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Home ›Riflessioni sulla vicenda Innse
Il nostro punto di vista di comunisti è apertamente quello di coloro che si pongono nell'ottica del rovesciamento della società attuale e quindi siamo mossi da questa esigenza nel valutare gli eventi e non dalla ricerca di risibili primati intellettuali od amore della critica fine a se stessa, atteggiamenti tanto irritanti quanto la malafede di chi in genere li attribuisce a noi o ad altri.
Premesso ciò la nostra critica quindi non riguarda la porzione di classe in sé che è scesa in lotta in questo frangente ed in modo estremamente determinato quanto il ruolo e le indicazioni date da coloro che se ne dichiarano - e forse lo sono anche - avanguardia, testa “politica”.
Per noi marxisti il criterio per giudicare una vittoria od una sconfitta della nostra classe è semplice e consiste sinteticamente ne “la conquista di un livello più avanzato di coscienza e di organizzazione”. Cosa che è accaduta in modo molto parziale a nostro avviso essendo i due termini legati uno all'altro.
Intanto non si possono sottovalutare alcune condizioni ambientali favorevoli alla lotta che però non sono sempre ripetibili in tutte le situazioni; manodopera molto specializzata e coesa lavorando insieme da molti anni, azienda “capitalisticamente sana” e difficilmente delocalizzabile per le sue caratteristiche produttive ed il manifesto tentativo di speculazione edilizia/finzanziaria alla base.
La “vittoria” consiste nel fatto che i 49 posti di lavoro sono salvi per ora; ovvio che in periodi di sconfitte cocenti e totali come gli attuali questa si presenti come una vittoria.
Come hanno riconosciuto gli stessi lavoratori della Innse essi si sono semplicemente conquistati il “diritto” di farsi sfruttare e rischiare la vita per un nuovo padrone, di certo non un benefattore, dopo 15 mesi di picchettaggio continuo (con annessi carote e bastone istituzionali, ossia promesse & manganellate delle forze dell'ordine borghese). Sdrammatizzando un po' potremmo dire che si sono tolti di dosso della pessima _genta-_glia leghista per incontrare dei camosci compagnoni (1)...
Punto di forza ed elemento centrale della lotta è stata la grande ed unanime determinazione a resistere da parte degli operai che ha permesso di superare gli alti e bassi della lunga lotta; importante è stato il saper coinvolgere anche elementi esterni nei picchettaggi come gli studenti della statale, alcuni centri sociali, il comitato antirazzista milanese ecc. cosa che ha permesso in certi frangenti di avere una massa critica tale da scoraggiare o rendere più difficoltosa l'opera padronale/poliziesca di smantellamento - a conferma della necessità di portare subito all'esterno le mobilitazioni. Fondamentale è stato altresì l'aver deciso linea e forme di lotta in modo spontaneo senza aspettare dannose interferenze (cioè: pompieraggi) od improbabili aiuti sindacali, costringendo quindi il sindacato - qui nelle vesti della Fiom - a rincorrere le mobilitazioni (dopo che in un primo momento era stato per lo meno tiepido verso di esse, come sempre d'altronde nella sua ultracentenaria storia) e schierare i suoi big (Cremachi, Rinaldini) in pieno agosto per cercare di non farsi sfuggire di mano la vicenda quando essa è salita alla ribalta dei media con il noto evento della gru occupata da cinque operai. Evento oltretutto mistificato dai media in senso suicida/pacifista del tipo “ora mi butto di sotto se non ci accontentate”, mentre invece rappresentava il tentativo di non far portare via un macchinario (essere sgomberati a 10m d'altezza è più complicato che non davanti ad un cancello).
Modalità che sta trovando in queste settimane molti imitatori tra i lavoratori che sperimentano situazioni di licenziamenti, chiusure ecc e che testimonia l' ancora insufficiente istinto di classe che sarebbe necessario in tali frangenti; in Francia in contesti simili si prendono in ostaggio temporaneamente i manager delle imprese, si minaccia di far saltare gli impianti ecc. e si chiedono cospicui indennizzi quando non è più praticabile la difesa del posto di lavoro.
Tanto per dire: a giugno due muratori egiziani sempre nella ricca Lombardia sono saliti per alcune ore su un pilone in costruzione per reclamare gli stipendi arretrati; dopo l'intervento dei Cc insieme ai soldi dovuti è arrivato anche un arresto per immigrazione clandestina... e nessuna telecamera.
