Coop sociali. Socio? No, sfruttato!!

Volantino, per una necessaria mobilitazione

Compagni, lavoratori delle cooperative sociali!

Molti di noi, pensando alla crisi che incalza e devasta ogni settore del mondo del lavoro, hanno creduto di essere approdati a un porto sicuro: le cooperative sociali si vantano di riuscire ancora a offrire posti a migliaia di persone, anche a tempo indeterminato. Questo avviene, è bene dirlo, a condizioni di supersfruttamento e di ricattabilità che hanno pochi eguali tra il proletariato, e voi lo provate ogni giorno sulla vostra pelle.

La forza dei nostri padroni – perché non siamo tutti “soci” come ci vogliono far credere, anche se versiamo una cospicua fetta di busta paga alla cosiddetta “quota sociale” – sta nella nostra frammentazione in una miriade di unità piccole e medie disseminate sul territorio; sta nella presenza tra noi di una larga parte di lavoratori immigrati ad alta ricattabilità, che difficilmente sono disposti ad esporsi e a scendere su un terreno di lotta, o di altre tipologie di lavoratori come ad esempio i neolaureati in cerca di occupazione, che vedono il lavoro in cooperativa come un lavoro di passaggio in attesa di qualcosa di meglio, e sono quindi più disposti a tollerare le angherie padronali; sta nell'assenza totale di forme di mobilitazione come lo sciopero, che verrebbero fortemente ostacolati in un settore in cui i servizi vengono rivolti alla persona.

Per tanti di noi, quando poi si è capito che il lavoro non era “di passaggio”, che l'alternativa era la disoccupazione o la precarietà, le cooperative sociali significavano, ingenuamente, certezza del posto, possibilità di mettere in piedi una struttura familiare, di fare scelte per il futuro. Queste speranze sono naufragate, e il lavoro a tempo indeterminato si è trasformato in precariato a tempo indeterminato, dove di “fisso” c'è solo l'incertezza. Negli ultimi mesi non si contano più gli episodi di violazioni contrattuali o retributive, di intimidazioni sul genere “o ti sta bene o quella è la porta”.

La “mensilizzazione”, di cui tanto si parla ci garantirà lo stipendio pieno, anche in caso di deficit di orario come quelli che stiamo subendo di recente? Sulla carta si tratta del salario percepito come da contratto. Ho il full time? Il full time è calcolato sulle 165 ore. Anche se a gennaio ho lavorato di meno e ne ho fatte 140, in busta avrò gli stessi soldi. Così dicono. Sarà vero? Mah! A parte i dubbi (leciti) su questo aspetto, i salari di un “socio” di cooperativa sono così bassi, che i vantaggi della mensilizzazione sarebbero comunque erosi dalle altissime trattenute, e dagli alti costi di trasporto che molti di noi devono sostenere e che non vengono corrisposti, se non in minima parte per i più fortunati, dalla cooperativa. A ciò si aggiunge l'estrema flessibilità a seconda delle esigenze: molti di noi, dall'avere una sede di lavoro fissa e un orario settimanale fisso, si sono ritrovati da un giorno all'altro jolly, il che vuol dire non sapere oggi che turno avrai domani, o essere chiamati il giorno prima di un turno che ormai pensavi fosse di riposo e sentirsi dire “domani lavori”.

La nostra forza è nel numero: siamo migliaia e se anche in una sola cooperativa sociale avvenisse un episodio significativo di lotta autorganizzata dal basso, l’eco arriverebbe anche nelle altre e ci potrebbe essere una estensione a macchia d'olio della lotta stessa. Per di più, se riusciamo ad essere uniti sul territorio, sappiamo che il padrone dovrà necessariamente assumere un atteggiamento diverso, perché il nostro lavoro non si può delocalizzare. La nostra attuale debolezza è data prima di tutto dalla nostra frammentazione e dalla mancanza di un programma di lotta. Il sindacalismo stesso è un’arma spuntata: nei suoi organismi “di punta” come CGIL-CISL-UIL si può parlare di vera e propria connivenza coi padroni, nel caso dei sindacati di base si può parlare di buone intenzioni che però poi si scontrano con una triste realtà. Quale?

  1. Non si possono avanzare proposte radicali se non si mette in discussione il capitalismo nel suo insieme, perché questo sta facendo acqua da tutte le parti.
  2. Se non si lotta duramente (il sindacalismo non è lotta, è trattativa), su quel terreno (la trattativa) i padroni sono disposti a concedere molto poco, anzi niente.

No, questo ci spetta e questo ci dovete dare, punto. Perché chi è disposto a contrattare la sua stessa dignità, in realtà ha già perso in partenza. Certo, sappiamo di partire da condizioni molto sfavorevoli, prima di tutto dal punto di vista organizzativo e di coscienza dei rapporti sociali. Ma a maggior ragione è necessario che cominciamo ad organizzare dal basso le nostre lotte, dalla base. Devono essere le nostre assemblee – le assemblee dei lavoratori – a decidere, in modo democratico, quali forme di lotta adottare, in modo da far sentire il più possibile la nostra forza e far crescere al tempo stesso la nostra unità e organizzazione. Ma questo percorso, è bene essere chiari, si caratterizzerà da subito come esterno e contrario alla logica sindacale – burocratica, negoziale, chiusa nelle cosiddette compatibilità del sistema. Logica che vorrebbe vendere la nostra pelle a un prezzo più vantaggioso, ma per chi? Per noi?

Compagni, lavoratori delle cooperative sociali, i lavoratori delle cooperative sociali di Battaglia Comunista sono al vostro fianco e vi invitano ad unirsi a loro!

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.