La strada maestra, a cinquant'anni da Livorno

Introduzione all'opuscolo: "Dal convegno d'Imola al congresso di Livorno, nel solco della sinistra italiana"

Il 21 gennaio 1921 a Livorno nel teatro San Marco i delegati della frazione comunista del Partito Socialista Italiano, convocato al suo XVII Congresso, dopo il voto con cui la maggioranza respingeva le condizioni stabilite al II congresso di Mosca della Internazionale Comunista, abbandonata la sala del congresso socialista dichiaravano costituito il Partito Comunista d'Italia, sezione della Internazionale Comunista.

A cinquant'anni di distanza, dopo che la Internazionale Comunista di Mosca, ormai rinnegati i suoi princìpi costitutivi, è stata dichiarata sciolta nel corso dell'ultima guerra mondiale, il partito che pretende continuare Livorno si chiama ufficialmente Partito Comunista Italiano. Il nome è anche cambiato: la formula: "d'Italia", oltre a sottolineare l'importante principio di non nazionalità che inspira il movimento comunista, rispose espressamente alla 17a delle 21 condizioni in seguito riportate.

Tale partito ha completamente capovolto princìpi, politica ed azione, ma, per poter sostenere l'opposto e rivendicare il diritto di richiamarsi a Livorno, è costretto ad una totale falsificazione di quello che Livorno disse e significò.

Con la presente pubblicazione non intendiamo fare polemica, ma solo esporre fatti, documenti e testi che oramai appartengono alla storia e che nessuno ha la possibilità di invalidare e travisare, tanto meno quelli stessi che molti ne compilarono e firmarono.

Rispondiamo così alla esigenza di orientamento, vivissima nelle file del movimento comunista e proletario; in quanto, prima delle gravi questioni di dottrina, di indirizzo e di metodo, si ravvisa la grave deficienza di esatta informazione anche nei più volonterosi e indipendenti dei militanti e dei compagni.

Il cinquantenario del Congresso di Livorno, da cui è nato il Partito Comunista d'Italia, per noi non è semplice data commemorativa ma occasione per un severo e pensoso riesame critico di quel lontano avvenimento, passato, per ragioni di evidente tornaconto politico, al centro dell'attenzione non solo di certa storiografia e di certa pubblicistica ufficiale che attinge a piene mani e ad occhi chiusi nel magma di una agiografia di partito i motivi, le impostazioni e il ruolo di certi uomini al posto di certi altri secondo una precettistica propria della cultura borghese solita a portare acqua al mulino del più forte e in genere di chi ha saputo fare.

Per facilitare quest'opera di aggiornamento storico-politico e nel contempo critico dell'avvenimento, pubblichiamo in opuscolo Un inserto che togliamo da "Prometeo" n. 2 - febbraio 1951 - Serie II, che raccoglie i documenti più significativi del Congresso di Livorno e del Convegno di Imola con il dovuto riferimento al Congresso di Bologna e alle tesi del II Congresso della III Internazionale. Rileggendo oggi questi documenti è possibile mettere in evidenza e senza possibilità di equivoco, alcuni dati che illuminano il corso seguito dalle vicende posteriori del Part. Com. d'Italia che diventerà, ad un certo momento, il Partito Comunista Italiano e delle altre correnti dello stesso partito che continueranno la loro strada e che alla tappa storica di Livorno ritornano come alla loro fonte di origine. E crediamo che sia questo il modo migliore di ricordare il cinquantenario.

  1. Soltanto Bordiga ha, per primo e meglio d'ogni altro, intuito tempestivamente la necessità storica indilazionabile del partito rivoluzionario che sarebbe sorto spezzando ogni legame col Partito Socialista destinato a rimanere un partito parlamentare con coloritura di sinistra per il verbalismo rivoluzionario adoperato per la platea elettorale.
  2. Quando Bordiga puntava tutti gli sforzi alla costruzione del Partito Comunista, come futura sezione della III Internazionale e rimaneva isolato in questa battaglia, condotta in un partito socialista tutto preso dalla frenesia elettoralistica, Gramsci sosteneva l'unità delle forze in questo partito impantanato nel mare magno del massimalismo più infecondo, dopo aver ipotizzato per i "Consigli" quella funzione di forza di punta rivoluzionaria che di fatto mancava al Partito Socialista.