È mancata a nostro avviso qualsiasi analisi e critica sul ruolo ed il comportamento del sindacato - ripetiamo a scanso di equivoci: non certo durante le fasi di scontro ai picchettaggi o tanto meno per dividere i lavoratori della Fiom dagli altri, ma dopo “a bocce ferme” compito dei lavoratori rivoluzionari è o sarebbe quello di mostrare agli altri chi sono i nemici e chi, soprattutto, i falsi amici (e perché). I primi sono facilmente identificabili a differenza dei secondi - anche l'on. Fiore di Forza Nuova si è detto solidale con gli operai in lotta contro il “capitalismo della speculazione finanziaria” mentre Bossi, ha espresso solidarietà agli operai “padani”... purché non si torni a parlare di lotta di classe.
In 15 mesi il sindacato non ha promosso un solo sciopero neppure simbolico e neppure circoscritto a sostegno dei lavoratori Innse in lotta. Né sono stati mobilitati la rete degli rsu di base. Neppure si sono collegati tra loro gli rsu delle tante fabbriche in crisi sullo stesso territorio a causa della solita anti-operaia prassi delle vertenze separate (ognuno per sé, sconfitta sicura per tutti). Quelli venuti lo hanno fatto spontaneamente (nella sola via Rubattino a Lambrate dove ha sede la Innse si sono persi nel silenzio 300 posti di lavoro in pochi mesi). Fatti che avrebbero potuto e dovuto trovare una spiegazione di classe, invece mancata.
È assai fuorviante dal nostro punto di vista certa ideologia “lavorista” magari tipica dell'ambiente operaio specializzato (e un classico del defunto Pci dei decenni passati) mischiata con la riscoperta “dell'autogestione operaia” che poco o nulla hanno a che fare col comunismo; è scontato per noi che occupazioni ed autogestioni sono potenti mezzi temporanei di lotta tramite i quali i lavoratori possono scoprire la forza dell'azione collettiva di classe. Mezzi e non fini, appunto, e temporanei perché o evolvono alquanto rapidamente verso la distruzione dei rapporti capitalistici di produzione (processo rivoluzionario, presenza di un partito con certe caratteristiche ecc. - situazione non di oggi purtroppo) oppure vengono addomesticati ed inscritti all'interno delle regole del mercato capitalistico come oltretutto l' esperienza argentina ha mostrato anche di recente.
Anche il richiamo formalmente corretto alla costruzione del Partito di Classe, chiamato significativamente Partito Operaio, è figlio della concezione sopra esposta; il Partito genuinamente inteso in senso marxista è un organismo che riunifica la classe, dispersa e frammentata nelle mille etichette che il Capitale per il suo proprio funzionamento cuce addosso agli uomini (operai, impiegati, disoccupati, pensionati, studenti ecc.)
Finché permane il lavoro salariato, il carattere di merce dei beni prodotti e tutte le altre catene del capitalismo è indifferente se in fabbrica c'è un singolo padrone con le mani sporche di grasso, uno assente perché intento a speculare in borsa oppure una cooperativa di soci che si auto-sfruttano più che mai (nel migliore dei casi). In tutti i casi i lavoratori non hanno da difendere un solo bullone ed un solo centimetro della “non loro” fabbrica. Il comunismo è la scomparsa del lavoro salariato e quindi delle figure del padrone e dell'operaio - la fabbrica in particolare ed il lavoro salariato in generale sono la prigione degli esseri umani nell'attuale società. I comunisti rivoluzionari si organizzano in partito per mostrare la necessità della rottura rivoluzionaria dei rapporti sociali, non la loro impossibile modifica graduale dall'interno.
DS(1) Genta è l'industriale torinese sponsorizzato dall'ex ministro leghista R. Castelli che nel 2006 ha rilevato la Innse in crisi a prezzo stracciato - 700 mila euro, contro i 4 milioni chiesti per la sua cessione - grazie ad un decreto del governo Prodi sulle aziende in crisi. Per questo definito giustamente dagli operai “rottamaio” e “speculatore”.
Camozzi è l'industriale bresciano che ha rilevato la Innse; padrone “all'antica” di quelli che arrivano in fabbrica prima degli operai e vanno via dopo, pertanto “buono” nella propaganda riformista. A maggior ragione per il suo passato di operaio che si è fatto da sé e di ex sindacalista Fiom in una provincia ad alto tasso di sindacalizzazione. È fin troppo facile immaginare quali canali, contatti ed accordi si siano concretizzati nelle stanze dei bottoni...
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Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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