Un'assemblea operaia nata male e finita peggio

Si è tenuta a Torino, il 2 e 3 dicembre 2000, su iniziativa di Inchiesta Operaia, una Assemblea Operaia che - se abbiamo ben compreso - avrebbe dovuto riunire le avanguardie di classe operaia attualmente operanti nelle fabbriche e sui posti di lavoro, nella prospettiva di costruire una opposizione operaia autonoma da partiti e sindacati, dalla quale sola dovrebbe sorgere il partito operaio. A garanzia della natura operaia dell'assemblea e del terreno quindi solo sul quale si renderebbe possibile la costituzione del Partito, solamente gli operai erano ammessi a intervenire.

"Lasciamo da parte quello che ci divide (gli ismi vari) e organizziamoci su ciò che ci unisce" si diceva sostanzialmente nel documento di convocazione ed è stato più volte ripetuto nel corso della riunione.

Sembrerebbe una linea tattica giusta e vincente e così è apparsa a quasi tutti i partecipanti.

Ma, innanzitutto, le rappresentanze operaie presenti erano in gran parte più rappresentanze dei rispettivi gruppi politici di appartenenza che delle rispettive fabbriche. Più esattamente: erano sicuramente rappresentanti delle rispettive organizzazioni politiche, ma non rappresentavano certo la maggioranza o quantomeno l' "assemblea di lotta" dei rispettivi posti di lavoro. È proprio su questa valutazione che divergevamo da subito con i compagni di Inchiesta Operaia. Presentare quelle "rappresentanze" come espressione di un presunto movimento di ripresa della classe è un grave errore strategico: significa scambiare i propri desideri per realtà e confondere la vitalità del ceto politico residuo del terzinternazionalismo come vitalità del proletariato. I compagni di IO ci obiettavano che siamo noi a non vedere quel poco di positivo che la classe riesce oggi a esprimere, pur tra mille incertezze e con ancora addosso il peso dei vecchi ismi che hanno fatto il loro tempo (stalinismo, trotskismo, bordighismo, consiliarismo...): quelle dunque sarebbero avanguardie operaie, ancora deboli, ma segno di una ripresa.

Ribadiamo che se si vuol vedere a tutti i costi una ripresa di classe sotto la grandine di bastonate che la classe riceve senza reagire, è giocoforza scambiare per veri i finti comitati operai e organizzazioni politiche che cercano di radicare nella classe per espressione del movimento della classe stessa. D'altra parte è un vecchio giochetto comune a molti residui della Terza Internazionale quello di creare con dieci militanti nove comitati e, se questi sono o si chiamano operai, presentare un movimento dietro la folla di sigle. Ora, non riconoscere questo giochetto è un errore dei compagni di IO che porta con sé l'inoppugnabile sbaglio di accompagnarsi alle specie più... sceme di stalinismo.

Si vuol far passare per possibile avanguardia proletaria per esempio il Circolo Iskra di Viareggio, che è, sì, per la ricostruzione del partito, ma quello stalino-maoista, per la quale è in fraterni rapporti con gli stalinisti più stalinisti di vari paesi (Grapo compreso). Chiediamo ai compagni di IO: davvero contate di costruire un partito comunista assieme ai vecchi e nuovi arnesi del più vieto stalinismo? E non ci si venga a dire che non il gruppo Iskra era invitato, ma gli operai impegnati nella lotta a sostegno dei cantieri Sec di Viareggio. Né riteniamo politicamente accettabile, da nessun punto di vista, la giustificazione - giusta lo slogan di fondo summenzionato - che purtuttavia sono lavoratori in lotta contro i padroni e i loro servi sindacali. Essere contro CGIL, Cisl e Uil oggi è facilissimo, ma il punto sta in quel che si vuole o si cerca di costruire in alternativa. Ricostruire la vecchia CGIL stalinista, gabellata come "sindacato di classe", è roba da stalinisti, quindi da "tagliati fuori" rispetto alle prospettive rivoluzionarie, e avversari acerrimi del vero lavoro di ricostruzione del partito.

Altri esempi potremmo citare di impresentabilità politica, ma ci fermiamo a questo macroscopico, aggiungendo solo che è ora facile per simili stalinisti presentare a Viareggio e in Lucchesia come un loro successo la mozione di solidarietà ai lavoratori Sec, uscita da Torino con la firma di tutti i partecipanti.

È infatti sufficiente a mettere in luce il problema di fondo sul quale si giocano le prospettive rivoluzionarie e che i compagni di IO hanno deciso in linea di principio di evadere: verso quale partito? E che cosa è sostanzialmente partito rivoluzionario?

Non si può aggirare questo problema con la tesi che la classe in movimento, una volta che avrà accumulato potenza sufficiente, saprà anche darsi la linea giusta. Sa lontano un miglio di idealismo, già ferocemente combattuto da Lenin e battuto dalle poche ma significative esperienze della classe di una certa portata, dalla Rivoluzione russa all'Agosto 1980, dalla Occupazione delle Fabbriche del 1920 all'esperienza dei Consigli Ungheresi del 1956 o ai consigli operai iraniani del 1979...

È una finzione dire che si accumula potenza proletaria coordinando il non coordinabile, mettendo insieme stalinisti e consiliaristi:

a costruire comitati e/o collettivi in ogni fabbrica e luogo di lavoro e a livello territoriale, coordinamenti operai e proletari contro lo sfruttamento, per la ripresa del movimento di classe per la società senza classi...

come recita la mozione conclusiva. Ed è una finzione gravida di deplorevoli derive.

m.jr

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.