Bordiga può aver commesso l'errore di credere di poter forgiare il partito sul presupposto teorico-politico e organizzativo della frazione astensionista, ma al congresso di Bologna e dopo, era in lui vivo il senso drammaticamente positivo della scissione da operare nel grande partito per liberare dal suo seno le forze nuove e sane della rivoluzione socialista, esigenza, questa, che non turbava, neppure in prospettiva, la visione politica di Gramsci.

Convegno di Imola (nov. 1920)

Perché Imola e non, ad esempio, Bologna, la grande Bologna proletaria, come sede del I Convegno che doveva assumere tanta importanza nella costruzione del Partito Comunista? Ragione di maggior sicurezza oppure di maggior disponibilità, data la presenza del buon amministratore Marabini, il compagno di Graziadei, anch'egli di Imola, nella iniziativa della "mozione passerella", uno dei tanti tentativi del pre-Livorno per lo sbloccamento del massiccio centrale del partito, rappresentato dai massimalisti unitari di Serrati? Forse l'una e l'altra insieme e basterebbe un breve cenno alla situazione determinatasi allora in Bologna per rendere giustificata una tale ipotesi.

Dopo i fatti di palazzo D'Accursio, la numerosissima e potentissima federazione bolognese era praticamente in disarmo; lo scrivente, che aveva avuto da Gennari, come segretario del Partito, durante i lavori del Convegno di Imola, l'incarico di riunire almeno gli elementi più responsabili della federazione bolognese, si era trovato nella impossibilità di eseguire, anche in minima parte, il compito assegnatogli.

Del resto, anche nei mesi precedenti il fattaccio, l'organizzazione cittadina del partito aveva dimostrato di non essere in grado di assicurare da sola la difesa armata della locale Camera del Lavoro dai reiterati assalti delle squadre fasciste; fu necessario attingere ogni volta alla organizzazione d'Imola sorretta da gruppi di validissimi combattenti che dimostrarono in quella fase, pur calante, del movimento operaio capacità, abnegazione e sacrifici degni di essere ricordati.

Su questo Convegno per la prima volta è apparso il sinistro uccellaccio del "compromesso". Abbiamo affermato in altri scritti che sotto molti rapporti il Convegno di Imola ha svolto un ruolo non solo di preparazione del Congresso di Livorno, ma ha sciolto i nodi di contraddizioni e d'immaturità che irretivano da troppo tempo le maggiori correnti della sinistra rivoluzionaria ancora incapsulate nei ranghi del Partito Socialista. Il problema centrale incombente sul Convegno risiedeva nel fatto che la creazione del partito presupponeva lo scioglimento sia della frazione astensionista (Il Soviet), come del gruppo torinese dell'"Ordine Nuovo" con la sua organizzazione dei "Consigli". Chi scrive ricorda la veemente e perentoria richiesta formulata in questo senso dal viareggino Luigi Salvatori, una delle voci più toscanamente vive e appassionate del massimalismo parlamentare di quel tempo.

A proposito, è successo al Convegno di Imola pressapoco quello che è capitato alla spedizione dei Mille di Garibaldi e sarebbe onesto che Spriano, lo storico del P.C.I., ridimensionasse il numero di coloro che erano presenti, delegati o no, ma c'erano, dopo quel po' po' di sfilza di giovincelli che egli ha menzionato dall'Unità, che all'epoca del "Convegno" forse erano tra i figli della Lupa o poco più innanzi.

Per concludere sull'importanza storica del Convegno di Imola, va detto che l'accettazione del compromesso da parte degli astensionisti e degli ordinovisti, poneva sul primo piano la necessità di amalgama di forze che trovava la sua espressione e, diciamo forse, il suo imperio sulla influenza esercitata su tutti dalla rivoluzione d'Ottobre e dal pensiero di Lenin. Questo nodo dell'amalgama delle forze non si poteva dire che fosse del tutto sciolto ciò che graverà negativamente sulle idee e sulla condotta del futuro partito.

Sotto il profilo organizzativo dei primi quadri e dei primi centri d'irradiazione, si può affermare che il Convegno di Imola aveva messo in moto, cori efficienza, un partito in miniatura nello spazio più vasto del Partito Socialista, ma già partito nel partito ed anche e soprattutto contro questo partito.

