Poligoni militari in Sardegna - Prove di guerra per un futuro di pace (?)

Riportiamo le considerazioni di un compagno sulle aree militari presenti in Sardegna.

La Sardegna è sede di aree militari che occupano ben 30.000 ettari rispetto ai 16.000 del restante territorio militare italiano. Sull'isola ha dunque sede il 61% delle zone a servitù militare italiane e si trovano i tre più grandi poligoni d'Europa. A questi si devono aggiungere le zone a servitù provvisorie, definite “zona di sgombero a mare”, concesse alle periodiche esercitazioni vietando la navigazione di ben 2.800.000 ettari, formando complessivamente un’estensione più grande della intera Sardegna.

La sperimentazioni di nuove armi ha causato un numero record di leucemie, linfoma di Hodgking e non Hodgkin, tumori e sindromi da affaticamento cronico. Inoltre, il 40% dell’attività che vi si svolge è privata, non pubblica. Il poligono (Salto di Quirra nb) viene affittato a chi ne fa richiesta per 50.000 euro l’ora.

Nel corso delle prove di fuoco l'uranio, presente sul terreno e negli ordigni, si sbriciola e rilascia sul terreno e nell’aria una polvere metallica pericolosa. Nanoparticelle che, una volta respirate, impiegano 60 secondi per raggiungere il sangue, pochi minuti per superare la barriera dei polmoni e dopo 60 minuti hanno già invaso il fegato. Non vi è naturalmente solo uranio tra i fattori inquinanti, anche delle falde acquifere.

Asl: «Dieci persone su 18 colpite da neoplasie tumorali in 10 anni».

Ad osservare questa connessione anche la Asl di Cagliari: «Il 65% del personale, impegnato con la conduzione degli animali negli allevamenti ubicati entro il raggio di 2,7 km dalla base militare di Capo San Lorenzo a Quirra, risulta colpito da gravi malattie tumorali».

L’ aumento di tumori e linfomi (+ 28% fra gli uomini e + 12% fra le donne) secondo l’oncologo Antonio Pili è dovuta, “molto probabilmente”, “ai materiali utilizzati nel poligono militare.”. Lo scienziato è stato condannato ad 8 mesi di reclusione per quel “molto probabilmente”.

Colpiti naturalmente anche gli stessi militari, in misura certamente più rilevante e grave di quanto le strette maglie dell’informazione in divisa lascino trapelare. La Difesa negli ultimi 10 anni ha costellato la vicenda di omissioni e reticenze tanto che non è mai stato indicato chiaramente il numero dei militari deceduti per patologie connesse all'impiego e al servizio prestato, né tantomeno è chiaro il numero dei militari e civili ammalati.

Un vero e proprio bollettino di guerra che le autorità hanno provveduto a mascherare. Il decreto 91/2014 paradossalmente chiamato “Ambienteprotetto”, poi trasformato in “Crescita”, equiparando le zone militari a quelle industriali, ha innalzato i limiti per l’inquinamento militare dei suoli anche 100 volte. Una autoassoluzione di fatto. Per gli avvocati infatti - pagati anche dai “contribuenti sardi” che continuano a morire per la presenza di queste zone a servitù militare – grazie a questo escamotage sarà più facile dimostrare che il torio, l’uranio impoverito e le nanoparticelle rispettano le soglie e per legge quindi… non fanno male a nessuno…

I motivi ufficiali, pura ideologia borghese, secondo cui viene riconosciuta quale indispensabile la presenza di un organismo repressivo istituzionalizzato, prevedono la formazione di élite garanti della presunta “sicurezza di tutti”. Dunque la presupposta insicurezza rispecchierebbe, secondo l’ideologia dominante, la natura contraddittoria della condizione umana. Senza svelarne i meccanismi economici e sociali tale “natura” viene arbitrariamente considerata intrinseca alla specie. Si afferma cosi l’idea dominante borghese della divisione in classi basata su criteri morali ed etici, “perche si affermino i nobili ideali di pace” (religione, razza, nazionalità, ecc.), appropriata retorica a sostegno della stirpe in divisa.

Le istituzioni e i rapporti di forza, che permettono il mantenimento delle abissali diseguaglianze tra le classi sociali formate dal capitale, sono indispensabili esclusivamente ai fini borghesi di conservazione degli attuali rapporti di produzione e dello sfruttamento dell'unica classe che produce ricchezza, quella operaia.

Non si tratta quindi semplicemente di un “segno distintivo” legato ad una divisa_…_ ma la divisa costituisce un simbolo generale della disparità sociale, sotto qualunque bandiera venga indossata.

Di sicuro la produzione di armi non soddisfa alcuna esigenza del proletariato, che deve porsi invece il problema della definitiva messa al bando della guerra capitalista e degli armamenti. I "teatri di guerra simulata" della Sardegna, o in un qualsivoglia altro poligono, in tempo di “pace” rovinano la vita delle persone che abitano in quei territori, minacciano l'esistenza di fauna e flora, e rappresentano il preludio all'opera di distruzione su larga scala e di repressione della classe operaia in possibili tempi di guerra e possibili rivolte. In nessun modo quindi queste armi e territori militarizzati rappresentano – come vogliono farci credere – i “garanti della pace”: la pace reale e duratura è impossibile in regime sociale borghese!

Va da se quale possa essere la valenza di una causa legale condotta dalle associazioni cittadine residenti nei luoghi di maggior impatto. Illusione riformista cavalcata dai vari attori politici, di destra o sinistra, il cui compito è regolare la protesta conducendola sui binari della sterile compatibilità, con minime concessioni (si parla di liberare 7.000 ettari ) delle organizzazioni militari e statali, che questi disastri li hanno invece programmato, per conto di un capitale al termine del proprio terzo ciclo di accumulazione, perpetuando la distruzione fin qui storicamente espressa attraverso due guerre mondiali ed una infinità di sanguinosi conflitti “parziali”.

La sola opposizione possibile, rivoluzionaria, a questa prospettiva barbara deve possedere solide radici di classe e quindi inquadrare la formazione di strutture militari in un solo modo: nemiche di classe controrivoluzionarie, in opposizione al proletariato, cioè contro il 99% dell’umanità, strumento di difesa dei privilegi borghesi sui proletari.

Rivoluzione contro il capitale! Per una società di liberi produttori! L’alternativa resta Socialismo o barbarie!

GK
Mercoledì, October 1, 2014