Contro l'ISIS, contro i governi

L'ISIS continua a colpire l'Europa occidentale per mano di suoi sodali residenti in questi stati: ecco allora che gli omicidi di Barcellona e Turku si aggiungono a quelli di Manchester, Stoccolma, Londra, Berlino, Nizza, Bruxelles, Parigi... Ovviamente gli attentati fuori dall'Europa non si contano (Egitto, Filippine, Turchia, Iraq stesso, solo per citare quelli avvenuti nell'anno corrente): evidentemente l'Occidente democratico considera ancora questi paesi un Altrove dove i suoi valori universali valgono un po' meno.

Le caratteristiche degli ultimi attentati sembrano però essere sintomo della debolezza crescente dello Stato Islamico, non più in grado di difendersi sul suo terreno e quindi costretto a rendere i suoi “atti di resistenza” del tutto dimostrativi, esportandoli all'estero, dove si colpisce indiscriminatamente la popolazione civile. Perché l'ISIS, quanto al territorio tra Iraq e Siria che è riuscito a controllare per qualche anno, è circondato e ridotto al lumicino: Mosul è caduta e Raqqa è sotto assedio.

Il califfo Al-Baghdadi – che il governo russo dichiara aver ucciso a fine maggio ma che i servizi segreti iracheni ritengono ancora vivo e nascosto nei dintorni di Raqqa – o chi per lui, avrebbe esortato i simpatizzanti dell'organizzazione all'estero a smettere di accorrere in difesa dello Stato Islamico in Iraq e in Siria – quasi che questa venga ormai considerata impossibile – e colpire piuttosto “il nemico” fuori dal teatro di guerra vero e proprio, cioè “in casa sua” (magari proprio nel cuore della metropoli occidentale), lasciando mano libera anche a iniziative individuali poco o per nulla coordinate dall'organizzazione centrale, perpetrate spesso da “affiliati” dell'ultim'ora.

Gli attentati rivendicati dal Califfato al di fuori dei suoi confini, allora, magari sono aumentati (e aumenteranno) di numero ma, data la sempre maggiore debolezza dell'ISIS e la sempre più efficace azione di controllo e repressione da parte degli stati occidentali sul proprio territorio, sembrano essere sempre più improvvisati e di minor portata, andando a segnare una fase che possiamo definire di “polverizzazione” dell'azione terroristica.

Abbiamo già parlato (1) diffusamente delle origini dell'ISIS e abbiamo spiegato quale tipo di consenso sia riuscito ad avere, e per quali motivi, così come abbiamo parlato dei finanziamenti ricevuti (come è successo ad altri gruppi islamisti) dai governi dei paesi del Golfo e da quello degli Stati Uniti per perseguire loro obiettivi tattici nell'area, andando così a creare un pericoloso “giocattolo” che poi è impazzito, perseguendo scopi sempre più autonomi e ambiziosi e iniziando a far danni maggiori, mettendosi in questo modo anche contro gli interessi dei suoi stessi sponsor. I quali si sono ritrovati, ad un certo momento, costretti a combatterlo.

È da tempo evidente come nella metropoli imperialista i governi abbiano gioco facile a far leva sugli shock emotivi causati da queste uccisioni criminali per attivare una narrazione di scontro di civiltà tra “noi”, i popoli liberi e democratici, e “loro”, i barbari omicidi: lo scopo ultimo è evidentemente quello politico di cementare attorno al “noi” tutti i segmenti della società, comprese le classi sfruttate e subalterne, in un ennesimo revival dell'unità (trans)nazionale, concetto-stumento che sembra non passare mai di moda e assolvere sempre egregiamente la sua funzione di oppio degli sfruttati, come una vera religione moderna.

Ovviamente i partiti della sinistra riformista si accodano entusiasti all'operazione, particolarmente sensibili come sempre sono stati a valori universali di stampo illuminista come la civiltà, il progresso, il laicismo – non importa a qual fine siano adoperati dal potere. (2)

Tutto già visto ai tempi di “Je suis Charlie”, cui noi – non arretrando di un centimetro di fronte al ricatto morale – opponemmo il nostro “Je suis proletariat international”, convinti che l'internazionalismo proletario sia l'unico universale da essere abbracciato dagli sfruttati globali.

Né con l'ISIS, né con i governi che dichiarano di combatterlo (3), dunque, se si vuole davvero opporsi alla barbarie: perché quella degli attentati indiscriminati sui civili è solo l'altra faccia della medaglia delle altrettanto indiscriminate bombe imperialiste (americane, europee, russe o arabe che siano) su altri civili, le cui morti magari non sollevano allo stesso modo l'indignazione di tanti fieri occidentali: perché – come detto in apertura – quando è l'Altro a esserne portatore, anche un valore che l'Occidente democratico pretende di considerare assoluto, come la vita umana, diventa un po' meno assoluto.

Contro la barbarie imperialista in tutte le sue forme. Per il socialismo.

EN, 20 agosto 2017

(1) I nostri articoli e commenti sull'ISIS e le sue guerre, nonché sul fenomeno islamista in generale, si trovano qui: leftcom.org.

(2) Per contro, càpita invece di imbattersi in schegge della galassia (per così dire) sedicente marxista-leninista (leggi: stalinista) che dichiara di appoggiare l'ISIS. Ogni commento è superfluo.

pmli.it.

(3) Spesso la lotta all'ISIS diventa un pretesto per intervenire nell'area a difesa dei propri interessi particolari e danneggiare anche (se non soprattutto) l'imperialismo avversario e i suoi alleati. Gli esempi di un simile agire sono molteplici, tanto da far dubitare che esista una forza impegnata militarmente nella zona che ne possa essere esclusa.

Lunedì, August 21, 2017