La spaccatura tra rivoluzionari e riformisti era generalizzata come stato d'animo tra i presenti al Convegno; la misura e l'ampiezza di tale spaccatura, che la sinistra aveva posto nella sua totalità come problema fondamentale, subirà i limiti e i temperamenti delle forze politiche mediate nel Convegno che opereranno nel prossimo Congresso di Livorno.

Congresso di Livorno

Il Congresso di Livorno (21 gennaio 1921) ha avuto un proscenio, un lancio pubblicitario e una coreografia quali il modesto teatrino di Imola non aveva potuto offrire al Convegno; ma, sotto il profilo della consistenza e della validità ideologica e politica, il rapporto è stato inversamente proporzionale.

Una nota di colore, che diverrà tra poco il colore più acceso del nuovo corso della politica italiana, era data dal fatto che i congressisti lungo il tragitto, dagli alberghi al teatro Goldoni, erano fiancheggiati da numerosi gruppi di fascisti pronti ad aggredire quei delegati, più o meno noti, che avevano avuto a che fare con le squadracce in agguato.

Era il segno della marea montante della reazione padronale dopo la grande paura della occupazione delle fabbriche che tuttavia si era chiusa con un compromesso a tutto vantaggio del fronte capitalista. E ciò significava soprattutto che il Partito Comunista nasceva, come era logico e naturale che nascesse, non in una fase di ascesa del movimento operaio, ma in quello della sua tragica ritirata; nasceva, cioè, come l'amministratore d'una situazione fallimentare e di sconfitta del proletariato nella quale si sarebbero bruciati non pochi quadri, per quanto limitati, ma validi fino all'eroismo e al sacrificio, del giovane movimento rivoluzionario.

L'antifascismo militante ed eroico di questo periodo non si limitava certo ad affrontare le squadracce prezzolate, ma mirava a colpire con le armi del conflitto di classe il capitalismo nel suo complesso; l'antifascismo posteriore, quello del '45 che vedrà il P.C.I. inserito trionfalmente sul fronte della guerra democratica di liberazione e nel moto partigiano della resistenza, e quello attuale, che vede sempre il P.C.I. sul fronte dell'antifascismo dopo le bombe di Milano e quelle più recenti di Catanzaro, è l'antifascismo di comodo, velleitario e svirilizzato, fatto di polemica chiacchierona che si avvale ancora una volta della ingenuità e della inesauribile capacità di sacrificio delle masse operaie per salvare la democrazia dei padroni e le istituzioni parlamentari che sono le vere cause portatrici naturali del fascismo.

La storia, nel suo sviluppo ulteriore, ha offerto questa inoppugnabile dimostrazione: ogni qualvolta il movimento rivoluzionario si distacca dalle fonti, dai modelli ideali e dal metodo che sono stati alla base della elaborazione teorico-politica che concludeva col Congresso di Livorno in una paurosa sintesi le esperienze della prima guerra mondiale, dell'imperialismo e della rivoluzione d'Ottobre, imbocca inevitabilmente la strada del tatticismo deteriore che conduce, presto o tardi, al compromesso e alla capitolazione di fronte all'avversario di classe. Come infatti è avvenuto. Tuttavia non debbono essere ignorati o sottovalutati certi errori di fondo commessi nell'analisi del fenomeno fascista se si vuole che l'esperienza insegni a non ripeterli e riguardano chi aveva teorizzato il fascismo come una esperienza di folclore paesano (Gramsci) e chi, come Bordiga, aveva sottovalutato, in sede tattica, la sua consistenza negando al fascismo, come prospettiva immediata, la sua ascesa al potere e proprio nel momento in cui si svolgeva, quasi del tutto pacificamente, la marcia su Roma voluta e realizzata con il beneplacito della monarchia e del clero, i due pilastri tradizionalmente più validi della conservazione poggianti sul capitalismo monopolistico sulla grande proprietà fondiaria; industriali e agrari in felice connubio per partorire quel mostriciattolo aberrante passato alla storia col nome di fascismo.

