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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo - Argentina, Perù, Bangladesh, USA
Argentina. I lavoratori portuali, dopo alcune settimane di assemblee, sono scesi in sciopero e hanno bloccato i terminal di Puerto San Martìn; la protesta si è poi estesa ad altri 8 porti, anche vicino alla città di Rosario, e mira ad un aumento salariale per tutti. Lo sciopero sta bloccando sulle banchine migliaia di camion di soia e frumento, di cui l’Argentina è uno dei maggiori produttori mondiali.
Perù. Il governo ha risposto a un’estesa protesta dei minatori dichiarando lo stato di emergenza per almeno 60 giorni, che significa anche autorizzare l’intervento dell’esercito in qualsiasi manifestazione. Questa decisione è stata presa in seguito alla dichiarazione di sciopero di durata indefinita dichiarato dai minatori del sud del paese contro un recente decreto del governo che provocherebbe numerosi licenziamenti ed un abbassamento dei salari.
Bangladesh. Una serie di scioperi si è succeduta in Bangladesh, e ha visto scendere in piazza lavoratori di diversi settori produttivi uno a fianco dell’altro. La protesta dei lavoratori dell’abbigliamento a Dhaka è sorta dai dipendenti della Tejgaon Industrial, che hanno bloccato le vie cittadine per tutto il 22 marzo e sono stati sorretti da uno sciopero spontaneo degli operai di altre fabbriche tessili. Lo sciopero è nato contro le condizioni salariali da fame ed a sostegno di 200 compagni di lavoro appena licenziati. Lo stesso giorno, anche i lavoratori portuali hanno incrociato le braccia contro gli ennesimi licenziamenti, dal 2007 infatti oltre 4200 di loro sono rimasti senza lavoro; già l’estate scorsa i portuali erano stati protagonisti di una durissima lotta che aveva portato al rientro di alcune centinaia di persone, ma gli accordi presi non sono stati, come spesso accade, rispettati e la lotta è ricominciata, anche se non sostenuta dai sindacati, che chiedono invece di portare pazienza. Sempre a seguito di un accordo per un aumento salariale firmato dai sindacati e poi non rispettato dall’azienda, anche più di 1000 minatori di Barapukuria hanno alzato la testa e ripreso lo sciopero che stavano portando avanti ormai da alcuni mesi.
USA. Una miniera in West Virginia, controllata da Massey Energy, è stata devastata da un’esplosione che ha provocato la morte di almeno 25 lavoratori; si tratta di uno dei più grandi incidenti sul lavoro avvenuti negli Stati Uniti; e le ricerche di altre persone ancora scomparse sotto le macerie continuano, anche se a fatica, poiché i soccorritori sono stati bloccati dagli elevatissimi livelli di gas all’interno della miniera. Finora solo 2 minatori sono sopravvissuti al disastro. La situazione nella zona era già molto tesa, numerose famiglie avevano protestato qualche settimana prima per le condizioni di vita insostenibili all’interno delle miniere e la tensione è esplosa dopo questo enorme incidente; le famiglie delle vittime hanno rifiutato il sostegno della direzione della miniera, costringendo il portavoce che ha dato la notizia della disgrazia ad andarsene dalla città scortato dalla polizia. Sembra chiaro che l’esplosione sia stata causata dalle condizioni di totale insicurezza in cui si trovavano a lavorare i minatori, ad esempio da tempo i livelli di gas infiammabili all’interno della miniera erano ben oltre quelli consentiti. Nei mesi passati i lavoratori si erano più volte lamentati delle condizioni disumane e della mancanza di minime norme di sicurezza (ad es. una mappa delle vie di fuga), nonostante siano molto spaventati dalle intimidazioni che ricevono dalla direzione e acconsentano di parlare della loro situazione solo sotto anonimato per paura di perdere il lavoro. Più volte hanno deciso di evacuare la miniera senza permesso perché in una situazione disumana o perché costretti a lavorare 12 ore al giorno; solo nel 2009 la miniera ha ricevuto 500 citazioni per violazione delle condizioni di sicurezza, mentre la produzione è stata triplicata. Nel 2009 la Massey Energy ha duplicato i suoi profitti rispetto all’anno precedente, grazie soprattutto a una durissima campagna di taglio dei costi, all’eliminazione di 700 posti di lavoro e al taglio del pagamento di tutto il lavoro straordinario, ottenuto grazie anche a contratti di lavoro individuali o diversificati per stabilimento. Certamente l’amministrazione Obama ha sempre sostenuto le grandi aziende di carbone; una delle sue prime azioni è stata infatti la modifica delle regole per la sicurezza all’interno delle miniere, che ha tagliato gli indennizzi per i minatori e ha reso molto più complesso denunciare le miniere che non rispettano le norme.
JuBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
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