L'assalto all'Articolo 18 e la guerra contro la classe lavoratrice

Il governo ha, infine, scoperto le carte, ma non hanno riservato sorprese: tutto come previsto. La cosiddetta riforma del mercato del lavoro, a cominciare dalla “revisione” dell'articolo 18, si rivela per quella che è: l'ultimo - in ordine di tempo - devastante attacco alle condizioni di lavoro, e perciò di esistenza, del proletariato.

Non bastavano i contratti-bidone regolarmente firmati da sindacati complici e concertativi; non bastavano la precarietà senza freni, gli accordi tra “le parti sociali” (come quello del 28 giugno scorso) che permettono di derogare alla contrattazione nazionale (salari, orari, carichi e ritmi); non bastava l'allungamento dell'età lavorativa, né il costante abbassamento del salario rispetto al costo della vita: occorreva rifinire la strategia antiproletaria cancellando l'ultima, debole barriera all'aperta dittatura dei padroni sui luoghi di lavoro. Lasciando mano libera al terrorismo padronale in fabbrica (azienda, ufficio, ecc.) diventa più facile restringere la copertura, in termini di tempo e di soldi, dei cosiddetti ammortizzatori sociali, riducendo o tagliando del tutto cassa integrazione e “mobilità”. Il risultato a cui punta la borghesia è dunque quello di avere una forza lavoro ancor più sottomessa all'intimidazione, al ricatto del licenziamento nei posti di lavoro e, fuori di lì, ai morsi della povertà, non più frenata da uno “stato sociale” ridotto in macerie.

Le più alte figure istituzionali dello stato borghese si sono apertamente schierate per convincere il mondo del lavoro dipendente ad accettare sacrifici devastanti in nome del sedicente interesse nazionale, dimostrando, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che gli “interessi nazionali” si identificano esclusivamente con quelli dei nostri nemici di classe: industriali, banchieri, finanzieri; in breve, la borghesia.

La risposta a un attacco di queste dimensioni non può limitarsi a momenti di lotta certamente generosi, ma, di volta in volta, separati per categorie, limitati nel tempo, rispettosi - nel settore pubblico - delle fascistoidi leggi antisciopero, indetti da quelle organizzazioni sindacali - CGIL - che, dopo aver sottoscritto ogni arretramento delle nostre condizioni di lavoro, rischiano adesso di venire pesantemente ridimensionate, nel loro ruolo di mediatori nella vendita della forza lavoro, da una “riforma” che riduce ancor più i già molto ristretti spazi di contrattazione sindacale.

La nostra legittima difesa dall'aggressione padronale deve essere condotta con altri mezzi, che, per forza di cose, vadano oltre quella pratica sindacale che, con la sua accondiscendenza all'«interesse nazionale», ci ha portati al punto in cui siamo. Occorre dunque mettere in campo lotte che superino le perdenti divisioni di categoria, che non si diano limiti di tempo, che siano organizzate dalle assemblee dei lavoratori - le uniche abilitate a decidere le modalità di lotta - dirette da comitati eletti dalle assemblee stesse e revocabili in qualsiasi momento.

Non è un percorso facile, certamente, ma è l'unico che può contrastare concretamente la strategia antiproletaria della borghesia: è la crisi capitalistica che impone di rivoltare come un guanto il mercato del lavoro, qui, come in Spagna, in Grecia o negli Stati Uniti d'America. Mai come nelle epoche di crisi appare evidente l'incompatibilità tra i nostri interessi e quelli della classe borghese, che il “bene del Paese” è solo quello dei padroni, dei politicanti al loro servizio e dei parassiti che li accompagnano, per ingrassarsi sulle nostre spalle.

Bisogna partire da questi elementi minimi, se vogliamo cominciare a difenderci efficacemente, senza disperdere energie, determinazione, coraggio e generosità in brevi fiammate di lotta, per di più sostenute dalla falsa convinzione che sia possibile convivere con un capitalismo più buono, più ecologico, senza crisi, senza sfruttamento e senza oppressione.

CB
Mercoledì, March 21, 2012

Comments

ma perché ce l'avete tanto con chi nella vita è riuscito a creare qualcosa, pensate che il mondo lo mandino avanti quelli come voi, con lo sciopero facile e le bandiere rosse? Che si fanno ore di fabbrica e 8 orea al bar con la cicca in mano? Il mondo sta cambiando, mettiamo in soffita la Camusso e le sue idee staliniane e diamoci da fare, basta parole.

E' vero, basta parole. Scioperi a oltranza, picchetti ai cancelli, blocchi stradali, occupazione delle fabbriche e degli uffici... fino alla rivoluzione.