Sempre sotto il profilo della più rigida distinzione di classe, è merito del Congresso di Livorno aver posto e risolto, anche se non completamente, il problema della divisione tra le forze politiche socialiste che già convivevano nello stesso organismo della III Internazionale: la socialdemocrazia, da una parte, proiettata verso gli obiettivi delle trasformazioni graduali che trovava nei paesi più evoluti e ad economia più avanzata, Stati Uniti d'America e paesi dell'occidente europeo, un esempio vivente di avviamento al socialismo parlamentare; dall'altra il movimento comunista liberato da ogni sudditanza socialdemocratica parlamentare che si avviava sulla strada della costruzione del partito secondo gli insegnamenti di Lenin e dell'Ottobre bolscevico.

Basterebbe soltanto questo per considerare il Congresso di Livorno come una pietra miliare lungo il tormentato cammino del socialismo per la formazione del partito della rivoluzione.

Se al Congresso di Livorno la mozione per la scissione e per la nascita del nuovo partito, è stata chiamata la mozione di Imola è perché ad Imola era stata elaborata come punto d'incontro delle varie correnti, che in essa avevano espresso quanto tra di esse era in comune e avevano sottaciuto quanto tra di esse non lo poteva essere. Ecco la ragione di una esigenza di compromesso che poteva accontentare il centro della Internazionale e quindi lo Stato russo, ma in nessun modo poteva sanare il dissidio di fondo ancora latente e che sarebbe riaffiorato pochi mesi dopo ed in modo assai più drammatico, specie nella esperienza della sezione italiana:

  1. La frazione terzinternazionalista (i cosiddetti terzini) sarebbe entrata nel partito di Livorno con armi e bagagli, cioè con tutte le pretese proprie dei neofiti che si ritengono indispensabili come portatori di una nuova politica e accampano il diritto ad una loro presenza negli organi dirigenti, non esclusa la direzione del quotidiano del partito avvalendosi di ogni forma d'influenza, diretta o indiretta che sia, dando l'impressione. e non solo in apparenza, di essere un partito in potenza nell'ambito del P.C. d'Italia, in virtù e gloria della globalità e monoliticità del partito rivoluzionario.
  2. La frazione astensionista conclude a Livorno la sua vicenda politica in quanto frazione, sciogliendo ufficialmente la propria organizzazione, relegando in soffitta la teoria dell'astensionismo, tanto teorico e di principio che tattico, in nome di una disciplina formale accettata con serietà e consequenzialità politica, ma senza convinzione.
  3. Il gruppo dell'"Ordine Nuovo", praticamente assente dai lavori del Congresso di Livorno perché Gramsci, mentre giocava a nascondiglio dietro le spalle di Bordiga, ben calcolava il ruolo di dirigenza che sarebbe stato assegnato al suo gruppo le cui formulazioni teoriche e la cui assoluta disponibilità costituivano una base valida quale il nuovo corso dello Stato russo e del centro della. Internazionale si attendevano per allontanare Bordiga e la "sinistra italiana" da ogni responsabilità direttiva.

Lo smantellamento della rete organizzativa della sinistra da parte del trinomio Gramsci, Togliatti, Scoccimarro avverrà con metodo, gradualità e senza esclusione di colpi; il peso determinante della solidarietà assicurata alle spalle, dal gruppo dirigente della Internazionale, garantiva, in prospettiva, la riuscita dell'operazione contro la sinistra.

Con la critica "a posteriori" alla scissione di Livorno perché il taglio era stato fatto troppo a sinistra; con l'accettazione acritica della bolscevizzazione imposta a tutte le sezioni della Internazionale che mirava a spiantare l'organizzazione territoriale e sostituirla con quella cellulare, di fabbrica e di quartiere; con la politica del fronte unico si chiudeva, di fatto, l'epoca del partito di Livorno che porta l'impronta di Bordiga e della sinistra italiana e se ne apriva un'altra, quella del Congresso di Lione da cui avrà inizio l'era di Gramsci e di Togliatti e della capitolazione totale di fronte al Cremlino; la parola d'ordine stalinista: "il socialismo in un solo paese" si tradurrà, nella versione del P.C.I., in "via Italiana democratica e parlamentare al socialismo".

L'affossamento degli ideali del marxismo rivoluzionario di Imola e di Livorno era così un fatto compiuto.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.