Elezioni: che brutto spettacolo!

I giochi sono fatti, il nuovo governo è nato dalla sconfitta elettorale del centro sinistra, un governo ancora di centro sinistra che ha racimolato in Parlamento lo stretto necessario dei voti per essere legittimato. La campagna elettorale che lo ha preceduto è stata una delle più deprimenti nella storia della politica italiana. È stato detto e fatto tutto e il contrario di tutto; sia da una parte che dall'altra non si è badato a salvare la faccia ma le parti basse del corpo pur di arrivare all'unico risultato utile, la vittoria elettorale. Si è assistito allo squallido spettacolo di capovolgimenti politici, di rinnegamenti di programmi recitati come verità assolute cinque minuti prima. Come guitti di periferia i politici si sono esibiti in una serie impressionante di capriole e voltafaccia. Nulla di nuovo, è vero, ma mai come in questa occasione la politica da basso impero ha riempito le piazze e i pulpiti informatici.

Prima del confronto elettorale si temeva il pericolo dell'astensione. Astensione giustamente temuta per quella sorta di nausea e di distacco crescente tra il mondo della politica e il paese reale, tra l'arroganza del potere, le sue vessazioni economiche e il mondo di chi è costretto a tirare avanti in qualche modo e che di tanto in tanto è chiamato alle urne per "decidere" di che morte deve morire.

Tale era il timore che da tutte le parti si è levato il coro del " votate per chi volete ma andate a votare", votare "è un diritto ma anche un dovere dei cittadini", "chi non vota rinuncia ad uno dei principi fondamentali della democrazia". La preoccupazione era che l'astensionismo, intendiamoci non di classe, ma di semplice rifiuto di partecipare ad un gioco falso e inutile, potesse mettere in crisi i meccanismi del consenso, e quindi, della legittimazione popolare del potere. A governo e opposizione che si giocavano sull'elezione diretta dei presidenti delle Regioni una partita più politica che amministrativa, interessava che il proprio elettorato andasse alle urne quale condizione della vittoria e della legittimazione.

Chi era più preoccupata era la "sinistra", quella di governo, da D'Alema a Cossutta e quella di opposizione (?) che alle elezioni si è presentata in lista con Martinazzoli. L'argomento di convincimento è stato quello di sempre. Se l'elettorato di sinistra non va a votare in massa fa il gioco della destra aprendo la strada alla conservazione più bieca e cattiva. Per tradizione la destra va a votare mentre è solo all'interno del mondo della sinistra che di tanto in tanto serpeggia l'atteggiamento del rifiuto delle urne.

L'argomentazione merita un commento anche se banale e scontato. Innanzitutto se la destra va a votare per la coalizione di centro destra è perché in quel programma e in quel modo di fare politica si riconosce. Che i borghesi, i piccolo borghesi e tutti i conservatori e reazionari di questa Italietta si identifichino nel Polo di Berlusconi e Fini è del tutto normale. Ma è del tutto normale anche che una parte del "popolo" di sinistra non si identifichi nelle politiche di una formazione di centro sinistra che si comporta in termini politici ed economici come se fosse la destra. Anzi fa il lavoro sporco che da sempre hanno fatto le destre quando sono state al potere, ma con la coscienza di essere più ben visti dai poteri forti perché meglio in grado di turlupinare i lavoratori. Ma poi di quale sinistra si sta cianciando? Da D'Alema a Bertinotti, da D'Antoni a Cofferati, questioni di dettaglio a parte, fanno a gara a chi è più realista del re. Quando il governo D'Alema proponeva la prosecuzione dello smantellamento dello stato sociale, i contratti d'area, il lavoro interinale ecc. i sindacati e Rifondazione, dopo i mugugni di prammatica, ne assecondavano le iniziative senza mai riempire le piazze della sacrosanta protesta. Milioni di lavoratori si sono ritrovati disoccupati o con lavori a termine, con il rischio di lavorare ancora per anni sotto lo spauracchio della precarietà, con pensioni decurtate, ben sapendo chi dovevano ringraziare. Come poteva questa "sinistra" pretendere che all'interno del suo tradizionale elettorato non si producesse una perplessa disaffezione? I dati hanno confermato tutto questo. La destra si è mossa compatta marciando come un sol uomo verso le urne, l'esercito di sinistra si è frazionato, in parte avvilito, in parte disorientato da eccessi politici che nemmeno si aspettava. La destra ha mantenuto i suoi voti (solo settanta mila in più) mentre tra l'elettorato di sinistra si è registrata una diminuzione di due milioni di voti. L'astensionismo ha raggiunto il suo culmine percentuale in Calabria: 34%, non a caso, se si considera che in quella regione esiste il massimo della disoccupazione nazionale con punte che sfiorano il 50% tra i giovani, dove più che da altre parti, la politica di "sinistra" del governo D'Alema ha portato lo scompiglio tra le masse lavoratrici. Astensionismo quindi come rifiuto e disaffezione nei confronti di un governo e delle sue forze politiche di centro sinistra che come un maglio hanno compresso le condizioni di vita e di lavoro di milioni di proletari. Rifiuto e disaffezione, non ancora coscienza di classe. Noi nel nostro piccolo, che della astensione siamo da sempre solleciti interpreti, non ci siamo illusi che questi due milioni di voti in fuga fossero merito della nostra "campagna" elettorale, né che il non voto sia una soluzione ai problemi di chi lo pratica. Molto più modestamente riteniamo che l'astensione, se sorretta da un minimo di coscienza politica sia l'unico modo oggi, in assenza di altre manifestazioni di ripresa della lotta di classe, per mostrare un minimo di opposizione alla borghesia sia in chiave destrorsa che sinistrorsa, sempre ammesso che tra le due ci sia una qualche differenza sul terreno degli attacchi alle condizioni della classe operaia. Una opposizione che se non altro abbia il merito di rifiutare il solito gioco, con una borghesia che tiene banco e usa carte truccate. Un astensionismo che abbia come obiettivo politico quello di superare i limiti del rifiuto e della disaffezione per iniziare a essere opposizione cosciente in attesa di una opposizione di classe che allora non si limiterà al boicottaggio delle urne, ma troverà nei posti di lavoro e nella società l'ambito in cui muoversi e crescere.

Intanto il governo Amato riapre le danze. Il "dottor sottile" che nel 1992 aveva iniziato con il suo primo governo l'attacco alla classe operaia con una coalizione di centro destra, ora lo porterà a compimento con un governo di centro sinistra. Gli uomini vanno e vengono, si alternano le forze politiche e di governo, l'unica costante rimane la necessità del capitale di aggredire la forza lavoro. Non importa chi lo faccia, sotto quale colore si nasconda o in nome di quale falsa ideologia lo pratichi, l'importante è che lo faccia e, possibilmente, senza far scattare la reazione di classe, altrimenti il mondo politico, non solo di sinistra, avrà qualcosa di più importante da paventare oltre all'astensionismo.

Fabio Damen

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.