contrattazione aziendale e di gruppo (ad eccezione del Gruppo Fiat), completamente unitaria la vasta contrattazione sociale con Regioni e Comuni.

Come dire: a parte qualche screzio, noi ci siamo sempre stati! Si delinea, poi, la proposta per il futuro modello contrattuale che verterà attorno ad

una riduzione del numero dei CCNL e una revisione del loro ruolo verso forme di tutela più generale e meno prescrittiva delle condizioni di lavoro per favorire la contrattazione di secondo livello.

Con buona pace di chi vede nella CGIL un argine in difesa del contratto collettivo. È in questo quadro di decentramento che il documento apre a “forme di partecipazione del lavoro alla vita dell’azienda o dell’amministrazione” (azionariato dei dipendenti, p.es.), il tutto all’interno di una logica volta a rilanciare la concertazione, condotta da enti bilaterali formati da sindacalisti e padroni, e vincolando “le parti, nella loro autonomia, a comportamenti coerenti con le intese sottoscritte”. Insomma, divieto di contestare i contenuti degli accordi, una volta siglati. L’esigenza, più volte espressa da Confindustria, di “superare il contratto collettivo” viene fatta propria dal Sindacato che, anche in questo caso, fa sfoggio di grande senso di responsabilità.

La CGIL contro la crisi?

Il 12 dicembre 2008 è stato l’unico sciopero generale CGIL contro la crisi, in 4 anni. Nel frattempo è stato firmato l’accordo separato sulla contrattazione, il “sì” al referendum ha vinto a Pomigliano e Mirafiori, è stato approvato il “collegato lavoro” e il (terribile) contratto per il commercio, per citare solo gli attacchi più eclatanti. Il tutto mentre la disoccupazione, sopratutto giovanile, avanzava impetuosa, le fabbriche chiudevano a decine, il rapporto di lavoro di tipo precario si estendeva indisturbato, il potere d’acquisto dei lavoratori (tra mancato recupero dell’inflazione, cassa integrazione galoppante e contratti precari) colava a picco.

Non uno sciopero ad oltranza, non uno sciopero di solidarietà con i lavoratori che perdevano il posto... niente di niente, solo uno sciopero generale ed alcuni scioperi di rappresentanza, con nessuna incisività, nei vari comparti.

La FIOM

La stessa FIOM, al di là delle apparenze, si è adeguata alle esigenze padronali. Dopo aver subito il “sì” a Pomigliano, ha convocato mezza giornata di sciopero e una manifestazione nazionale; dopo la sconfitta di Mirafiori ha collocato una giornata di sciopero e l’adesione al 6 maggio. Non c’è che dire: i lavoratori non potranno certo lamentarsi dei soldi persi in busta causa scioperi!

La FIOM, a Pomigliano e Mirafiori, è sempre stata disposta ad accettare tutto, alla sola condizione che le nuove misure venissero ricavate dal vecchio contratto. Mai ha messo in discussione l’istituto del referendum! Non ha mai proposto la lotta dura contro il metodo del referendum. Si è limitata a fare banchetti informativi. Di scioperi e assemblee nemmeno l’ombra: un’altra grande prova di responsabilità sindacale!

La lotta sindacale è finita

È, almeno, dal 1993 che i contratti sono, ogni volta, peggiorativi. È da almeno 20 anni che il sindacato perde, contratto dopo contratto, pure le briciole che si erano conquistate negli anni 1970. Non è vero che si ottiene poco, che si resiste, si continua, invece, ininterrottamente a perdere: ad ogni nuovo contratto o accordo si regala sempre qualcosa al padrone. Per esempio: se la precarietà è stata istituita nel 1993 per fare fronte ai picchi produttivi, poi è stata estesa a 12 mesi, poi sono arrivati i contratti atipici, poi i 36 mesi e poi...

La realtà è che, conseguenza della generale crisi economica, il sindacato non ha più spazio per la mediazione! I padroni sono all’attacco e il sindacalismo difende... sé stesso, la sua esistenza.

Negli ultimi decenni non c’è stato nemmeno un giorno di lotta vera (sciopero improvviso, ad oltranza...) a livello nazionale. Fanno eccezione alcune lotte locali che il sindacalismo, compreso quello di base, è stato ben attento a mantenere isolate, fino a che queste, non trovando forza nella loro estensione, si sono, inevitabilmente, esaurite in sé stesse.

Anni Media occupati (mln) Media ore sciopero (mln) Ore sciopero per occupato
1978-1982 20200 116.557 5,77
1983-1987 20500 51.501 2,51
1988-1992 21200 26.186,6 1,24
1993-1997 20200 15.134,4 0,75
1998-2002 21100 11.588,8 0,55
2003-2007 22600 6.888 0,3

Dati Istat e Ministero dell'Economia e della Finanza

I sindacati continuano a scoraggiare i lavoratori: ogni, rara, giornata di mobilitazione nazionale viene annunciata come se fosse l’inizio di “una grande stagione di mobilitazioni e lotte”, ma poi il tutto si esaurisce in una manifestazione simbolica e... buona notte ai suonatori. Questo è quello che è accaduto in tutte le passate mobilitazioni, questo è quello che accadrà dopo il 6 maggio (tutti al mare...).

Scioperi veri!

Lottare è possibile. In qualsiasi settore o categoria, se c’è unità tra i lavoratori e se si organizza uno sciopero, questo è possibile. Ce lo hanno dimostrato i lavoratori della INSSE: se i lavoratori sono uniti, anche se la loro lotta è formalmente illegale, essa è possibile. Gli scioperi, nel privato, si possono fare con 5 minuti di preavviso, non c’è bisogno dei tre mesi! Il problema è sempre e solo la forza che i lavoratori sono in grado di mettere in campo, la loro disponibilità a lottare. La nostra arma è lo sciopero, quando non abbiamo più il potere dello sciopero non siamo più nessuno, la minaccia dello sciopero deve essere quotidianamente impugnata.

Bisogna rifiutare la logica degli scioperi dimostrativi, per affermare la necessità di convocare scioperi a oltranza, selvaggi. Per fare questo il sindacato è, bene che vada, un ostacolo. I lavoratori devono autorganizzarsi, sul posto di lavoro, in comitati di lotta fuori e contro la logica sindacale.

Diego

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.